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L’etica della sperimentazione animale

Creato il 18 settembre 2015 da Alby87
Dicono che il fronte pro-Sperimentazione Animale (pro-SA) sminuisca la questione etica o non la ritenga importante. Lo dicono in tanti da tanto, eh, una roba che ho sentito ormai un milione di volte, praticamente un luogo comune. E non posso che trovarla un’accusa quanto meno ingiusta se non del tutto campata in aria, visto che In realtà il fronte pro-SA ha steso numerosi pezzi a tema etico. Guardate il MIO blog: parlo dell’etica dietro la sperimentazione animale continuamente, penso che qualcuno potrebbe anche essersi rotto il cazzo e oggi dica cose tipo “vabbe’, Albe’, ho capito il punto: etica della responsabilità, e adottiamo il contrattualismo quando vi sono le condizioni di applicazione. Ti ispiri essenzialmente a Hume e usi un approccio pragmatista che si può collocare nel filone dell’antirealismo morale. Basta, cambia argomento!” E se qualcuno mi suggerisce di cambiare argomento perché s’è annoiato lo capisco, visto che sul web ho scritto molto più di etica che di scienza, se consideriamo la mole. Ma ben pochi pro-SA leggono ciò che scrivo. Quindi accade questo: che mentre i filosofi “antispecisti” leggono quando scrivo di etica (spero con non troppo profitto), i pro-SA non lo fanno. Di più: ogni volta che un articolo a tema strettamente etico sia comparso su pagina pro-SA, è arrivata anche la folla dei maestrini con la penna rossa, tutti rigorosamente pro-SA. Non che trovassero qualcosa da sottolineare in sé, con la loro bella penna; mai nessuno è riuscito a evidenziare errori di argomentazione o logica nei miei scritti. Ma i nostri laureati in commentologia applicata rimproveravano, in generale, che si “uscisse dall’ambito di competenza”: quello in cui ho la laurea (suppongo che rabbrividirebbero sapendo che vinco concorsi letterari senza la laurea in lettere, o che attualmente lavoro in accademia ma non come biologo, in spregio alla laurea in biologia; non diciamoglielo così non piangono). Ovviamente, nonostante nel mondo accademico ci sia oggi una fissa diffusa per il “formal training in ethics”, non c’è bisogno di alcuna preparazione formale per fare etica, tanto è vero che OGNI ESSERE UMANO SULLA TERRA la fa; quindi la storia di “non uscire dal’ambito di competenza” è una stupidaggine puramente strumentale, che va letta come stante a significare questo: non è gradito che il fronte pro-SA si occupi di etica. Si tratta di una bacchettata sulle mani per un indisciplinato. Non sorprende dunque se articoli del genere che scrivo io non compaiano mai sulle pagine pro-SA: la gente non vuole leggere su questo argomento, e l’unica volta che volevo parlarne dal vivo, non me l’hanno lasciato fare. Dunque prendiamo la cosa come crudo dato: quasi nessun pro-SA gradisce parlare o sentir parlare di etica. Quindi la situazione assume tinte paradossali: I pro-SA non leggono i pro-SA che scrivono di etica. Gli anti-SA, invece sì, e piuttosto regolarmente. I pro-SA vorrebbero che i propri scienziati non scrivessero di etica, in quanto “non-filosofi”. Gli anti-SA, invece, sfoggiano Massimo Filippi, che fa di lavoro lo scienziato e mi dicono sia pure bravo, ma può indubbiamente fregiarsi anche della qualifica di filosofo (anche se come immaginerete non lo stimo particolarmente su questo fronte). I pro-SA non vogliono mai sentir parlare a un certo livello di etica, neanche sotto minaccia con la pistola alla tempia, mentre gli anti-SA sono sempre pronti a parlarne anche quando c’entra come i cavoli a merenda. Infine, e questa è la più bella, i pro-SA, che dimostrano coi fatti di non voler assolutamente mai sentir parlare seriamente di etica, dicono di voler che i pro-SA “tengano in maggior considerazione” la questione etica. Una situazione semplicemente paradossale a sentirla, ma ci sono un po’ di ragioni per cui si viene a creare. La prima è la vocazione scientifica della maggior parte dei pro-SA, che li porta a provare una specie di complesso di di superiorità o di inferiorità rispetto alle questioni filosofiche; una cosa assolutamente risibile, se consideriamo le enormi contaminazioni che storicamente sono sempre esistite fra scienza e filosofia, e il fatto stesso che in effetti la scienza è filosofia a tutti gli effetti. Lo scienziato ha tutto ciò che gli serve per fare filosofia, ovvero un cervello capace di ragionare, e farsi convincere che così non sia significa cedere su un punto estremamente importante: il diritto dello scienziato, o meglio, di qualunque umano razionale, di costruirsi un’etica da solo, senza doversi appoggiare a “esperti esterni”, com’è sua ultima e inevitabile responsabilità. La seconda è la sensazione, che molti scienziati avvertono, che parlare di filosofia morale sia sostanzialmente equivalente a parlare del sesso degli angeli. E qui un pochino di ragione ce l’hanno. Cioè, non è vero che la filosofia morale sia sempre sesso degli angeli, ma effettivamente fra i filosofi c’è una certa tendenza a mettersi a parlare del sesso degli angeli. Ho già scritto in passato di come sia posta il più delle volte dai filosofi la “questione morale”, ovvero come “la questione astratta che trascende ogni questione reale”, e dunque la “non-questione”. Naturale disinteressarsi di una simile materia: non è una questione seria. “Per me gli animali hanno diritto di non essere uccisi”; ” E pemmè no!” E adesso? Che si fa per il resto della discussione? Ci guardiamo negli occhi con aria imbarazzata? Parliamo dello sport? Facciamo la gara a chi espone la propria aria fritta in maniera più elegante? Sembra una situazione sconveniente, eppure i pro-SA in generale trovano un fantastico punto di accordo con i filosofi anti-SA, a riguardo. Dicono loro pressappoco così: “Cari anti-SA, non parlate di scienza, non lo gradiamo. Voi potete parlare liberamente del sesso degli angeli, però, e noi non apriremo neanche bocca per dire ‘A’ mentre sproloquiate a riguardo”. Ed è un accordo che funziona perché vantaggioso per entrambi: il sesso degli angeli non interessa a nessuno, è un territorio incoltivabile, quindi i pro-SA non lo vogliono; d’altro canto, gli anti-SA son ben lieti di colonizzarlo senza concorrenza, visto che non avrebbero alcuna speranza di invadere quello dei fatti scientifici e lì invece posson costruire. Attenzionissima, qui! Si può fare seriamente filosofia morale; si può fare filosofia morale a partire dai fatti. Io lo faccio. Può non piacere come lo faccio, ma lo faccio. E non son mica l’unico al mondo. Il punto di accordo generale fra pro-SA, di solito scienziati, e gli anti-SA, di solito filosofi, è però di non farlo mai. In sostanza, è un cartello, una spartizione equa del mercato, un accordo per non farsi concorrenza. E attenzione a quanto segue da questo accordo: non ci si deve pestare i piedi a vicenda, questa è regola assoluta. Dunque se io dico che la questione etica è una questione del sesso degli angeli, e spesso effettivamente E’ posta proprio come il sesso degli angeli ed è una discussione completamente inutile, sto violando l’accordo, perché sto facendo concorrenza, sto dicendo alla gente “mollate i filosofi, salite sulla barca degli scienziati!”. Ma attenzione, perché se dico, d’altro canto, che la questione etica invece non è il sesso degli angeli, se dico che in effetti è così importante che io stesso mi sento chiamato in causa a trattarla, giustificando in termini di filosofia morale ogni singolo topo che c’è nelle mie gabbiette, allora anche così sto violando l’accordo e sto facendo concorrenza: “mollate i filosofi, salite sulla barca degli scienziati!” Dunque entrambi gli atteggiamenti sono deprecabili: il pro-SA deve solo parlare di scienza, l’anti-SA solo di filosofia, e in più devono rispettare il sacro confine delle rispettive “competenze”. Il che spesso assume tinte ridicole, perché se io faccio sperimentazione animale va da sé che la reputo morale, e che ho motivazioni per farlo, e dunque che ho fatto un preciso, circostanziato, difendibile ragionamento morale. Ma tant’è, finora si è scelto di far cartello. Tuttavia voglio far presente ai pro-SA che questo cartello, con tutti i suoi vantaggi per i partecipanti, è un po’ più vantaggioso per gli anti-SA. Abbiamo in mano i fatti, per cominciare. E stiamo promettendo di non usarli mai. Facciamo etica tutti i giorni nel nostro lavoro. E stiamo promettendo di non usarla mai. Viceversa, non ce la caviamo bene quando si tratta di parlare di fuffa. E stiamo riconoscendo ai fuffologi di ogni forma e colore il sacrosanto diritto di porre la fuffa come questione essenziale dell’essere. Fatti contro fuffa: quasi sicuramente vincerebbero i fatti in un confronto aperto. Potremmo benissimo scendere in campo con tutte le armi sguainate. Si preferisce invece la guerra fredda. Be’, che dire, probabilmente in realtà si vince anche la guerra fredda. Ma non bisogna esser confusi su quello di cui si parla: un’etica basata sui fatti è equivalentemente un miscuglio di politica sociale, economia e scienza. Di queste cose i pro-SA già ne parlano fino alla nausea. I pro-SA parlano di etica, e semmai è proprio il loro parlare di etica che dà fastidio, non che non lo facciano. Di cos’è che non parlano, o che non parlano “abbastanza” secondo gli accusatori? Di sensibilità emotive personali della gente riguardo agli animali. Che sono anch’esse parte dell’etica della sperimentazione animale, ma di sicuro non l’esauriscono e altrettanto di sicuro non possono da sole pesare quanto tutto il resto. Inoltre, dulcis in fundo, CE NE OCCUPIAMO ECCOME, di quell’aspetto! ‘nzomma, va … Ossequi, che è meglio.

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