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L’epopea dei Nuraghi

Creato il 31 ottobre 2013 da Alessioscalas
In Sardegna si trovano tra le più antiche rocce della terra. In quelle di granito e trachite i protosardi neolitici della cultura d’Ozieri scavarono le domus de janas (le case delle fate) per il seppellimento dei morti.
Al loro interno sono state rinvenute statuette, che testimoniano il legame sussistente tra le domus de janas e il culto della Dea Madre Cicladica, diffuso nel Mediterraneo dagli Egei e di origine orientale. La piccola tomba circolare è simile a una capanna, l’ipogeo ha uno sviluppo orizzontale a piani diversi. Le camere possiedono forme varie, con tavoli, sgabelli in pietra, colonne. Le decorazioni dominanti sono il toro e le sue corna. La cultura di Ozieri terminò nel 1800 a.C. L’altra faccia delle domus de janas furono i dolmen e i menhir, prodotti delle culture megalitiche e simboli di fertilità. Più di 3000 anni fa gli uomini di Sardegna edificarono i nuraghi. In essi i pieni superano i vuoti e l’opera è grezza. In tutta l’isola vi sono più di 7000 nuraghi, rappresentazione di una rete di potere più che opere da guerra. La difesa fu uno scopo più recente della torre tronco-conica. Diversi sono i nuraghi documentati, il nuraghe Orrubiu, rosso di muschi e licheni, quello di Palmavera. Il filmato si serve della recita di un pezzo in lingua sarda, avente per oggetto le torri nuragiche. Il nuraghe per eccellenza è quello di Barumini, Su Nuraxi.
La torre centrale è la più antica dell’isola e risale ai primordi del periodo nuragico (che va dal 1700 a.C al 500 a.C.). Il complesso si sviluppò con quattro torri e una muraglia di cinta. A est nacque il villaggio, abitato fino a epoca romana. Le sepolture dei nuragici erano le tombe dei giganti, la cui forma ricalca il cranio del toro. Molti sono stati inoltre gli oggetti ritrovati attraverso gli scavi nei nuraghi. Non ultimo per importanza il villaggio nuragico di Carros, nel Supramonte di Oliena. Probabilmente esso fu minacciato dagli invasori, motivo per cui i suoi abitanti furono spesso costretti a rifugiarsi nella grotta di Tiscali, una roccaforte naturale in grado di ospitare cinquecento persone. Al suo interno fu costruito un villaggio di capanne in pietra, del quale oggi rimane poco, sebbene il documentario ci offra le immagini della ricostruzione elaborata al computer. Diverse sono infine le testimonianze dell’esistenza di un culto dell’acqua nell’isola, oltre il villaggio di Carros, Santa Vittoria di Serri e Santa Cristina.Prima parte

Seconda parte

Terza Parte


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