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L’egitto e i fondi del qatar

Creato il 09 febbraio 2013 da Soniaserravalli

In gennaio il Ministro delle Finanze del Qatar ha incontrato il Presidente egiziano Morsi e ha annunciato l’intenzione del suo Paese di investire nella regione a est di Port Said che è adiacente al Canale di Suez, un tema molto delicato considerando la posizione strategica del porto. Salwa al-Antari, ex direttore del Dipartimento di Ricerca presso la Banca Centrale, ha detto che i fondi concessi dal Qatar in Egitto non hanno alcun vantaggio economico a parte il fatto di aver risolto alcune delle esigenze temporanee del governo. Ha aggiunto che tali prestiti non si sviluppano in veri e propri progetti di investimento, cosa che riflette l’approccio del governo in carica, approccio privo di una vera e propria strategia economica.

La conferenza stampa tenuta dal Ministro delle Finanze del Qatar non è durata più di dieci minuti. L’intenzione del Qatar di investire nella regione a est di Port Said porterebbe la zona del Canale di Suez a diventare la più grande zona franca industriale in Medio Oriente. Essa si trova tra Port Said e il lato nord-occidentale del Sinai e si estende su una superficie di 220 chilometri. Sembra che ci fosse un accordo preventivo tra i governi di Doha e del Cairo. Funzionari egiziani hanno fatto offerte speciali alla ricca delegazione del Qatar. Dopo l’incontro con il suo omologo del Qatar, il Ministro delle Finanze Egiziano ha detto che il governo si propone di attrarre investimenti del Qatar del valore di $ 15 miliardi. Ha anche accennato a concedere privilegi esclusivi al Qatar nel progetto di Port Said. Se queste concessioni persistono, la regione ad est di Port Said (Canale di Suez) – e forse altre – possono diventare semi-territorio del Qatar sul suolo egiziano (fonte Al-Monitor).

Se il Qatar ha accolto con entusiasmo l’avvento dei Fratelli Musulmani, gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita sono tuttora scettici. Certo, tra gli stati del Consiglio di cooperazione del Golfo esistono disaccordi riguardo alle relazioni esterne, ma questa è la prima volta che uno di loro si allea così strettamente a un partito di cui un altro stato membro diffida così apertamente e considera addirittura dannoso. Le relazioni del Qatar con i Fratelli musulmani sono su più fronti. Partendo dai media, il Qatar ha messo al Jazeera – la risorsa non-finanziaria più preziosa del paese – al servizio della Fratellanza, e l’ha trasformata in quello che l’eminente studioso del Medio Oriente Alain Gresh chiama la “portavoce dei Fratelli”. E il canale, a sua volta, è stato più volte lodato dalla Fratellanza per la sua “neutralità”.

Sul fronte economico, il Qatar è stato molto generoso attraverso gli introiti dei suoi giacimenti di gas. L’influente primo ministro del Qatar ha infatti detto che il paese non avrebbe mai permesso all’Egitto di andare in bancarotta. Così, Doha gli ha già versato 5 miliardi di dollari per aiutarlo a far fronte ai propri obblighi finanziari, e per impedire alla sua moneta di scivolare ulteriormente. Al Ahram ha fatto sapere che – in cambio di quest’assistenza – il nuovo governo egiziano avrebbe dato al Qatar molte assicurazioni. Gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar, nel corso degli ultimi due anni, hanno capovolto quasi completamente i ruoli rispetto ai loro rapporti con l’Egitto. Sotto il governo di Mubarak, l’Egitto è stato un saldo alleato degli Emirati, mentre le relazioni col Qatar restavano tutt’al più fredde. Seguendo l’ascesa del potere della Fratellanza, il Qatar è balzato al lato opposto, diventando uno degli alleati del nuovo Egitto. (Fonte: Osservatorio Iraq).

Un attivista del nord dell’Egitto che ha assistito a tutta la rivoluzione dal suo secondo giorno alla caduta di Mubarak mi dice che si aspetta una nuova rivoluzione a marzo di quest’anno, quando scadranno i termini per gli accordi col Qatar sul progetto Port Said/Canale di Suez. Il popolo non vuole che il prezioso porto venga “dato in affitto” a un paese esterno e solo allora, finalmente e forse, potrà per la prima volta partire la rivoluzione dei ceti sociali più bassi – lui la chiama “la rivoluzione di massa dei poveri” – dopo quella dei blogger, degli studenti, dei sindacalisti, dei giovani attivisti, dei docenti, degli istruiti, degli informati e dell’intellighenzia egiziana. Forse, gli strati più bisognosi della popolazione devono ancora imparare qualcosa, devono interiorizzare la rivoluzione, devono distinguere chi fa il loro interesse e chi li usa solo, sotto l’egida del solito, povero e abusato Dio.

Pareri, sì, ma pareri interessanti.

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Port Said e Canale di Suez



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