Come si sa, in Europa vige la libera circolazione delle persone e delle merci. Ma gli dei? Loro possono circolare liberamente nello spazio comune europeo? Alla domanda, solo apparentemente paradossale, tenta di dare una risposta un interessante articolo apparso sul settimanale tedesco Die Zeit e apparso in italiano su Europress, l’agenzia che traduce in ripubblica nelle varie lingue continentali il meglio della stampa europea.
L’articolo parte dall’assunto che i cittadini europei non sono abbastanza preparati ad affrontare le sfide che le religioni pongono alla società del XXI secolo, questo nonostante il vecchio continente sia la parte del mondo meno credente in assoluto. Come conseguenza, evidenzia l’articolo, non si trova strada migliore che rifugiarsi nel laicismo alla francese: “si può vietare in buona coscienza il velo nelle scuole, e poi naturalmente devono scomparire anche i crocefissi. Il diritto rende tutti uguali, cioè in questo caso: uguale sospetto, uguale controllo, uguale repressione”. Ma questa, sottolinea ancora l’articolo, non appare affatto la strada giusta. Strada che deve prendere invece il nome di molteplicità: “Come in campo economico e tecnologico, anche in merito alle concezioni del mondo l’occidente non ha più il monopolio. Non può semplicemente dichiarare a nome di tutti che la fede è morta o superata, ed è meglio tenerla fuori dagli affari terreni”.
“È vero –conclude l’articolo- la religione è pericolosa, e in suo nome è stato versato fin troppo sangue. Però può essere anche una forza di resistenza contro il dominio indiscusso e le pressioni conformiste di stato e società. Nei paesi musulmani ci si appella all’Islam per invocare giustizia, ad esempio contro il regime dittatoriale egiziano. La politica sa che la sfida con i credenti non può che farle bene – questo è uno degli argomenti per il mantenimento della religione nell’arena pubblica. Che le relazioni esistenti oggi non sono le uniche immaginabili lo ricorda ogni croce in cima a una chiesa in ogni città europea. Potrebbe essere anche la mezza luna di una moschea”.
La realtà, insomma, è sempre più complessa delle nostre semplificazioni, e non è affatto detto che questo sia un male.