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Alcuni studi hanno verificato che alcuni tipi di meduse sono praticamente immortali e quindi non muoiono mai, anzi col passare del tempo ringiovaniscono sempre di più fino a ricominciare un nuovo ciclo di vita. Questo processo di ringiovanimento delle meduse sembra che sia causato da forti fattori ambientali che partecipano ai mutamenti cellulari dell'organismo. Sistematica Le meduse di dimensioni maggiori si ritrovano negli Cnidari Scifozoi, le cosiddette scifomeduse, tra le quali primeggia la Cyanea capillata, diffusa nei climi temperati ed artici, che può arrivare ai 2,5 m di diametro. Lo stadio polipoide è molto spesso ridotto, e nella Stygiomedusa e Pelagia noctiluca, specie oloplanctoniche, risulta invece assente. Nei Cubozoi, la struttura a forma di "ombrello" è di forma cubica con simmetria tetraradiale. Le cubomeduse, meduse diffuse nei mari tropicali, sono di piccole dimensioni, con al massimo i 15 cm (3 metri in estensione) delle Chironex fleckeri; tuttavia sono molto pericolose e talvolta mortali anche per l'uomo, che le ha così soprannominate "vespe di mare". Lo stadio delle meduse si trova invece assente negli Cnidari della classe Anthozoa e in alcune specie di Idrozoi (ad esempio, l'Hydra), dove in molti altri casi prevale la forma polipoide coloniale, e l'idromedusa è di dimensione e vita ridotta. Anatomia e fisiologia La forma generica di una medusa è quella di un polipo rovesciato. Può essere immaginata come un sacco leggermente appiattito, dove si riconoscono una zona superiore convessa, l'esombrella, ed una regione inferiore concava, detta subombrella, al cui centro è posta la bocca che si collega alla cavità gastrovascolare mediante una struttura tubulare chiamata manubrium. Dal margine subombrellare si propagano dei tentacoli urticanti a scopo di difesa e di predazione. Le meduse hanno il corpo composto principalmente da acqua (circa il 98%). Capacità urticanti I loro tentacoli ospitano delle particolari cellule, gli cnidociti, che funzionano una volta sola, per cui devono essere rigenerate. Hanno funzioni difensive ma soprattutto offensive (per paralizzare la preda). Esse si attivano quando vengono toccate, grazie a un meccanorecettore detto cnidociglio, ed estroflettono dei filamenti urticanti detti cnidae. Le cnidae possono essere di diverso tipo: nematocisti ospirocisti, e sono collegate ad appositi organuli, cnidoblasti che contengono un liquido urticante. Le cnidae, in genere, inoculano una sostanza che uccide la preda per shock anafilattico. Il liquido urticante ha azione neurotossica o emolliente, la cui natura può variare a seconda della specie, ma di solito è costituita da una miscela di tre proteine a effetto sinergico. Dai suoi studi, il Premio Nobel Charles Robert Richet individuò le tre proteine e le classificò come: ipnotossina, talassina e congestina. L'ipnotossina ha effetto anestetico, quindi paralizzante; la talassina ha un comportamento allergenico che causa una risposta infiammatoria; la congestina paralizza l'apparato circolatorio e respiratorio. Anche se non tutte le meduse sono urticanti, alcune cubomeduse come la Chironex fleckeri, sono particolarmente pericolose per l'uomo, in taluni casi possono causare anche la morte per shock anafilattico. Secondo Fenner & Williamson 1996 i casi mortali segnalati sono soprattutto localizzati nelle aree del Sud-Est asiatico e Oceania e nel Golfo del Messico; mentre le specie normalmente presenti nel mediterraneo non sono mai così pericolose. Per una panoramica delle specifiche azioni di ogni sostanza contenuta nelle singole specie di medusa si rimanda alla lettura dell'utile lavoro di G. L. Mariottini e L. Pane dell'Università di Genova. Le sostanze urticanti liberate dalle nematocisti delle meduse provocano: una reazione infiammatoria acuta caratterizzata da eritema, gonfiore, vescicole e bolle, accompagnata da bruciore e sensazione di dolore. Questa reazione è dovuta all'effetto tossico diretto del liquido contenuto in tentacoli di medusa (nematocisti). A volte, le meduse possono provocare lesioni cutanee ritardate nel tempo. La reazione cutanea alla medusa ritardata nel tempo rappresenta una entità clinica seria nella quale si sviluppano lesioni di tipo eczematose a distanza di giorni o di mesi dopo il contatto con gli invertebrati, in questo caso si può anche ricorrere, nei casi più gravi, a terapie sperimentali con immunosoppressori. Talvolta le lesioni cutanee hanno carattere di dermatitiricorrenti. Comunemente vengono utilizzate soluzioni diluite a base di: bicarbonato di sodio, ammoniaca o acido acetico per lenire l'effetto urticante provocato dalle nematocisti delle meduse. Un recente studio statunitense, però, ha verificato che le stesse sostanze non hanno proprietà lenitive sul dolore; al contrario, l'anestetico per uso topico lidocaina, bloccando i canali ionici del calcio e del sodio delle nematocisti, mostra un'azione inibente il rilascio delle tossine, oltre che un'azione anestetica lenitiva sulla pelle colpita. Nella terapia di pronto soccorso viene anche usato l'aceto prima di applicare un bendaggio compressivo; oppure nel casi di tentacoli di: Tamoya gargantua, una specie tropicale, il ghiaccio, ilsolfato di alluminio e l'acqua calda. Il farmaco di elezione, però, nel trattamento degli stati più gravi di reazione infiammatoria al veleno di medusa è lo steroide, che è in grado di controllare le complicanze infiammatorie più gravi. Ciclo vitale degli Scifozoi La riproduzione delle meduse è di tipo sessuale, cioè avviene per tramite di gameti che generalmente vengono emessi nell'ambiente esterno, dove lafecondazione ha luogo. Negli Scifozoi si possono distinguere varie fasi: la fase sessuale la femmina depone le uova nel mare; il maschio libera gli spermatozoi che le fecondano; dallo zigote nasce la planula, una larva che scende e si fissa sul fondale dove poi successivamente assume la forma di un polipo e prende il nome discifostoma (simile ad una attinia); La fase asessuale lo scifostoma si divide in seguito in efire, giovani meduse che diventeranno adulte. Predatori naturali delle meduse sono soprattutto i cetacei, i pesci palla e le tartarughe marine, che ormai scarseggiano nel Mediterraneo. Alcuni pesci, come i "sugarelli" nei nostri mari, sono immuni al veleno e usano le meduse come nascondiglio dai possibili pericoli, utilizzandone addirittura la cavità digerente per depositare le proprie uova, da cui nasceranno i piccoli. Il Genere Immortale All’anagrafe si chiama Turritopsis nutricula. Si tratta di minuscoli abitanti dei mari (le loro dimensioni non superano i 5mm di diametro) che, come hanno chiarito gli studiosi, potrebbero rivoluzionare il mondo scientifico. La loro capacità di controllare i propri geni ha dell’incredibile: in caso di pericolo o alla conclusione di un ciclo fertile tornano «indietro nel tempo» allo stadio «infantile» del loro svluppo, e letteralmente ricominciano da zero la propria vita. Lo zoologo Dmitrij Isonkin ha raccontato a «La Voce della Russia» la spettacolare scoperta delle capacità di queste meduse: nella scienza capita spesso che le scoperte più curiose avvengano per caso. Lo zoologo italiano Fernando Boero dell’Università del Salento ha compiuto una serie di scoperte con alcuni esemplari di medusa Turritopsis nutricula. Prima nessuno le aveva mai studiate visto il loro aspetto poco significativo e il fatto che non si erano distinte per qualcosa di particolare. Una volta Boero partendo per un viaggio di lavoro lasciò l’acquario con questi miseri abitanti senza sorveglianza. Quando tornò l’acqua della vasca era evaporata e tutti i suoi abitanti erano morti. Ma proprio qui viene la parte più interessante. Boero decise di analizzare i resti delle meduse al microscopio. Pensate alla sorpresa quando scoprì che non erano morte, tutt’altro! Erano tornate allo stadio larvale dopo essersi liberate dei tentacoli. Vennero rimesse nella vasca con l’acqua e dopo qualche tempo avvenne qualcosa di unico: le larve «morte» si trasformarono in polipi e poi dai polipi si sono distaccate le nuove meduse. Fu così che ebbe inizio il nuovo importantissimo studio delle peculiarità del ciclo vitale e della rigenerazione di queste meduse. Ora molti studiosi suppongono giustamente che le meduse-idrozoi Turritopsis nutricula siano gli unici organismi sulla Terra in grado di ringiovanire autonomamente. Possono ripetere questo ciclo un numero infinito di volte, il che le rende praticamente immortali. Ovviamente rimane la minaccia dei predatori naturali, ma a parte questo le Turritopsis nutricula sono immortali. In condizioni particolari sono in grado di violare l’equilibrio degli oceani, il che costituisce una seria minaccia. Al momento tuttavia agli studiosi interessa capire come utilizzare questi minuscoli organismi per creare la «pillola dell’immortalità». La sfida è avvincente e ha coinvolto l’umanità per tutti gli ultimi secoli. Chissà se sono proprio queste piccole meduse a nascondere la pietra filosofale in grado di regalare alle future generazioni la tanto desiderata immortalità. Fonti: https://it.wikipedia.org http://informiamo.altervista.org
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