La parata di archistar all'Auditorium poteva essere un'occasione propizia per sbilanciarsi. Per dire una cosa fuori dalle righe, per lanciare un j'accuse, un grido d'allarme. Per sbattere in faccia a tutti i romani, dal primo all'ultimo cittadino, il deprimente stato di degrado e abbandono in cui versa la Capitale. Nulla di tutto questo. Si è continuato a parlare di progetti-feticcio spacciandoli per interventi di rivoluzione urbanistica. Oggetti meravigliosi inseriti in un contesto osceno da favelas brasiliana. Opere che comunque non vedranno la luce prima dei prossimi 10 anni. Considerare la città in blocchi, a compartimenti stagni, come una somma di progetti indipendenti l'uno dall'altro, è un errore madornale. Manca un'idea di città, una visione d'insieme, un criterio unificante. Si procede a tentoni con interventi spot. Gli architetti progettano cattedrali nel deserto, e quando poi questi vengono stuprati da graffiti e scritte, oscurati da cafonissimi maxicartelloni abusivi, non dicono una sola parola. Cara Zaha Hadid, venga a vedere che bel megacartellone giallonero hanno piazzato davanti al suo MAXXI a Via Guido Reni. Caro Renzo Piano, venga a vedere la parata di cartelloname che umilia i suoi tre "scarabei" dell'Auditorium Parco della Musica. Architetti romani, svegliatevi, prendete coscienza che una città non si cura né coi cerotti né con un po' di make-up. La vera battaglia per Roma è restituirle ordine, decoro, legalità, civiltà, vivibilità. E' cominciare a pensare a Roma come a una Capitale Europea, con gli stessi standard di servizi, decoro e vivibilità di Parigi e Londra. Unica nota positiva in questo mare magnum di mediocrità andato in scena all'Auditorium, è l'iniziativa promossa da Cartellopoli. Manifesti di protesta duri come macigni. Leggete qui l'articolo di Repubblica.
La parata di archistar all'Auditorium poteva essere un'occasione propizia per sbilanciarsi. Per dire una cosa fuori dalle righe, per lanciare un j'accuse, un grido d'allarme. Per sbattere in faccia a tutti i romani, dal primo all'ultimo cittadino, il deprimente stato di degrado e abbandono in cui versa la Capitale. Nulla di tutto questo. Si è continuato a parlare di progetti-feticcio spacciandoli per interventi di rivoluzione urbanistica. Oggetti meravigliosi inseriti in un contesto osceno da favelas brasiliana. Opere che comunque non vedranno la luce prima dei prossimi 10 anni. Considerare la città in blocchi, a compartimenti stagni, come una somma di progetti indipendenti l'uno dall'altro, è un errore madornale. Manca un'idea di città, una visione d'insieme, un criterio unificante. Si procede a tentoni con interventi spot. Gli architetti progettano cattedrali nel deserto, e quando poi questi vengono stuprati da graffiti e scritte, oscurati da cafonissimi maxicartelloni abusivi, non dicono una sola parola. Cara Zaha Hadid, venga a vedere che bel megacartellone giallonero hanno piazzato davanti al suo MAXXI a Via Guido Reni. Caro Renzo Piano, venga a vedere la parata di cartelloname che umilia i suoi tre "scarabei" dell'Auditorium Parco della Musica. Architetti romani, svegliatevi, prendete coscienza che una città non si cura né coi cerotti né con un po' di make-up. La vera battaglia per Roma è restituirle ordine, decoro, legalità, civiltà, vivibilità. E' cominciare a pensare a Roma come a una Capitale Europea, con gli stessi standard di servizi, decoro e vivibilità di Parigi e Londra. Unica nota positiva in questo mare magnum di mediocrità andato in scena all'Auditorium, è l'iniziativa promossa da Cartellopoli. Manifesti di protesta duri come macigni. Leggete qui l'articolo di Repubblica.
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