La famiglia è il luogo dove il soggetto si attua come persona: è qui che si realizza l’esperienza fondamentale dell’uomo della relazione profonda con l’altro dove si percepiscono e si sperimentano i valori, dove si prende consapevolezza del significato della vita e della fiducia nel futuro. A. Rosmini parla dell’uomo come un essere spirituale[1]: non è infatti possibile ridurre l’uomo alla sua componente biologica. La spiritualità diventa quindi un postulato, ovvero non è possibile per l’uomo non confrontarsi con i fenomeni che interessano l’umano: la libertà, la morale, la conoscenza, l’amore. L’educazione si configura quindi come un processo di personalizzazione che riguarda la spiritualità dell’uomo, che ha un corpo, ma non è soltanto corpo.[2]
Educare ed essere educati è un bisogno insopprimibile dell’essere umano.[3] In questo senso la famiglia è il luogo originario dell’educazione da cui non è possibile sfuggire. La famiglia educa perché non può farne a meno, perché vive di relazioni, di reciprocità e di corresponsabilità.
La relazione è il presupposto per educare, giacché si può produrre educazione solo se entrambi gli attori, educatore ed educando, si lasciano contaminare dalla relazione. Spetta ai genitori essere i primi testimoni e i primi educatori perché immersi nella relazione, diversamente si avrebbe istruzione o formazione, la quale non può rispondere alle domande significative dell’uomo. L’educazione è quindi prima di tutto un’esperienza di relazione [4] che nella vita si attua in primo luogo in famiglia e successivamente a scuola e sulla strada.
In particolare la pedagogia rileva come l’educazione sia oggi il valore fondamentale poiché risponde al diritto ad essere, ovvero il diritto che l’uomo ha di vivere con pienezza la sua esistenza. L’educazione implica l’acquisizione di capacità critiche per poter fare le proprie scelte di vita con responsabilità, intenzionalità e libertà.
L’educazione familiare è fondamentale ed è la prima non soltanto in ordine di tempo ma anche per rilevanza. Si caratterizza, infatti, per essere inevitabile, sovrana, informale, permanente e sociologicamente condizionata.
Scrive Cabanas: “L’educazione familiare segna l’individuo per tutto il resto della sua vita, conferendogli un’impronta che ne condizionerà l’intero sviluppo umano e culturale. Quanto verrà poi aggiunto dall’educazione è un semplice complemento, il cui successo dipenderà dalla validità della disposizione della prima base[5]”.
La parentalità include infatti al suo interno la procreazione responsabile e la cura dei figli. Ai genitori spetta l’educazione della prole: si tratta di un diritto, ma soprattutto di un dovere. E’ quindi fondamentale che i coniugi imparino a considerare l’educazione il compito primario della parentalità. La generatività implica la parentalità e quindi l’educazione diviene il primo dovere dei genitori nei confronti dei figli. Il compito educativo non può essere delegato ad altri e i coniugi possono avvalersi delle altre agenzie educative per meglio adempiere al loro impegno.
La generatività trasforma i coniugi in genitori, ponendoli in una nuova condizione per sé e all’interno della società. Tutto ciò porta quindi a cambiamenti personali, psicologici, emotivi e giuridici. Quindi diventare genitori non è un processo spontaneo che avviene alla nascita del figlio, ma si compone di tappe in cui si assume gradualmente la funzione genitoriale. Per prendersi cura dell’altro occorre, innanzitutto, l’elaborazione della condizione narcisistica di “figlio”.[6] Solo successivamente sarà possibile dedicarsi in modo completo e gratuito alla cura del figlio. L’accudimento di cui il bambino ha bisogno è pieno di significati affettivi e relazionali che sono destinati, nel bene e nel male, a entrare nel patrimonio di esperienza relazionale e a fondare le competenze sociali di quel bambino che deve diventare uomo.
Il bambino assimila infiniti stimoli, non solo quelli intenzionali. Se la sua esperienza relazionale è positiva, egli si vede cioè trattato con rispetto e sollecitudine e vede attorno a sé gli adulti (non solo i genitori) trattarsi in modo rispettoso e collaborante, interiorizza sicurezza, fiducia in sé e nell’altro, competenza relazionale.[7] Al contrario se vi è una relazione inadeguata il bambino mostrerà agitazione, ipervigilanza o distacco verso l’ambiente che lo circonda, aggressività, confusione relazionale, diffidenza e ostilità verso gli altri. Tutto ciò è noto grazie alla teoria dell’attaccamento[8], la quale mostra la relazione tra qualità dell’atteggiamento del caregiver verso il piccolo e le risposte del bambino fino a permettere di classificare precise categorie di comportamenti e caratteristiche del carattere delle persone. E’ necessario tener presente che entrambi agiscono sul comportamento dell’altro, generando un effetto circolare di straordinaria portata. Il bambino ha bisogno di interagire con adulti equilibrati e competenti, capaci di conciliare la funzione protettiva con quella della promozione dell’autonomia; a sua volta l’adulto ricava dalla relazione importanti conferme della percezione di sé e con la possibilità di trarne uno stimolo a diventare sempre più competente e consapevole delle proprie fragilità.
La famiglia è perciò il luogo privilegiato per l’educazione del cucciolo d’uomo. La persona “educata” è colei che ha scelto il senso della propria vita e s’impegna a vivere secondo questa scelta. E’ la persona che, scelti quali valori e significati vuole esprimere nella propria esistenza, si impegna a vivere in coerenza con questi principi.
[1] A. ROSMINI-SERBATI, Logica, Torino, Cugini Pomba e comp., 1853, p.60
[2] J M. QUINTANA CABANAS, Basi filosofiche della pedagogia familiare, in L. PATI (a cura di), Ricerca pedagogica ed educazione familiare, studi in onore di Norberto Galli. Milano, Vita e Pensiero, 2003, p.205
[3] F. BELLETTI, Responsabilità educative della famiglia e contesto sociale, in F. MAZZUCCHELLI (a cura di), Il diritto di essere bambino. Famiglia, società e responsabilità educativa, Milano, Franco Angeli, 2008, p.79
[4] Ivi, p.82
[5] J. M. QUINTANA CABANAS, Basi filosofiche della pedagogia familiare, in L. PATI (a cura di), Ricerca pedagogica ed educazione familiare, studi in onore di Norberto Galli. Milano, Vita e Pensiero, 2003, p.195-6
[6] E. M. DUVALL , B.C. LER, Marriage and family development, New York, Harper and Row, 1985, p. 278-281
[7] F. MAZZUCCHELLI, Il diritto all’educazione, in F. MAZZUCCHELI (a cura di), Il diritto di essere bambino. Famiglia, società e responsabilità educativa, Milano, Franco Angeli, 2008, p.113
[8] J. BOWLBY, Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Milano, Cortina Raffaello, 1989.