L’importante non è vincere ma appaltare

Creato il 15 febbraio 2012 da Tnepd
“Questa è una partita Roma-resto del mondo. Come squadra-Roma abbiamo bisogno di alleanze per vincerla. Ma Roma si dichiara pronta a fare il proprio dovere e affrontare una sfida che si può vincere, nell’interesse della città e del Paese.” (Olimpiadi 2020, Francesco Rutelli (Api) 14 – 7 – 2011).

L’uomo Monti ha detto no. Più realistico di un quadro iperrealistico, Mario 9000 ha bocciato la candidatura di Roma come futura sede olimpica, negando la firma sulla garanzia finanziaria necessaria.
“L’Italia sta attraversando una grave crisi e non può permettersi distrazioni o rischi economici.” Tradotto dal linguaggio macchina, è il vecchio “Bambole, non c’è una lira (euro)”, oppure “l’Italia ha le pezze ar culo, altro che fare i cazzoni con le Olimpiadi”, scegliete voi.

Mario nega la fidejussione e, mentre campioni come Mennea dicono che è stata la scelta giusta e responsabile per questi tempi, il fascistume piange la grande occasione perduta, neanche fossero saltati i Littoriali.Ma, soprattutto, pianto a dirotto del comitato organizzatore, non tanto per la morte della pecora ma per la perdita irreparabile della lana. Ma avete visto che parterre de roi nel comitato?  Montezemolo, la Marcegaglia, Geronzi, la Caltagirone in Casini, allenatore Gianni Letta da Roma, e poi il solito soviet supremo dello sport italiano: Pescante, Carraro, Abete, Matarrese e Petrucci. Mancano solo Bertolaso, Giorgetto e Giulia Sofia. I soliti, insomma. Squadra che vince (l’appalto) non si cambia.Aperta parentesi. A proposito di Carraro, non era quello che, in occasione del Mondiale di Calcio di Giappone-Corea 2002 – che un libro ha definito il primo mondiale interamente truccato dalle mafie asiatiche delle scommesse – all’indomani della porcata di Moreno ai danni della squadra italiana aveva giurato, appena tornato a Roma, di parlare e vuotare il sacco? Stiamo ancora attendendo. Chiusa parentesi. Eh si, perché a prima vista questa storia delle Olimpiadi da tenersi a Roma nell’anno XXVI dell’Era Sfascista sembrava quella del tizio che aveva il tetto di casa sfondato, non aveva i soldi per pagare le bollette, non poteva fare la spesa perché era indebitato con tutti i negozianti della zona ma voleva a tutti i costi la piscina in giardino.Poteva sembrare la grande occasione per i sindaci su Marte che, dopo essersi frapposti a petto nudo con maschia fierezza e virile fermezza tra l’Urbe e la perfida neve invernale e illudendosi, con notevole ottimismo, di essere ancora su quella poltrona di qui a otto anni, pretendevano i Megalittoriali in mondovisione, con l’uccello del malaugurio come mascotte,  Giustamente, visto che le Olimpiadi portano solo sfiga, se guardiamo a come sono finiti i paesi che le hanno ospitate di recente. Sentite come piange Atene.Poteva sembrare insomma un puro fatto romantico e di prestigio, con il benevolo fantasma di De Coubertin che benediceva con la manina trasparente il Luca Cordero e il Gianni Letta ma, come si capisce osservando chi più rosica per il niet di Mario 9000, sono gli appalti sfumati a far bruciare di più i culi. Che le Olimpiadi siano ormai più che altro un’occasione per vampirizzare, in ogni parte del mondo, soldi pubblici a fondo perduto da parte di imprenditori bravi ad investire i soldi nostri in profitti loro, realizzando costosissime cattedrali nel deserto che dopo un anno magari cascano a pezzi, lo spiega bene questo articolo de Il Fatto Quotidiano di oggi, che riporta uno studio inglese sull’argomento:
“Dai vari studi effettuati, emerge come i Giochi della quarta fase [da Barcellona 1992 ad oggi, n.d.r.] sono spesso presentati come opportunità di rigenerazione per la città che li ospita, ma finiscono invece col diventare uno spreco di risorse pubbliche e un ottimo affare solo per le speculazioni private.”“Le Olimpiadi paiono essere un modo costosissimo di creare nuovi lavori temporanei”.
In sostanza, conclude lo studio, l’organizzazione dell’Olimpiade diventa “un vero e proprio business che, coinvolgendo in egual misura fondi pubblici e privati, comincia a generare corruzione”.Corruzione? Ha detto proprio corruzione? Non suona familiare la parola?A questo punto qualcuno dovrebbe ricordarsi di Italia ’90 e di tutto il merdaio che produsse e capire a cosa ci riferiamo. Dovremmo ripensare ai vari G8 alla Maddalena traslocati in zone fresche di  terremoto per mangiarci meglio, alla Protezione Civile che, sotto le grinfie di Bertolaso, organizzava, chissà perché, i mondiali di nuoto perché tutto diventava Grande Evento e adesso avrebbe avuto in mano l’organizzazione olimpica e dovremmo ringraziare qualche santo per lo scampato pericolo. Forse ci siamo evitati un grande, grandissimo magnamagna (videoinchiesta di Fabrizio Gatti) che ora, rimbalzando sul muro di gomma del governo tecnico, che sarà pure stronzo ma sa fare i conti, a tutti questi signori sta tornando a razzo ‘nto culu. Il problema non riguarda solo le Olimpiadi, ma tutti gli eventi sportivi ricorrenti e ed alto impatto televisivo, quindi pubblicitario, come i Mondiali e gli Europei di calcio, la Formula 1, ecc.Lo sport ormai è diventato uno strumento della shock economy, nel comparto “distrazioni”.  Lo sport diventa un mezzo per dare l’illusione ad un popolo di costruire qualcosa per il proprio futuro ma che crea benessere solo momentaneo ed arricchisce solo chi si aggiudica l’appalto. E’ la versione moderna della costruzione delle piramidi.Si realizzano circuiti nel deserto per farci correre le macchinine una volta all’anno; si erigono stadi ed impianti ultramoderni per una kermesse di un paio di settimane in paesi dove magari la popolazione vive tutto l’anno al di sotto della soglia di sussistenza. Paesi sull’orlo del default si indebitano fino al collo e danno probabilmente il colpo di grazia alla loro economia disastrata per ospitare le famigerate Olimpiadi, dove magari i loro atleti non vinceranno neppure una medaglietta, però sai che soddisfazione, oppure i Mondiali o Europei di calcio. Lo sport inoltre è sempre meno competizione cavalleresca e sempre più spettacolo,  che deve andare avanti ad ogni costo, ma proprio ogni. In nome del carrozzone che deve arrivare in città si commettono anche nefandezze di ogni tipo. Per i prossimi Europei di Polonia e Ucraina, ad esempio, si stanno sterminando i cani randagi, utilizzando anche forni crematori portatili, per ripulire le strade. E’ interessante perché successe anche in occasione di Berlino 1936. Per rendere le strade più pulite si cominciò a ripulirle dagli zingari e dagli “asociali”. Poi, alle strade pulite, ci presero gusto e non si fermarono più. Lo sport ha un lato oscuro e reazionario che lo rende facile strumento di propaganda per dittature e nuovi ordini mondiali che, grazie all’infatuazione momentanea per l’evento sportivo, fanno dimenticare perfino i loro crimini.Ricordate i tennisti italiani che volevano a tutti i costi giocare la Davis nel Cile di Pinochet, perché lo sport non deve fare politica, dicevano? Gli argentini torturati nei sotterranei degli stadi dove poi si giocarono i mondiali del 1978? I paesi orgogliosi di sfilare a braccio teso di fronte ad Adolf Hitler nel 1936 a Berlino? I fenomeni da baraccone creati nei laboratori dei paesi comunisti per dare a quei popoli un’illusione di potenza e dominio mondiale? La spartizione mafiosa di certe discipline dove vincevano sempre e soltanto certe nazioni anche quando l’uso del doping da parte dei loro atleti era fin troppo evidente? L’eliminazione periodica di certi campioni divenuti scomodi perché troppo vincenti con un metodo infallibile: far credere che solo loro siano i dopati che sporcano la purezza dello sport. Mi dispiace per quegli atleti che ancora ci credono e ci sputano sangue sopra ma lo sport, soprattutto questo sport professionistico in mano alle multinazionali, che ormai è puro bisinissi ed è afflitto da ogni tipo di marciume, dal doping degli atleti alle mafie di ogni risma che ne manipolano i risultati, non merita sacrifici economici fuori portata da parte di una collettività, per giunta in crisi.Niente Paraculimpiadi. Io non piango.

Berlino 1936 – Foto Leni Riefenstahl


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