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L’illegittimità del canone Rai

Da Iljester

L’illegittimità del canone Rai

In questi giorni impazza sul web la notizia secondo la quale la RAI sta inviando alle imprese una lettera per invitarle a pagare il canone Rai, in virtù del fatto che sono in possesso di una connessione internet e di computer idonei a ricevere il segnale TV. A quanto pare, non è una bufala ed è dunque giusto dare un semplice chiarimento sull’increscioso problema che rischia di danneggiare ancor di più il sistema produttivo con un ulteriore e gravoso balzello, assolutamente illegittimo e ingiustificato.

Prima di tutto, se è vero che esistono due sentenze (Cassazione 2007 e Corte Costituzionale 1988) che affermano che il tributo del canone TV è fondato sul possesso di un apparecchio in grado di ricevere i segnali TV e che questo è dovuto a prescindere dall’effettivo utilizzo del mezzo, è anche vero che si tratta di una giurisprudenza discutibile e che nel caso della Corte Costituzionale è persino vecchia. Nel 1988 infatti il segnale digitale, benché presente, non si era ancora affermato come segnale di consumo, e la Consulta si all’epoca si era occupata precisamente dei segnali TV ricevuti dall’estero e via cavo. Questi sono certamente diversi dal segnale digitale che per essere idoneo a ricevere un segnale TV deve utilizzare una periferica specifica (la periferica TV) che non tutti i computer e i telefonini possiedeono. E va da sé che lo streaming non può in alcun modo essere considerato alla stregua di un segnale radiotv.

Ciò detto, passando alla norma che fonderebbe la pretesa tributaria della Rai, questo è il R. D. N. 246/38, che afferma che «chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento».

Apparentemente pare non ci sia scampo. La verità è che la norma è piuttosto vecchia ed è precostituzionale. Pertanto deve essere letta in un contesto storico ben diverso da quello attuale, in cui gli apparecchi tv non esistevano e il sistema autoritario imponeva un forte controllo — anche tramite il mezzo tributario — delle attività radio. Non a caso, la norma non parla di apparecchi TV, ma di apparecchi atti a ricevere le radioaudizioni. Se dovessimo perciò dare una prima interpretazione restrittiva del precetto verrebbero esclusi quegli apparecchi che ricevono segnali video, come le televisioni.

Ma andiamo oltre. La norma sarebbe a maggior ragione inapplicabile se si prende in considerazione il segnale digitale, ben diverso dal segnale radio (sul quale è fondata la pretesa tributaria dello Stato). Il segnale digitale infatti è un flusso elettronico di dati il cui scopo non è principalmente quello di trasmettere segnali radiotelevisivi (solamente eventuali, attraverso uno specifico adattamento tecnico non alla portata di tutti), bensì una serie di dati elaborati da un cervello elettronico con i quali l’utente può interagire materialmente. Ridurre pertanto il PC o il telefonino a uno strumento atto alla ricezione di segnali radiotelevisivi è puramente arbitrario ed è persino contrario all’interpretazione logico-letterale della norma.

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Ma a proposito dell’attività di interpretazione, è opportuna un’ultima considerazione. Qualsiasi tributarista sa bene che per tutte le norme che impongono un tributo vi è l’assoluto divieto di analogia sostanziale. A conti fatti, dunque, non è possibile estendere l’operatività di una norma tributaria per via analogica (vedere anche lo Statuto del Contribuente, secondo il quale nuove norme tributarie possono essere imposte solo per legge.

Se così è, va da sé che il tentativo di applicare per analogia il R.D. citato ai segnali tv, e peggio ai segnali digitali, è una violazione dello Statuto del contribuente e dei principi generali dell’ordinamento giuridico. Il tentativo della Rai di riscuotere il cosiddetto “canone speciale” da aziende e imprenditori sulla base di un’interpretazione analogica di fatto vietata è assolutamente illegittimo, e fanno bene le associazioni dei consumatori e degli imprenditori a contestarne la legittimità in tutte le sedi istituzionali e giudiziarie.

di Martino © 2012 Il Jester 


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