
Si comincia con un'impressionante inquadratura dall'alto dell'arido deserto afgano. Il poderoso roteare delle pale di un elicottero militare cadenza l'afflato epico della scena, un afflato che caratterizzerà l'intero srotolarsi degli eventi successivi. A terra ci sono tre soldati americani che cercano di stanare un presunto talebano. Costui, dopo essersi difeso con un bazooka - uccidendo senza piatà i tre militi - ed essere sgattaiolato fuori dal suo catacombale nascondiglio, viene ferito, catturato e portato in un centro di reclusione in Europa. Incapace di reagire all'interrogatorio poiché reso sordo dall'esplosione che lo ha fermato, viene sottoposto alla tortura del waterboarding per essere infine trasportato in un altro carcere, ma l'auto-veicolo in cui alloggia assieme ad altri prigionieri subisce un incidente cosicché l'uomo riesce a fuggire. Ritrovatosi in mezzo alla neve, braccato dalla fame, dal freddo e dai soldati, la sua lotta per la sopravvivenza assumerà connotazioni metafisiche.Maestoso film panico dalle apparenti fattezze action-politiche, Essential Killing (2010) è l'ultimo parto del leggendario regista Jerzy Skolimowski (pittore, poeta, amico fraterno di Roman Polanski) ed è una stupenda immersione nella (essenziale, appunto) battaglia per la vita di un essere umano. Con un Vincent Gallo mai così in parte (e per l'interpretazione si meritò infatti la Coppa Volpi allo scorso Festival di Venezia) nel ruolo del terrorista islamico (con quella faccia l'attore potrebbe tranquillamente passare per un arabo, un indiano, un pellerossa e chi più ne ha più ne metta) il film trova la sua estrema sintesi nella perdita di ogni riferimento, nello sfuocare progressivo delle ragioni di un conflitto che perdura da forse troppo tempo per conservare intatta, nel guerriero, la lucidità. E così il suo orizzonte si fa sempre più traballante, confuso, assume la forma di un'allucinazione in cui la devozione ad Allah si fonde nell'amore per un corpo nascosto da un burqa.Il regista ha dichiarato che il suo amore per il cinema sembrava da anni ormai affievolito: un giorno in macchina gli capitò di finire fuoristrada nella neve a causa del passaggio di un cervo, in Polonia, sua terra madre. E davanti al senso d'improvviso terrore, alla sensazione di spaesante solitudine in cui si trovò catapultato, Skolimowski capì di avere una storia tra le mani. Imbracciata ancora una volta la cinecamera, il suo terrorista sperduto (folgorante l'immagine del bianco manto della neve sporcato dalle impronte sbilenche del fuggiasco sanguinante) mette magnificamente in scena la lotta contro un dese
