Se ne parla da un paio di legislature e da quando è salito in carica Monti la discussione ha avuto un’accelerata, visto il mischione che lo sostiene: è tempo di una nuova legge elettorale. È passato quasi un anno, il tempo che tecnicamente servirebbe per una riforma costituzionale, ma il Porcellum è ancora vivo e lotta con noi.
L’ha sollecitata più volte Napolitano, ne ha sostenuto la necessità Schifani e tutti, con belle parole, ritengono che i tempi siano maturi. Peccato però che, al momento della verità, siano divisi su tutto. Tanto che si può legittimamente dubitare che ci sia tutta questa volontà di cambiare la Legge Calderoli. Lo status quo, si sa, è sempre il preferito dai politicanti e con la porcata in vigore molti ritroverebbero il seggio che, in caso ad esempio di preferenze, perderebbero.
La situazione è così scompaginata nei cassetti della Commissione Affari Costituzionali giacciono non una, non due ma ben 44 bozze di riforma. Ieri i rappresentanti dei partiti a Palazzo Madama si sono riuniti per discutere della proposta almeno in parte condivisa da tutti, quella del pidiellino Lucio Malan e del piddino Enzo Bianco. Ma è finita come il resto delle discussioni a riguardo: melina per un paio d’ore e nulla di fatto.
Poi, ovviamente, è iniziato lo scaricabarile circa il fiasco. Anna Finocchiaro, capogruppo PD: “Noi non sappiamo cosa vuole il PDL”, Gaetano Quagliarello, vicepresidente PDL: “È evidente che in questa settimana c’è stato un dibattito molto acceso nel PD, che è in difficoltà nel suo interno”.
I punti di divergenza sono molteplici e riguardano le preferenze, i collegi uninominali, il premio di maggioranza per il partito o per la coalizione, l’indicazione del candidato premier e i turni. E il Porcellum, nel frattempo, se la gode.
Se il PD, summa di tante anime troppo differenti, di certo non ha mai brillato per coesione, anche nel PDL c’è chi canta fuori dal coro. Ecco la nota presentata ieri da Giorgia Meloni, Renato Brunetta, Guido Crosetto, Pino Galati, Viviana Beccalossi e Fambio Rampelli:
Il PD sappia che in Parlamento c’è chi batterà fino all’ultimo per introdurre nella nuova legge elettorale il sistema del voto di preferenza, che garantisce agli italiani la libertà di decidere direttamente da chi farsi rappresentare.
Una posizione di buon senso che però non è condivisa dal resto del carrozzone azzurro. La frondina avrebbe dovuto essere riportata a più miti consigli in un incontro con Berlusconi a Palazzo Grazioli, poi saltato per impegni, tanto per cambiare, giudiziari. Risultato: niente accordo interno nel PDL e senatori azzurri che non posso far altro che temporeggiare in commissione.
Carlo Vizzini, presidente della commissione incriminata, anche ieri ha strigliato i presenti, invitandoli a raggiungere un accordo politico sui temi caldi perché il rischio di uno stallo è concreto. Vizzini, però, rimane fiducioso:
Qui serve un compromesso alto. Non vorrei gli elettori pensassero che qui si cincischia perché in fondo il Porcellum sta bene a tutti. Anche perché io ho firmato il referendum per abolire questa legge elettorale e sulla riforma ci sto mettendo la faccia.
Fonte: Il Fatto Quotidiano