Titolo: L'ignoranza
Autore: Milan Kundera
Editore: Adelphi
Anno: 2001
Traduzione: Giorgio Pinotti
Ci sono Irena e Josef e un viaggio di ritorno verso il Paese natale abbandonato oltre vent’anni prima. Dopo un fugace incontro a Praga, prima dell’esilio volontario dall’occupazione russa, il destino li rimette sullo stesso aereo verso i luoghi della giovinezza, ma i loro ricordi “non si somigliano”. Così mentre Irena crede di poter riprendere con lui le fila di un discorso interrotto dagli eventi, Josef – fedele alla sua vita presente – vive istanti fugaci destinati ad esaurirsi nuovamente.
Il ritorno in patria – dopo il 1989 - non sarà per loro il rientro sperato. Il tempo per chi è rimasto sembra essersi fermato, mentre per gli esuli niente è più lo stesso. E’ l’ignoranza dei cambiamenti avvenuti in quel Paese a rendere falsato ogni incontro. Così Irena ritrova una madre ancora giovane e per nulla segnata dall’occupazione, incapace di accogliere il ritorno a casa della figlia e di porle le più semplici domande.
Per Josef neppure la sua lingua gli è familiare segnando la distanza incolmabile con quel nuovo presente. Non rimane per Josef che tirare le somme di ciò che è stato e raccogliere i frammenti di ciò che è rimasto, ideologie comprese: “Oggi la gente abbandona il comunismo non perché le sue convinzioni siamo cambiate o abbiamo subito un duro colpo, ma perché il comunismo non dà più l’opportunità né di mostrarsi non conformisti, né di ubbidire, né di punire i malvagi, né di rendersi utili, né di procedere insieme ai giovani, né di avere intorno a sé una grande famiglia. Il credo comunista non risponde più ad alcun bisogno. E’ diventato a tal punto inutilizzabile che tutti lo abbandonano, senza neppure accorgersene.”
Il rientro degli esuli è l’occasione per una riflessione necessaria sulla memoria e su ciò che gli individui sono veramente in grado di ricordare. Josef e Irena comprendono presto che ciò che li accomuna non è neppure il ricordo di attimi passati condivisi. “La memoria si limita a conservare un milionesimo, un miliardesimo, insomma una infinitesima particella della vita vissuta. Anche questo fa parte dell’essenza dell’uomo. Se qualcuno potesse custodire nella memoria tutto ciò che ha vissuto, se potesse rivivere quando lo desidera un certo frammento del passato, non avrebbe nulla a che spartire con gli umani: i suoi amori, le sue amicizie, le sue rabbie, la sua capacità di perdonare o di vendicarsi o non assomiglierebbero affatto ai nostri”.
A rendere ancor più labili i ricordi, vi è la nostalgia. Più forte è lo struggimento nei confronti del passato e più i ricordi si svuotano, “perché la nostalgia non intensifica l’attività della memoria, non risveglia ricordi, basta a se stessa, alla propria emozione, assorbita com’è dalla sofferenza”.
Da esule Kundera ci racconta, con una scrittura credibile e familiare, il mondo interiore di uomini e donne nel loro quotidiano sopravvivere, vinti dagli eventi e profondamente segnati dalle emozioni.
“E come potrebbe capire il senso del presente chi non conosce il futuro? Se non sappiamo verso quale futuro ci sta conducendo il presente, come possiamo dire se questo presente è buono o cattivo, se merita la nostra adesione, la nostra diffidenza o il nostro odio?”