Tra i più noti ex omosessuali americani c’è sicuramente Stephen Bennett, artista, cantautore e commentatore su radio, televisione e stampa, il quale ama definirsi ”marito, padre ed ex omosessuale”. Ha più volte raccontato la sua storia. Nato come eterosessuale ha passato l’infanzia innamorato della sua amica Lynn, con la quale fantasticava di avere una vita assieme. Questa cotta giovanile lo distoglieva anche dall’instabile vita familiare, con una mamma e un papà veri che bevevano e litigavano la maggior parte del tempo.
Una volta adulto, dopo un periodo di forte depressione (droga e alcool), ha trovato conforto in rapporti con lo stesso sesso. Nei primi anni ’90, dopo numerosissime storie fugaci, ha vissuto una relazione stabile: «Se guardo indietro a quel momento nella mia vita, ricordo esattamente come mi sentivo. Avevamo tutto. Eravamo in cima al mondo. Una bella casa, un cane, due gatti, grandi amici e un amore a lungo termine, un “rapporto impegnato” da libro di favole. Pensavo che, senza dubbio, saremmo rimasti insieme per tutta la vita. OK, non era esattamente come lo avevo immaginato anni prima con Lynn, ma hey, era l’uomo dei miei sogni». Ma, mentre mette per iscritto la sua storia guarda i suoi «due bambini che dormono profondamente. Anche mia moglie dorme tranquillamente, prega ogni sera per i nostri familiari ma anche per le tantissime altre famiglie e amici in tutto il paese i cui cari sono intrappolati nello stile di vita omosessuale».
Si accorge che «lo stile di vita omosessuale era un’ingannevole contraffazione della “cosa reale”. Il mio compagno ed io eravamo come i bambini nella mia infanzia di un tempo. Eravamo due uomini che pensavano di avere il mondo nel palmo delle loro mani, quando in realtà, non avevamo niente. Eravamo due anime perdute che vivono in un mondo di finzione, due ragazzi emotivamente feriti che giocano alla “casa”, disperatamente aggrappati l’uno all’altro sera dopo sera, settimana dopo settimana, anno dopo anno». Dalla sua esperienza può riconoscere che «mentre uomini e donne omosessuali in tutto il paese lottano per i loro “diritti speciali”, unioni civili e, infine, matrimoni tra persone dello stesso sesso, posso testimoniare in prima persona che queste persone stanno facendo ogni possibile tentativo per risolvere il loro conflitto omosessuale interiore. Questi sono sentimenti e pensieri che la maggior parte di loro hanno avuto fin dall’infanzia». Anche inconsapevolmente, non si accettano come omosessuali e «la loro lotta interiore per l’auto-accettazione si è trasformata in una lotta esteriore, sbagliata, per i diritti civili [...]. Instancabilmente, continuano per tutta la vita la loro ricerca incessante del loro “Santo Graal”: l’auto-accettazione. Non importa quanto duramente si cerca o per quanto tempo ci si prova, purtroppo è qualcosa che non sarà mai trovato. L’omosessualità è chiaramente l’espressione esteriore di qualcosa che vive nella parte più profonda della persona, è una questione che per molti ha avuto origine nell’infanzia».
Come dimostrato dalle ricerche sui gemelli omozigoti, l’importanza del libero arbitrio e delle abitudini sono le uniche cose determinanti nella genesi del comportamento sessuale. Inoltre, come dice Bennett, «per gli uomini omosessuali, nella maggior parte dei casi ha a che fare con la mancanza del rapporto con il padre. Per le donne, il problema può avere le sue radici nel rapporto con la madre e/o il padre o un’altra figura maschile. Per alcuni, le molestie o una precoce esperienza sessuale è stata la spinta verso lo stile di vita omosessuale. A prescindere da quali siano stati i fattori che hanno portato verso le pulsioni omosessuali dobbiamo ricordare una cosa: nessuno nasce omosessuale. Affermare che si è nati omosessuali è una tragica capitolazione, ma è anche una scappatoia». Le “ferite emotive” sono quel che «conducono una persona verso questo sentiero». Ma se vengono affrontate allora si trova la forza di volontà per abbandonare il comportamento.
Bennett questa forza l’ha trovata nel 1992, anche in seguito alla conversione cristiana. E dopo 28 anni è riuscito a riconciliare il rapporto con suo padre, «l’unico uomo il cui amore desideravo e bramavo più di tutto, i miei tanti anni di peregrinazioni e di numerosi incontri omosessuali erano giunti bruscamente al termine. E’ successo una mattina nella cucina dei miei genitori. Mio padre ed io abbiamo fatto qualcosa che non avevamo mai veramente fatto prima: abbiamo parlato. Entrambi abbiamo affrontato il passato, abbiamo dato sfogo alle nostre emozioni, abbiamo fatto domande, abbiamo capito e siamo guariti. E in un abbraccio emotivo che non dimenticherò mai, entrambi abbiamo fatto qualcosa di diverso: abbiamo perdonato. Non sono stato più lo stesso uomo da allora». La porta con l’omosessualità è stata chiusa in un istante e anche lui ha «varcato quella spaventosa soglia che tanti altri uomini e donne coraggiosi nelle mie stesse condizioni hanno varcato prima di me. E in tal modo, ho trovato qualcosa che non avrei mai immaginato, ovvero la cura per l’omosessualità: il perdono».
L’ex omosessuale americano aiuta oggi tantissimi omosessuali ad uscire dalla loro condizione: «Ho trovato la cura per l’omosessualità, è il Perdono. Dillo ai tuoi amici e alle tue amiche omosessuali. Dai loro alcuni spunti di riflessione. Non c’è dubbio che oggi sento di avere una missione: portare la verità riguardo l’omosessualità: che nessuno nasce omosessuale, che ha tutto a che fare con l’infanzia, e che il completo cambiamento è possibile. Completamente possibile. Dalle chiamate che arrivano settimanalmente da tutto il paese da parte dI uomini e donne omosessuali, vi posso dire che questo messaggio sta avendo un grande impatto … un cuore alla volta che perdona».