Qualche lustro è trascorso da quando Juary Jorge dos Santos Filho mostrò in quel di Avellino una nuova manifestazione di gaudio dopo aver segnato un gol. Un po’ di storia. Juary, attaccante brasiliano di scuola Santos, era un ventunenne gracile, il presidente Antonio Scibilia, a seguito della riapertura delle frontiere, lo acquistò nell’estate del 1980 per una manciata di milioni di vecchie lire dalla squadra messicana dell’Universidad de Guadalajara, che non vide l’ora di guadagnare dei bei soldini cedendo un giocatore che non aveva trovato una gran sintonia nella terra dei Maya. Juary ebbe subito l’ingrato compito di giocare in una squadra che avrebbe dovuto scontare cinque punti di penalizzazione in serie A per i processi sul Totonero, ben noti per aver portato alla squalifica giocatori del calibro di Paolo Rossi e Giordano, nonché per la retrocessione a tavolino del Milan e della Lazio. Ad Avellino questo piccolo attaccante nero era assai atteso e fu così che allo stadio Partenio il 31 agosto 1980, terza giornata del girone 2 della Coppa Italia, il Catania, militante in B, fece visita agli irpini, allenati da ’O lione Luis Vinicio. Non ci fu partita, dopo mezz’ora i padroni di casa erano in vantaggio già 3-0 (reti di Di Somma al 5’, De Ponti al 24’ e Valente al 32’), unico infortunio l’autogol di Di Somma al 39’ che regalò ai siciliani un insperata rete. Intanto le squadre erano andate al riposo e tra la tifoseria ci si chiedeva che fine avesse fatto quel brasiliano “tascabile”… La ripresa era iniziata da sei minuti circa… ed ecco che Juary piombò con un balzo felino in area insaccando imparabilmente uno spiovente da destra e poi corse verso la lunetta del calcio d’angolo per eseguire intorno alla bandierina una danza mai vista prima su di un campo di calcio italiano. Nacque un mito e da quel giorno l’esultanza di Juary rimase memorabile. Dieci anni dopo, durante i mondiali di calcio in Italia, un altro giocatore imitò la stessa danza con qualche variazione, si trattava del vecchio centravanti del Camerun Roger Milla, una vera forza della natura che, a 38 anni suonati, trascinò i Lions indomptables [1]fino ai quarti di finale realizzando quattro reti. Una pubblicità della Coca Cola trasmessa nel 2010 per promuovere i mondiali sudafricani mostrava il gol di Milla contro la Romania a Bari del 14 giugno 1990 offrendo però un’informazione sbagliata: «Vent’anni fa, di fronte a un cartellone della Coca Cola, un giocatore di nome Roger Milla festeggiò un gol come nessuno aveva mai fatto prima: ballando!». Se per caso Juary in quel 31 agosto 1980 avesse avuto a disposizione un cartellone della Coca Cola in prossimità della bandierina sarebbe passato come il primo giocatore a ballare dopo un gol, ma, si sa, la multinazionale americana fa i suoi interessi e se ne impipa se un brasiliano dell’Avellino ha danzato senza il suo marchio in bella vista dieci anni prima di Milla.
L’epopea delle esultanze dei calciatori è andata avanti, ce ne sono state alcune molto particolari, se non storiche: l’urlo di Marco Tardelli trasmesso in tutto il pianeta l’11 luglio 1982 per il secondo gol degli azzurri nella finale del Mundial spagnolo; la famosa Huguina, il salto mortale all’indietro del messicano del Real Madrid Hugo Sanchez, cinque volte Pichichi [2] negli anni ’80 in Spagna [3]; la “mitragliatrice” di Gabriel Omar Batistuta nelle stagioni 1991-2000 alla Fiorentina e 2000-02 alla Roma; il cradle-rocking [4] del nazionale brasiliano Bebeto ai mondiali americani del 1994; Fabrizio Ravanelli che negli anni ’90 correva come un pazzo ricoprendosi la testa con la maglietta di gioco; il trenino dei giocatori del Bari ideato dal “capomacchinista” colombiano Miguel Angel Guerrero nella stagione di serie A 1994-95; la maglietta di Totti con la scritta “Vi ho purgati ancora” esibita dopo un gol nel derby con la Lazio dell’11 aprile 1999… L’elenco è pressoché infinito, però notiamo che col tempo le esultanze dei calciatori hanno perso quel che di naturale e pittoresco tipico del periodo d’oro tra gli anni ’80 e ’90, sembra che oggi ci sia molta artificiosità, brama di attirare l’attenzione senza la spontaneità, anche sguaiata, a cui assistevamo un tempo. Oltretutto, il calciatore adesso non può nemmeno uscire dal campo di gioco, gli è vietato andare persino sotto gli spalti a cercare il contatto con la tifoseria e, se lo fa, si becca l’ammonizione… Non c’è più niente o quasi da inventare, i balletti esibiti da Neymar, per esempio, sono piuttosto bruttini, altre manifestazioni di giubilo non colpiscono più di tanto, i siparietti collettivi non hanno niente di esteticamente rilevante (ne abbiamo visto uno particolarmente orripilante, durante i mondiali under 20 in Turchia, con protagonisti il giocatore francese della Juventus Paul Pogba, autore di un gol all’Uzbekistan, e i suoi compagni di gioco: saltellavano tutti scuotendo la testa dando l’impressione di essere un gruppo di deficientiin libera uscita…), e poi, dulcis in fundo, c’è addirittura chi si è infortunato, come è successo recentemente a Maurides, attaccante diciannovenne dell’Internacional di Porto Alegre, che dopo aver segnato in Copa do Brasil contro l’América è caduto male alla seconda capriola lesionandosi il legamento crociato anteriore… Sarà forse il segno che è davvero finita un’epoca?
Marco Vignolo Gargini
[1] Il soprannome di Les Lions indomptables pare sia stato creato da Felix Tonye Mbog, Ministro della Gioventù e dello Sport del governo camerunense negli anni ’70, a cui venne affidato il difficile compito di rilanciare lo sport e in particolare il calcio nel suo paese. Cfr. Edouard Oum, Felix Tonye Mbog: L’homme qui créales Lions Indomptables, 2010, éditions SOPECAM.
[2] Il capocannoniere del campionato spagnolo vince il Trofeo Pichichi, messo a disposizione dal giornale sportivo Marca e istituito nel 1953 in onore dell’attaccante Rafael Moreno Aranzadi, detto Pichichi, scomparso trentenne nel 1922.
[4] Il gesto della culla eseguito da Bebeto nei quarti di finale contro l’Olanda del 9 luglio 1994 si riferiva alla nascita del figlio Mattheus, nato due giorni prima. Mattheus attualmente è un promettentissimo centrocampista in forza al Flamengo.