L'erba di Nole

Creato il 03 luglio 2011 da Alesan
Negli ultimi anni ci eravamo abituati a vedere Rafael Nadal guadagnare via via il passaggio al numero 1 del mondo nel tennis conquistando tornei sul veloce e facendo propria l'erba verde di Wimbledon per la prima volta tre anni fa. Una mezza tragedia per i puristi che dopo aver visto il manto di Wimbledon modificarsi e diventare un pochetto più lento rispetto al passato, dopo aver notato che ormai a fine torneo l'unica parte rovinata del terreno era quella a fondo campo, che il gioco era cambiato ed era meno agguerrito, ora dovevano pure sorbirsi un giocatore tutto muscoli capace di mandare in crisi chiunque grazie al proprio tennis di forza, volgare e potente. In crisi, soprattutto, quel tennis ci aveva ha Roger Federer forse il miglior talento puro che mai abbia calcato i campi dell'Atp e che vivendo in un'era ben lontana dalla golden age del tennis anni '70, '80 e '90 aveva accarezzato l'idea di un Grande Slam, lui solo dopo Don Bludge e Rod Laver (che ne ha fatti due). Invece era apparso questo spagnolo spaventosamente muscoloso che prima ha cominciato a bastonarlo in casa propria, sulla terra rossa, poi ovunque capitasse, ivi incluso il magico centrale di Wimbledon. Quando nel 2008 il maiorchino trionfò per la prima volta in Inghilterra si arrampicò sugli spalti, sfondò l'ingresso del palco reale, mostrò muscoli e grida selvagge, poco ci mancava che mostrasse anche le chiappe in segno di giubilo. Un'esultanza fuori dal mondo per chi si sentiva re indiscusso del mondo. E da lì in avanti sarebbe stato più o meno così davvero. Dopo la crisi nervosa, le lacrime ed il decadimento di Federer, toccava proprio a Nadal puntare alla quaterna in una sola stagione e succedere a Laver.
Invece, dopo anni di illusioni, vittorie e sparizioni, ha trovato continuità un certo Novak Djokovic, talento certamente più maturo e fine di quello di Nadal, un tennista vero in grado di vincere anche la superpotenza dello spagnolo. Due giorni fa Nole è diventato il numero 1 del mondo, oggi si è preso Wimbledon, contro lo stesso Nadal, in quattro set (6-4, 6-1, 1-6, 6-3), restituendolo ad un tennis più fine, elegante e reale. Senza pallonate sparate alla velocità della luce e, fatemi fare un po' lo snob, senza urla alla Pippo Inzaghi ad ogni 15 come se ogni cosa punto fosse l'ultimo. O inatteso. Djokovic, grande mattatore (imitatore, cantante e umorista) fuori dal campo, autentico fenomeno all'interno dei corridoi, gioca un tennis pulito, veloce e talvolta molto aggressivo, molto più della media del tennis mondiale di oggi. La finale di Wimbledon è impeccabile, non si sporca nemmeno in quel 3° set dove è quasi evidente che il serbo lasci scappare via l'orologio per non mettere la gara sui binari di una maratona che favorirebbe il più fisico Nadal. Trionfa così alla sua maniera, vincendo la maggior parte degli scambi più duri, tenendo palla in aria ogni volta, usando a tratti un servizio eccellente. Giocando, nel complesso, un tennis vero e, soprattutto, più efficace sia in difesa che in attacco delle bombardate del buon Nadal. Cresciuto, quest'ultimo, anche tecnicamente, ci mancherebbe, ma ben lontano dal poter competere a lungo con tennisti più... tennisti. Semplicemente. Rimane il numero 2 lo spagnolo e questa sfida è destinata a ripetersi per qualche anno ancora, senza pronostici certi. Quello che sembra è che alla fine della musica il migliore sia Djokovic quest'anno sconfitto soltanto una volta, guarda un po', da quel vecchio maestro di Roger Federer. Ed oggi, senza saltare su palchi e palchetti, ha regalato il suo sorriso al mondo da numero 1 del tennis e da re di Wimbledon. Forse la cosa più importante. Forse il modo migliore di mostrare le chiappe agli altri.

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