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L’Heimat di cui possiamo essere fieri

Creato il 26 novembre 2010 da Gadilu

L’Heimat di cui possiamo essere fieri

“Cultura” è un termine dal vasto significato. E in questa vastità è possibile persino scorgere due apparenti estremità. Così, da un lato abbiamo una concezione antropologica e collettiva, che raccoglie ogni aspetto inerente i costumi, le credenze, gli atteggiamenti, i valori, gli ideali, le abitudini ma anche le tecniche operative delle diverse popolazioni o società del mondo. Dall’altro, una concezione più individuale, più ristretta quindi, che ha a che fare con la “coltivazione” dell’animo e della sensibilità del singolo. Estremità apparenti, sottolineavo, giacché la relazione che lega l’individuo alla società non può essere sciolta o spezzata senza condannare il primo e la seconda a una condizione di negativa astrattezza.

È compito preciso degli scrittori quello di stringere assieme e rendere evidente, grazie al mezzo espressivo della lingua, il legame tra il piano individuale e quello collettivo della cultura. Per questo è possibile affermare che nell’opera di un determinato autore, quando è riuscita, quando cioè parla all’intelligenza e al cuore di chi la legge, si rispecchia la forma stessa della sua epoca e ognuno può riconoscere il nesso che congiunge le vicende narrate alla Lebenswelt nella quale ci troviamo immersi.

I libri di Joseph Zoderer – l’autore che ha compiuto ieri il il suo settantacinquesimo compleanno, celebre per il romanzo “Die Walsche” – costituiscono certamente un’opera in grado di collocare il Sudtirolo in una dimensione di ampia riconoscibilità, tale da farne un oggetto di locale introspezione ma anche un soggetto dialogante con altri contesti e situazioni. Lo testimonia la presenza dei suoi numerosi “colleghi” – da Peter Handke a Carmine Abate, da Peter Esterhazy a Nanni Balestrini – che domenica si riuniranno a Brunico per festeggiarlo, dandoci così un piccolo assaggio di cosa potrebbe significare, per la nostra terra, la nostra “Heimat”, diventare almeno per un giorno la capitale culturale d’Europa.

Già, la nostra “Heimat”. In Zoderer – ecco forse il suo merito più grande – si è progressivamente compiuta un’esplicitazione per nulla scontata di questo concetto così denso e sfuggente, anche perché purtroppo spesso declinato in senso limitato e regressivo. Con le parole di Jorge Semprun citate nel titolo di un discorso di Herta Müller (scrittrice amata da Zoderer): “la mia Heimat non coincide con la mia lingua, ma con ciò che si dice”. Se la nozione di “Heimat” viene intesa in questo modo, facendo prevalere il senso della possibilità e dello scambio su quello della realtà e dell’identità, assume finalmente contorno una cultura più dinamica e plurale, della quale è legittimo essere fieri.

Corriere dell’Alto Adige, 26 novembre 2010



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