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L'ERA DEL LEVIATANO, di Marialuisa Amodio
La Penna Blu Edizioni, 360 pagine, € 17,50
Genere: fantascientifico/fantastico
Voto: 2,5/5
E' difficile dire di che cosa parla questo libro.
Vorrei descrivere la trama, ma non so da che parte cominciare perché, sebbene abbia una certa linearità di fondo, è talmente complessa che farne un riassunto è impossibile.
Tutto ruota attorno a un misterioso bambino, una sorta di divinità che ha la missione di sconfiggere un'entità chiamata Leviatano.
Accanto a lui ci sono altri personaggi: Viridius Kallas, un ex mercenario destinato ad aiutare la piccola divinità; Karol, un ragazzo che, per amore di Viridius, si è fatto donna; e infine Narik, una guerrigliera che si ribella al potere precostitutito.
Questa, evidentemente, è solo una lista di personaggi. Le interconnessioni tra loro sono difficili da spiegare perché, di fondo, il romanzo è assolutamente surreale.
Il Bambino nelle sue peregrinazioni incontra personaggi e situazioni stranissime, che sembrano uscite da un sogno. Tanto per cominciare, all'inzio vive in un bosco nascosto dalla sabbia di una spiaggia. Poi passa su una nave da crociera piena di cannibali, viene portato da una zattera di morti fino a una terra desolata dove incotra un pullman pieno di dei dimenticati, poi diventa apprendista di uno stregone dai capelli verdi e via discorrendo. Insomma, surrealismo allo stato puro. Il Bambino infilato in un quadro di Mirò o di Dalì.
Ma non è questo il problema del romanzo. In realtà quest'aurea magica è un pregio, perché senza dubbio rende "L'era del Leviatano" un'opera originale; e anzi, c'è da fare i complimenti all'autrice per la sua fantasia. Di sicuro ha ben presente che cosa sia il "sense of wonder".
Peccato che il surrealismo prevalga su tutto il resto. La storia è un rincorrersi d'immagini e trovate che suscitano nel lettore meraviglia, ma di certo non rendono facile comprendere di che cosa si stia parlando.
Tuttavia non è nemmeno questo il problema principale, perché a un certo punto si capisce che non bisogna aspettarsi una trama lineare ma semplicemente lasciarsi trasportare dalle parole.
Il problema è la mancanza di coinvolgimento.
Innanzi tutto è troppo lungo. Succedono troppe cose, i personaggi si trovano in un nuovo pericolo praticamente ogni due pagine. Capisco che serva per creare suspence e azione ma, come si suol dire, il troppo storpia e, in questo caso, annoia.
Secondo problema: molti passaggi di azione (e parlo di azioni lunghe, tipo viaggi) sono descritti in una riga, senza approfondimento.
Per riassumere, succedono tantissime cose descritte il meno possibile per 360 pagine.
Il risultato è una specie di lista della spesa che ogni tanto ha buoni momenti narrativi ma per lo più è sterile.
I personaggi, ovviamente, sono appena appena abbozzati. Si arriva alla fine senza essere riusciti a formarsi nella testa un'idea chiara di ciascuno e, sopratutto, la mancanza di approfondimento fa sembrare fuori luogo alcune delle loro azioni. Per intenderci, siccome il lettore non capisce il carattere del personaggio non capisce nemmeno perché sia spinto a fare certe cose.
E' un peccato, perché il libro tutto sommato è interessante, anche perché tocca qualche tema sociale.
Forse avrebbe bisogno di un taglia e cuci più incisivo e di una struttura diversa.
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