È curioso che ci sia una differenza tra il nome che gli albanesi riferiscono a se stessi e quello usato dagli stranieri per riferirsi agli albanesi.
Il paese abitato dagli albanesi oggi si chiama Shqipëri e gli abitanti shqiptar per gli albanesi, mentre gli stranieri chiamano Albania il paese e albanesi i suoi abitanti.
Senza pretesa di voler risolvere una volta per tutte la questione, cerchiamo di capire meglio il motivo di tale distinzione attraverso alcuni studi.
Nel 1847, nel suo libro “Su gli albanesi, ricerche e pensieri”, Vincenzo Dorsa cercò di dare una spiegazione, proponendo alcune possibilità. “Si discute fra i critici sull’origine del nome “Albania”, perché nessuna traccia si trova presso gli antichi scrittori. C’è chi sostiene che deriva dagli Albani, popoli dell’Asia che erano situati tra il Caspico e il Mar Nero, i quali, secondo questi studiosi, fondarono diverse colonie nella Macedonia e nell’Epiro”.
Ma Dorsa non è convinto di questa teoria. Infatti ci dà un'altra indicazione: “Palmerio (Graccia antiqua, Libro 1, Cap. 14), ci tramanda che l’Albania si chiama così per via delle sue alte montagne, che i Galli antichi, una volta giunti in quelle terre, chiamarono alpi nella loro lingua”. Sulla base di questa teoria, Dorsa spiega il termine riconducendolo alla natura montuosa di “quella terra”.
Lo scrittore antico Tolomeo riferisce che nella Macedonia esiste un monte Albanus, dei popoli Albani e la città Albanopolis. Lo stesso Strabone ricorda il monte Albia o Albion. A questo punto Dorsa si interroga sul “perché non puntare l’attenzione su questo indizio? Indizio solitario sì, ma splendidamente parlante. Questa per noi è come la stella polare per i naviganti dell’oceano; ed io non credo che quel nome sia appunto il principio generatore della parola Albania”.
La versione personale di Dorsa è questa: “Nel Lazio esisteva Alba, città sacra, retaggio della discendenza di Enea. I Romani venuti nella Macedonia e nell’Epiro, alla vista della città di Alba o Albanopolis, si sono spontaneamente ricordati della città, chiamata Alba, della loro patria. Perciò, per distinguerla da quella, l’hanno chiamata Alba-nia, cioè Alba nuova (nia - nuova), come appunto dissero Roma-nia, Roma-nuova la terra sede del nuovo impero[…]”.
Anche per il nome shqiptar, Vincenzo Dorsa dà la sua spiegazione: “Fra di loro si chiamano Skipetari. Questo secondo nome ci porta a σχίφος, che Eschilo spiega ricorrendo alla parola ξίφος spada, maneggiatori di spada[…]”.
Nel 1877, a Parigi, si pubblica il libro La Grèce avant les Grecs dell’autore Louis Beonlew. Beonlew cerca di spiegare la parola shqiptar dando credito alla teoria di Xylander. Inizia la sua analisi osservando quanto la parola shqiptar si avvici al verbo albanese shqiptoj (pronunciare). Ma poi abbandona qualsiasi connessione con questo termine perché ritenuta non attendibile e cerca di definire meglio la sua teoria. Beonlew avvicina la parola shqiptar alla parola shqiponja, aquila, che, come il falco, starebbe sempre vicino alla roccia, il suo habitat naturale. Roccia in albanese è shkëmbi. Se consideriamo che in albanese il falco si chiama anche petrit, questa parola ci conduce alla lingua greca petra ovvero roccia. Allora, conclude Beonlew, gli albanesi (Shqiptarët) si chiamavano, come sosteneva Xylander, “abitanti della roccia”.
Sami Frashëri invece nella sua opera "Shqipëria ç'ka qënë, ç'është e ç'do të bëhet" (Bucarest 1899), dice che gli antenati degli albanesi si facevano chiamare arbën, parola questa documentata almeno dal II secolo d.C. che però subisce un cambiamento: da arbën in arbër per via dell’abitudine che hanno i toschi (abitanti del sud dell’Albania) di cambiare la lettera n in r. Arbër o Arbën cioè coloro che lavorano la terra, da Ar che vuol dire terra, campo e bër o bën che si traduce con “fare lavorare”. Sami Frashëri collega la parola Shqipëri al nome dell’“uccello benedetto”, cioè l’aquila (shqipe, shqiponja nella lingua albanese). Frashëri considera l’aquila una vera divinità e scrive che gli antenati degli albanesi la adoravano come se effettivamente lo fosse e, un tempo, l’animale era raffigurato anche sulla loro bandiera (all’epoca della pubblicazione del libro, l’Albania era una provincia dell’impero ottomano e non aveva una bandiera propria). Tuttavia, lo studioso conclude che la parola shqipëri sembra che non sia molto antica perché gli albanesi che si trasferirono in Italia e in Grecia non la conoscevano affatto, per questo utilizzavano la parola Arbër.
Robert d’Angely nella sua opera “L’enigme” sostiene che la parola shqiptar non va oltre l’anno 1375, al contrario di quanto sostenuto da Vaso Pasha che, invece, riteneva che questa parola fosse molto antica e addirittura la riconduceva alla albanë-i, termine creato dagli albanologi moderni. Secondo d’Angely, la parola shqiptar comincia a diffondersi a causa dell’esercito di Scanderbeg che lottò senza mai essere sconfitto dai turchi. Shqiptar ovvero portatori dell’aquila (bartëse e shqiponjës, e shqipes), questo perché la bandiera sotto la quale questo esercito combatteva era la bandiera di Giorgi Kastriota (Scanderbeg), bandiera che è ancora oggi il simbolo ufficiale dello stato albanese: sfondo rosso che esalta un’aquila bicipite nera.
Anche lo studioso Aristidh Kola nel suo libro “Arvanitasit dhe prejardhja e grekëve” sostiene che il nome shqiptar ritrova le sue origini a partire dall’esercito di Scanderbeg che portava la bandiera rossa con l’aquila bicipite. Quanto ai termini Alban e Arbëresh, lo studioso sostiene che non c’è alcuna differenza. Citando due storici albanesi, Pollo e Puto, scrive che “la parola Alban ha un’origine storica, invece la parola arbëresh ha un’origine geografica”. Kola riprende la teoria che riconduce Albani, antica parola celtica, al concetto di altura.
Ovviamente questo articolo non ha pretesa di esaustività, però credo che dia un’idea sulla problematica questione dell’attribuzione del nome, specificando il complesso dibattito etimologico che sottende ai due nomi in questione (Albania e Shqipëria).
Elton Varfi