Il dato politico importante della condanna definitiva di Berlusconi nel processo Mediaset è rappresentato dalla fine del mito della sua impunibilità. Questo comporterà la progressiva fuoriuscita dalla sua orbita di tutti quegli elettori che lo hanno votato costantemente non tanto per ragioni ideologiche o perché affascinati dal suo stile di vita, bensì perché lui ha rappresentato una figura vitale e vincente, rispetto al volto triste e perdente del centrosinistra. Fateci caso: nell’immaginario collettivo italiota, anche Prodi, sebbene abbia sempre sconfitto Berlusconi, è visto come un perdente.
All’orizzonte si vedono due figure in grado di catalizzare questo consenso: Matteo Renzi e Beppe Grillo. Il primo, c’è da giurarci, sarà della prossima disfida elettorale, indipendentemente dal fatto che riesca o meno a far breccia nell’elettorato della sua attuale area di riferimento. La strategia adottata dal Sindaco fiorentino nel dibattito interno al suo partito è funzionale alla futura campagna elettorale: ottenere l’appoggio incondizionato del Pd o, in caso contrario, rilanciarsi come vittima dell’apparato e proporsi come leader di un cartello slegato dai partiti, in grado di ripetere l’exploit di Forza Italia del 1994. In questo suo disegno potrebbe trovare sponda (di necessità occulta) proprio in Berlusconi, il quale potrebbe mettere a disposizione di Renzi il suo impero mediatico in cambio di garanzie sulla salvaguardia dei suoi interessi.
Beppe Grillo, oltre al consenso che si tributa al vincente, può raccogliere da Berlusconi l’eredità di Attila delle Istituzioni. Questo suo continuo ribattere che tutto ciò che è ufficiale e mainstream sia orwellianamente manipolato, a prescindere dalla sua buona o cattiva fede, non può che portare ad un ulteriore degrado della società italiana. La sua visione naif e autarchica dell’economia avrebbe potuto funzionare in un periferico villaggio medievale, non certo in un sistema globale e fitto di interazioni come il nostro, per giunta già provato da una cronica crisi.
E la sinistra? Se non riesce a trovare una figura carismatica in grado di risvegliarla, ben più in profondità di quanto possano fare rispettabilissimi e competenti riccioli brizzolati e occhi più blù di Paul Newman, propostisi con un’immagine ancora troppo legata a certe tradizioni salottiere, la sua sorte (della sinistra, intendo) sarà quella di assistere da spettatrice alla prossima competizione. Sempre che Letta non sia in grado di dare una svolta al governo da lui presieduto, al momento classificabile come governo delle larghe attese. Se riuscisse a rimettere in moto l’economia e adottare qualche provvedimento popolare potrebbe persino avere le carte in regola per presentare la solita proposta di centrosinistra annacquato con qualche possibilità di vittoria. C’è da stare allegri.