Pirati dei Caraibi, Braveheart, Titanic, Cliffhanger, Il re leone, Pinocchio, La tempesta perfetta, Matrix, Mission Impossible II e pure Chip & Chop. L’era glaciale 4 è uno dei più grossi calderoni di citazioni degli ultimi anni. Ed il gusto non ci guadagna. Gettando uno sguardo all’attuale tetralogia, questo capitolo fa perdere brillantezza e originalità agli episodi precedenti, che invece si erano distinti per lo stare (più o meno) saldamente in piedi senza aiutini o mezzucci citazionistici. Appena uscito di sala mi sono domandato: a quando film d’animazione senza citazioni? A quando cartoni animati che possano campare solo e soltanto delle proprie forze, e quindi di idee vere? La citazione, si sa, ha ormai preso piede in modo imperante. Ma il troppo, stroppia. Ecco, L’era glaciale 4 stroppia, e stona. E non solo su questo aspetto.
Altra pecca riscontrabile, frutto anche del morbo appena citato che penetra nel profondo della pellicola, è la restrizione della portata comica del personaggio di Sid, meno protagonista “per colpa” del simpatico inserimento della sua “amabile” nonnina, character che però a suo modo ha il merito di rilegare le fila riguardo il primordiale abbandono del povero bradipo da parte della sua ingrata famiglia.
Nella versione italiana è poi un disastro, e credo lo si possa affermare all’unanimità, la voce di Filippo Timi per il personaggio di Manny. Dove è finita la calda e pacioccona, pacata e autorevole voce di Leo Gullotta? Quella di Timi stecca e stride con gravità, pastosa di un tono drammatico e ansiogeno che non s’addice per niente ad un “cartone animato”.
Soffermandoci poi un attimo sul 3D, questo non regala grossi sfondamenti di campo, livellandosi su scene che vivono del gigantismo di alcuni personaggi o dettagli. Una monotonia che anestetizza.
Detto questo ci sono qua e là piccoli punti a favore. I radi “wow!” sono affidati a Scrat, in particolare alla sequenza iniziale sull’origine delle zolle terrestri e a quella finale sulla scomparsa di Atlantide. Alti risultati, di rigore estetico, si toccano poi nelle pieghe del muso dello scimmione capitan Sbudella e nel pelo al vento del mammut protagonista (altro che i riccioluti capelli rossicci di Merida in Ribelle – The Brave!).
Ma sono poche pochissime ancore di salvataggio, minuscole boe a cui appigliarsi per un quarto capitolo de L’era glaciale, che, ancor più dei suoi continenti, tende alla deriva della scarsa originalità.