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Da una parte c'è da essere contenti a vedere un film come L'estate di Giacomo che ti mostra come nascosti da qualche parte esistono nuovi autori con idee valide e con talmente tanta passione da farla esondare dallo schermo quasi in modo contagioso.
D'altro canto stai a chiederti se questa piccola opera girata con tre attori e un pugnetto di euro non sia la solita mosca bianca nel panorama italico in cui sembra che nessuno abbia più voglia di rischiare a livello di produzione e di distribuzione.
L'estate di Giacomo è il racconto di una gita al fiume di due adolescenti: Giacomo, diciottenne che pensa come un bambino, sordo che con un'operazione ha riacquistato la possibilità di parlare e Stefania, sua amica sedicenne che è molto più matura di lui.
Con una cinepresa a mano che li pedina senza asfissiarli la gita inizia in un bosco che da principio sembra senza uscita ( ma quante fiabe abbiamo letto in cui l'incipit sono due bambini che si perdono in un bosco? ) ma che poi alla fine rivela quello spicchio di fiume a cui anelavano fin dall'inizio.
Addirittura sembrano le Maldive , come dicono appena si immergono per fuggire la calura estiva.
La loro giornata prosegue , la loro stagione prosegue tra scherzi, risate , inseguimenti, quasi un placido esplorarsi a vicenda, la loro amicizia diventa più adulta all'apparenza, sembra che tra loro sia scattata una diversa intimità senza palesare alcunchè di amoroso e poi la svolta in un finale che appare un po' slegato da tutto il resto e che a prima vista non è ben comprensibile.
Il film del trentenne Alessandro Comodin è ricco di spunti autobiografici come lui stesso ha affermato e quindi preferisco pensare che il finale a mo' di postilla che ha inserito sia proprio per raccontare la storia esattamente come è andata.
Altrimenti è assai stridente, direi di tono totalmente diverso rispetto a quello visto nei 70 minuti precedenti.
La cosa che stupisce di questo film è che sembra che descriva un mondo sempre in bilico tra realtà e fiaba, come sospeso a mezz'aria da qualche parte nel tempo e nello spazio, ma lo fa con stile documentaristico.
Detto in questo modo sembra un ossimoro ma non è così.
Camera a mano, assenza di campi e controcampi, immagini rubate alla festa del paese, insomma un piccolo campionario di Nouvelle Vague in riva al Tagliamento, che , diciamolo subito assume presto le fattezze del vero protagonista.
La Natura incontaminata ( o quasi) che circonda Giacomo e Stefania alle prese col loro percorso di crescita è come una membrana amniotica che attutisce tutte le sollecitazioni esterne e che li protegge.
Assistendo a L'estate di Giacomo sembra quasi di trovarsi di fronte a un Rohmer a cui abbiano sfrondato gran parte dei dialoghi.
Il film di Comodin è minimalista e poetico allo stesso tempo, cinema di piccoli gesti , di sguardi e di sorrisi più che di parole.
Impossibile dire se questa sia la nuova strada di un cinema italiano ormai paralizzato in generi preconfezionati : certo è che c'è tutta una serie di nuovi autori che , facendo miracoli con il no-budget a loro disposizione, stanno tirando fuori notevoli brani di cinema.
Nel solco di un realismo poetico.
( VOTO : 7,5 / 10 )
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