[Recensione pubblicata nella rubrica Esordi della Webzine Sul Romanzo n. 1/2013]
Anzi, qui è la città stessa ad ascendere al rango di personaggio, scrutata nelle sue due anime chiuse e coesistenti, due universi separati e inconciliabili, due topografie alle quali corrispondono altrettanti opposti calchi antropologici: il centro e la periferia, la «Roma delle Rovine» e la «Roma di Quaresima». E il giovane protagonista, l’estraneo del titolo, vive la condizione ibrida di essere stato cresciuto dalla prima, ma partorito dalla seconda. Dopo aver rincorso con goffaggine la Roma bene, abbandonato dalla fidanzata, in perenne rotta con un padre che, ottenuta la fortunata assunzione come portiere in uno stabile di lusso nel 1986, ha rimosso gli anni al Quadraro (perfino quelli felici con la moglie, prematuramente scomparsa) e si vergogna di ciò che ha «scritto nel DNA», decide di mettere in atto una fuga che lo costringa a «cercare le radici», agguantare quel progetto che gli consenta di trovare il suo posto nel mondo: una stanza in affitto nell’estrema periferia, assecondare la passione per l’arte frequentando quei corsi universitari negati dal padre, un lavoretto per potersi mantenere.
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