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l'immagine di sè

Da Guchippai
l'immagine di sè

pare che l'ultima frontiera in fatto di psicoanalisi preveda l'utilizzo della macchina fotografica, se non addirittura della videocamera. mi sono imbattuta in questo concetto in due occasioni diverse, ovvero nella presentazione di un pool su Flickr e in un articolo su di una rivista. ovviamente il succo della questione non ha nulla a che vedere con la fotografia in sè, nel senso che non serve a migliorare le proprie doti di fotografo, ma dovrebbe invece aiutare le persone a vedersi sotto una luce diversa, se capisco bene. la persona che per prima avrebbe scoperto questo legame è la spagnola Cristina Nuñez. fotografa professionista e reduce da una gioventù travagliata dall'uso di droghe, dopo aver applicato il metodo a se stessa ha iniziato a propagarlo, e pare che i risultati siano buoni. si tratta di spingere le persone a esplorare il proprio mondo interiore attraverso autoritratti di vario genere (prima da soli, poi in compagnia), concentrandosi appunto sulla costruzione dell'autostima. tanto per cominciare, quello che si fa è un processo di auto-accettazione che parte dal semplice fatto di guardare se stessi e le proprie espressioni, rappresentazioni dei nostri stati d'animo; guardarsi innesca un processo di oggettivazione che aiuta a capire che cosa non ci piace e a volercene liberare. quando ci fotografiamo però siamo anche un po' attori perchè è inevitabile pensare a chi, oltre noi, vedrà quell'immagine e questo ci porta a riflettere su come vorremmo che ci vedessero gli altri e a cercare i nostri punti di forza, valorizzandoli. la cosa piace e funziona, fra l'altro chi ha la fortuna di abitare a Milano può pure seguire corsi tenuti dalla stessa Nuñez, anche se in giro ci sono altri psicoterapeuti che tentano percorsi simili. per quanto mi riguarda, ho detto ancora che ho un serio problema a conciliare quello che vedo nello specchio e quello che esce dalla macchina fotografica; la cosa non penso si spieghi solo col fatto che nello specchio vedo la mia immagine speculare appunto (scusate l'orrido gioco di parole) mentre nelle foto vedo quello che vedono gli altri (a parte che non sono manco fotogenica). ho sempre avuto dei problemi ad accettarmi esteriormente; non sono bella e ho attribuito a questo fatto il totale disinteresse del genere maschile nei miei confronti, a torto o a ragione. difatti mi comunicano dalla regia che la bellezza è relativa nell'attrarre gli altri, e posso confermarlo io stessa basandomi sull'esempio di una mia vecchia amica che non era certo una bellezza in senso classico, ma cuccava alla grande. perciò forse il punto è come al solito lo stesso: l'autostima (vedi alla voce: mancanza di). nel corso del mio primo 365 project di autoritratti mi era capitato di farmene diversi, più che altro per disperazione; per la serie "devo assolutamente scattare una foto e non ho altro sotto mano". i risultati sono stati i più svariati, dall'horror all'accettabile. perchè sì, in genere su mille foto che mi scatto ne capita pure una in cui mi piaccio. poi un paio di anni fa una brava fotografa ha raccolto la sfida e mi ha fatto un vero e proprio servizio fotografico; ne sono usciti degli scatti molto spontanei, nei quali certamente non si vede una persona esteticamente bella, ma forse traspare una persona espressiva, mediamente simpatica e dalla risata facile (e quanto vengo male quando rido, mamma mia!!). nel mio nuovo progetto fotografico mensile una delle voci è proprio autoritratto, anche se non significa necessariamente che io intenda immortalare la mia faccia, anche se mi chiedo se non abbia senso cominciare a farlo in maniera più scientifica, per vedere se questa cosa dell'autostima può funzionare. che di trovarne un po' continuo ad averne un gran bisogno.


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