Speciale: Superman: speciale 75° anniversario
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Ero in prima media.
L’oculista lesse un verdetto che un bambino di 11 anni solitamente non è entusiasta di sentire: miopia.
Avrei dovuto portare gli occhiali da vista.
L’incubo che sovviene a chiunque affronti questo responso in giovane età è sempre lo stesso: le facce dei compagni di classe spesso scherniti per i fondi di bottiglia appoggiati sul naso, un po’ tristi, timidi, goffi. Quattrocchi appoggiati in un angolo a guardare gli altri che corrono, giocano, si divertono mentre loro non possono farlo. Perché non ci vedrebbero senza quelle lenti, non seguirebbero il pallone, non sarebbero all’altezza dei loro atletici compagni. Oppure rischierebbero di rompersi gli occhiali correndo, giocando… Vivendo.
L’unico sollievo trovabile è in un luogo comune: non si picchiano quelli con gli occhiali.
Insomma, bambini che conoscono un pizzico di infelicità, obbligati a mostrare il fianco o a brancolare in un (pseudo) buio capace di renderti goffo, impopolare… Dimesso.
«Dimesso! Non è forse questo il nascondiglio perfetto per chi è in verità l’esatto contrario?» deve aver pensato un allora mio coetaneo Clark Kent vedendo uno dei ragazzi occhialuti della sua scuola da solo in un angolo.
Clark Kent nella realizzazione grafica di Joseph Shuster (Action Comics #1).
Per la cronaca, quanto descritto qua sopra non è una condizione reale, non è una prigione insormontabile. È più uno stato dell’animo, di chi vive un arnese curativo come una grande disdetta sociale che lo renderà sfigato in eterno.
Certo, a volte i compagni di scuola non aiutano.Ma tutto sta nel come si portano le cose, come si sentono addosso. A me portare gli occhiali piaceva. Molto. Forse fu il primo momento in cui feci i conti con una mia qual certa vanità. Non li vedevo come un oggetto che potesse rendermi socialmente emarginato, ma come un orpello per abbellire, qualcosa che mi potesse dare un tocco in più, intellettuale forse, e rendermi interessante suscitando curiosità. Nessuno mi ha mai preso il giro per gli occhiali. Nessuno mi ha fatto sentire inadeguato. Dal canto mio, ho spaccato almeno due montature giocando a pallone e fregandomene della mia quattrocchicità. E se io avessi fatto le scuole medie inferiori a Smallville, questo il giovane Kent lo avrebbe sicuramente notato.
Quello non era di certo il nascondiglio perfetto che lui stava cercando.
Tutti noi, alzi la mano chi non l’ha fatto, almeno una volta ci siamo posti, più o meno ironicamente, il problema: «Seee, Clark Kant si infila un paio di occhiali e nessuno riconosce più che è Superman!». Credo che ci sia un errore fondamentale in questa domanda, un errore di forma.
Non è Clark Kent a infilarsi quel paio di occhiali, è Superman a indossarli.
Perché, a differenza della maggior parte degli altri supereroi che scoprono i loro poteri e poi proteggono l’identità segreta con un costume o una maschera, Superman esiste prima di Clark Kent, e non viceversa.
Clark Kent interpretato da Christopher Reeve (Superman I, II, III, IV).
Clark non è l’eroe che nasconde la sua identità segreta, è Superman che si finge Clark Kent.
Da qui la necessità, per Kal-El, di trovare quel famoso nascondiglio perfetto. E quale modo migliore, considerando che ormai tutta l’umanità conosce il tuo volto perché ti ha visto in azione, di un passo indietro?
Di diventare… Dimesso.
Per l’intero globo ormai Superman non è solo un eroe dei fumetti, è un simbolo. Un simbolo di rivalsa, rinascita, libertà, giustizia. Un simbolo che incarna il sentimento di una nazione intera che di certo dimessa non è… E nemmeno si sente tale.
Difficile far diventare dimesso uno così.
Per nascondere Superman al mondo, sarebbe servito un altro simbolo; un’icona altrettanto forte, totemica, in grado di distogliere l’attenzione dalla grandezza, per portarla verso la normalità dell’essere. Un oggetto che durante gli anni avesse assorbito un’energia potente e letale, nutrendosi di ogni scherno, ogni presa in giro, ogni insicurezza, timidezza e goffaggine di chi lo avesse portato addosso. Per ridimensionare Superman e nasconderlo al mondo, serviva il terribile potere di un paio di grossi occhiali da secchione!
Clark Kent interpretato da Tom Welling nella serie televisiva Smallville.
Eppure, vista la grandiosità del personaggio, nemmeno quello sarebbe bastato.
Sarebbe servito di più, e Clark Kent, l’osservatore, questo lo sapeva bene: sarebbe servito l’atteggiamento giusto.
Un paio di occhiali portati nel modo perfetto avrebbero potuto dargli la più totale invisibilità. Fu allora che la grande recita cominciò.
Superman comprò un paio di occhiali, prese l’atteggiamento giusto e divenne il timido Clark Kent, stando sempre attento a non sembrare quello che gli occhiali li porta con fierezza, anche se ci ha salvati migliaia di volte e avrebbe tutto il diritto di farlo!
Sono 75 anni che recita la sua parte nel migliore dei modi, ingannandoci tutti.
Superman non è un eroe mascherato.
Superman è un eroe smascherato.
E siccome sa bene che non si picchia qualcuno che indossa gli occhiali… Quando viene l’ora di giocare duro, è pronto a toglierseli in un attimo!
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