Invece, dopo anni di illusioni, vittorie e sparizioni, ha trovato continuità un certo Novak Djokovic, talento certamente più maturo e fine di quello di Nadal, un tennista vero in grado di vincere anche la superpotenza dello spagnolo. Due giorni fa Nole è diventato il numero 1 del mondo, oggi si è preso Wimbledon, contro lo stesso Nadal, in quattro set (6-4, 6-1, 1-6, 6-3), restituendolo ad un tennis più fine, elegante e reale. Senza pallonate sparate alla velocità della luce e, fatemi fare un po' lo snob, senza urla alla Pippo Inzaghi ad ogni 15 come se ogni cosa punto fosse l'ultimo. O inatteso. Djokovic, grande mattatore (imitatore, cantante e umorista) fuori dal campo, autentico fenomeno all'interno dei corridoi, gioca un tennis pulito, veloce e talvolta molto aggressivo, molto più della media del tennis mondiale di oggi. La finale di Wimbledon è impeccabile, non si sporca nemmeno in quel 3° set dove è quasi evidente che il serbo lasci scappare via l'orologio per non mettere la gara sui binari di una maratona che favorirebbe il più fisico Nadal. Trionfa così alla sua maniera, vincendo la maggior parte degli scambi più duri, tenendo palla in aria ogni volta, usando a tratti un servizio eccellente. Giocando, nel complesso, un tennis vero e, soprattutto, più efficace sia in difesa che in attacco delle bombardate del buon Nadal. Cresciuto, quest'ultimo, anche tecnicamente, ci mancherebbe, ma ben lontano dal poter competere a lungo con tennisti più... tennisti. Semplicemente. Rimane il numero 2 lo spagnolo e questa sfida è destinata a ripetersi per qualche anno ancora, senza pronostici certi. Quello che sembra è che alla fine della musica il migliore sia Djokovic quest'anno sconfitto soltanto una volta, guarda un po', da quel vecchio maestro di Roger Federer. Ed oggi, senza saltare su palchi e palchetti, ha regalato il suo sorriso al mondo da numero 1 del tennis e da re di Wimbledon. Forse la cosa più importante. Forse il modo migliore di mostrare le chiappe agli altri.
Invece, dopo anni di illusioni, vittorie e sparizioni, ha trovato continuità un certo Novak Djokovic, talento certamente più maturo e fine di quello di Nadal, un tennista vero in grado di vincere anche la superpotenza dello spagnolo. Due giorni fa Nole è diventato il numero 1 del mondo, oggi si è preso Wimbledon, contro lo stesso Nadal, in quattro set (6-4, 6-1, 1-6, 6-3), restituendolo ad un tennis più fine, elegante e reale. Senza pallonate sparate alla velocità della luce e, fatemi fare un po' lo snob, senza urla alla Pippo Inzaghi ad ogni 15 come se ogni cosa punto fosse l'ultimo. O inatteso. Djokovic, grande mattatore (imitatore, cantante e umorista) fuori dal campo, autentico fenomeno all'interno dei corridoi, gioca un tennis pulito, veloce e talvolta molto aggressivo, molto più della media del tennis mondiale di oggi. La finale di Wimbledon è impeccabile, non si sporca nemmeno in quel 3° set dove è quasi evidente che il serbo lasci scappare via l'orologio per non mettere la gara sui binari di una maratona che favorirebbe il più fisico Nadal. Trionfa così alla sua maniera, vincendo la maggior parte degli scambi più duri, tenendo palla in aria ogni volta, usando a tratti un servizio eccellente. Giocando, nel complesso, un tennis vero e, soprattutto, più efficace sia in difesa che in attacco delle bombardate del buon Nadal. Cresciuto, quest'ultimo, anche tecnicamente, ci mancherebbe, ma ben lontano dal poter competere a lungo con tennisti più... tennisti. Semplicemente. Rimane il numero 2 lo spagnolo e questa sfida è destinata a ripetersi per qualche anno ancora, senza pronostici certi. Quello che sembra è che alla fine della musica il migliore sia Djokovic quest'anno sconfitto soltanto una volta, guarda un po', da quel vecchio maestro di Roger Federer. Ed oggi, senza saltare su palchi e palchetti, ha regalato il suo sorriso al mondo da numero 1 del tennis e da re di Wimbledon. Forse la cosa più importante. Forse il modo migliore di mostrare le chiappe agli altri.
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