“Il fisico quando vede l’oscillatore armonico è contento”. Così esordiva anni fa in una lezione un professore in un corso di meccanica quantistica. Il concetto non era tanto per un possibile ipnotico obnubilante pendolare, quanto relativo alla possibilità di applicare ad un fenomeno un modello, l’oscillatore appunto, noto alla perfezione.
La fisica funziona molto in questo modo, di fronte ad un nuovo problema, si cerca spesso di capire se un modello conosciuto e risolto, applicato ad un problema simile, possa fornire delle risposte adeguate anche al nuovo caso, magari con qualche piccolo aggiustamento.
E a volte questi modelli possono spiegare anche fenomeni che propriamente fisici non sono.. ma a questo ci arriviamo fra un po’..
Due modelli onnipresenti in varie teorie, il modello a campo medio e il modello a primi vicini, rientrano molto bene in questo contesto.
Adesso faccio una brevissima premessa di fisica vera, con parole (spero) chiare e semplici – del resto questo è un blog di fisici, forse affetti da frustrazioni socio-letterarie, ma pur sempre fisici siamo.. – all’inizio forse apparirà ostico, ma poi si chiarirà strada facendo, promesso.
Il modello a campo medio spiega un fenomeno considerando ad esempio l’effetto in un punto dello spazio come l’insieme mediato di tutte le interazioni esterne che lo circondano, ovvero come “l’universo” preso come media influenza un punto specifico. Nel modello a primi vicini, ottimo per fenomeni molto localizzati, si considerano solo le interazioni con gli eventi o i punti dello spazio (o gli atomi, o chi volete voi) solo immediatamente vicini al “punto” che stiamo considerando.
Un sistema fisico a cui si applicano entrami i modelli è quello dei vetri di spin, un tipo particolare di materiale magnetico. Questo è il sistema con cui mi sono formato come fisico, su cui ho scritto la mia tesi di laurea e su cui ancora saltuariamente lavoro. Ma non è solo questo il motivo per cui ci sono particolarmente affezionato, ma per una sua caratteristica peculiare, che lo rende paradigmatico anche in campi diversi dalla fisica, ovvero la presenza nel sistema di una “frustrazione” intrinseca. Orientando in un certo modo un campo magnetico locale, si migliorerà energeticamente l’interazione con un parte di ciò che lo circonda (il sistema spenderà meno energia, e quindi sarà contento), ma necessariamente si peggiorerà la situazione relativamente ad un altra porzione del sistema che circonda il campo magnetico in questione. In altre parole, non si possono far contenti tutti a questo mondo, neanche nella meccanica statistica.
Fin qui la parte difficile, ora per spiegare meglio il tutto, riprendendo il vecchio esempio che faceva il prof. Francesco Guerra al suo corso. Un sistema frustrato è come se per la nostra festa di compleanno decidiamo di invitare delle persone a cena a casa. Sono tutti amici nostri, ma alcuni sono anche amici fra di loro, mentre altri non si possono proprio vedere, si detestano cordialmente. Allora il nostro problema sarà quello di far sedere le persone in modo da avere gli “amici” seduti vicino, ma i “nemici” lontano. Ma è chiaro che con un sistema molto grande (molte persone), sarà impossibile accontentare tutti, qualcuno resterà scontento, perché avrà magari accanto due amici, ma di fronte uno che non sopporta… sarà frustrato…
Per quanto strano vi possa sembrare, la meccanica statistica cerca di risolvere (anche) questo tipo di problemi, in modo analitico-matematico, o quando non ci riesce, con qualche simulazione numerica.
Per restare all’esempio festaiolo, in parole molto semplici, nel campo medio, si cerca di vedere il tavolo con gli amici facendo una sorta di media di dove potrebbero sedersi, si cerca insomma un buon compromesso generale. Nel caso a primi vicini si va a vedere caso per caso chi sta seduto vicino a chi, cercando la configurazione migliore possibile.
Ora, è chiaro che i modelli frustrati sono modelli interessanti, perché appunto è un po’ la vita che funziona così. Se una compagnia acquista un certo prodotto più economico, risparmia, ma magari perde in qualità. Se un governo mette una tassa piuttosto che un’altra per finanziare un’attività, accontenta un gruppo di cittadini, ma ne scontenta inevitabilmente un altro (questo dovrebbe essere un concetto molto familiare in questo periodo).
E tutto in genere si può analizzare a campo medio o a primi vicini. E questo anche relativamente alla reazione ad un certo fenomeno. Posso a volte reagire a campo medio, considerando tutto il sistema che mi circonda, nel mio caso a salire il mio dipartimento, l’università, l’Italia, tutto il mondo della ricerca. Questo mi darà una visione d’insieme, ma mi potrebbe portare a conclusioni qualunquistiche. Il famigerato detto “Piove, governo ladro” in fondo non che è un esasperazione di una teoria di campo medio, in cui il cittadino singolo si sente impotente e frustrato (ebbene sì, la frustrazione colpisce ancora) di fronte ad un sistema troppo più grande di lui.
Oppure posso muovermi ” a primi vicini”, posso vedere cosa fa quello che mi sta accanto, posso interagire. Posso chiedermi ad esempio perché chi mi dice “vattene dall’Italia, qui non si può fare ricerca” in genere fa ricerca in Italia (e sono stati molti). Posso chiedermi perché il mio dipartimento non ha più l’accesso agli articoli dell’American Physics Society perché costa troppo. Posso chiedermi perché i miei ex colleghi Danesi – che sono stati miei primi vicini- guadagnano almeno il triplo di quello che guadagno io, e possono tranquillamente permettersi un mutuo, mentre io devo fare anche i conti di quanto spendo per la benzina per andare in ufficio. Posso chiedermi perché parte preponderante del mio lavoro di ricercatore sia diventato quello di “ricercare” i soldi per lavorare (questo è un chiasmo niente male).
Insomma, come avrete capito, posso chiedermi molte cose, e questo è parte del mio lavoro e della mia forma mentis di fisico. Ma poi devo cercare di rispondere a queste domande. La prima cosa che mi viene in mente, è che forse in questo paese non sono stati adottati i modelli giusti al momento giusto. A volte siamo stati egoisti a primi vicini, guardando solo quello che avevamo intorno, senza una reale aspirazione di cambiamento della nostra società. Altre, ci siamo fatti prendere dall’impotenza del campo medio di un sistema ineluttabilmente corrotto, indolente e insensibile ai cambiamenti locali, ed abbiamo rinunciato ad agire anche nel nostro personale campo di azione, presi da quel disincanto fatalista di cui ho già parlato in un altro post.
Non so, forse serve una nuova teoria, una nuova rivoluzione copernicana sociale, per rendere questa confusa Italia più finalizzata ad un cambiamento, ad assumere un ruolo che per tradizione e cultura le dovrebbe spettare. Più conosco il mondo, e più vedo in Italia immense possibilità sconosciute ed inarrivabili a paesi considerati molto più avanzati del nostro, a cui inesorabilmente si contrappongono immense frustrazioni per l’impossibilità apparente di realizzarle.
Ragazzi, qui ci dobbiamo dare una mossa, o non partiremo mai.