Una foto di Henri Cartier Bresson
E' sempre piú diffuso il ricorso al giá visto, rifugio tranquillizzante per tanti fotografi, che ce lo propongono, incredibilmente premiati (e qui entreremo anche in una critica alle tante giurie sparse per il mondo, ma non é questo che ci interessa adesso) anche nei contest internazionali. E' il caso di quella fotografa premiata con un ritratto completamente ricalcato sul famoso scatto alla donna afghana di Steve McCurry, e non importa che questa nuova proposta che ritrae Bibi Aisha abbia il naso orrendamente sfigurato.
Il ripetere vecchie formule é sicuramente piú semplice che cercare una via propria, un nuovo linguaggio. Ma come contrastare questo andazzo, questa rigiditá che impedisce la libertá? La risposta é nell'educazione ad una cultura visuale.
Sin da piccolissimi, prima ancora di parlare e di apprendere il linguaggio, noi siamo abituati a pensare per immagini. Il pensiero altro non é che una serie di immagini che si susseguono.
Inoltre la facilitá di utilizzo per tutti delle nuove tecnologie e un mercato avido di invogliare al consumo, hanno fatto del nostro pianeta, uno spazio fatto di immagini.
Nonostante tutto questo peró questa realtá non é stata accompagnata da un'educazione visualeche permetta ai fruitori di disporre degli strumenti sufficienti per superare il livello di incoscienza e poter realizzare una lettura critica e interpretativa. Risultato: il no essere in grado di apprezzare un'immagine nel suo sentimento estetico e di contenuto.
Non colui che ignora l'alfabeto, bensì colui che ignora la fotografia sarà l'analfabeta del futuro. (Walter Benjamin)
Questa citazione é perfetta di quel che andiamo a significare con questo articolo, perché l'immagine contiene valori che richiedono di specifici strumenti culturali per essere compresa. E la capacitá di analisi é l'unica via per un'autentica condizione attiva nella cultura visuale.
Disporre di una cultura visuale é importante non solo ai fotografi o a chi si occupa di arti visive, quindi, ed é strumento fondamentale anche per difenderci dall'aggressione di immagini che ci vengono vomitate addosso quotidianamente.
Partendo da quest'assunto, perché un'educazione visuale non é fornita all'interno di una qualunque carriera scolastica?
Dal punto di vista fotografico, se i giovani no dispongono di un'educazione visuale, poche opportunitá avranno di diventare individui creatori di immagini interessanti, che fanno pensare, propositive, e perché no, di rottura dalle regole, perché dall'infrazione dei codici comunemente accettati emerge la personalitá e qualcosa di nuovo da dire.
E dunque, difficilmente avranno l'istinto e il coraggio di affrontare il rischio di costruire una fotografia con una propria visione, perché non hanno avuto la possibilitá di sviluppare una propria visione.
El Che e la fotografia
Conoscere la propria fotocamera é un requisito fondamentale per un fotografo, ma da solo non basta.Di recente ho ammirato degli scatti del Che Guevara, ed é la riprova che un fotografo prima di essere definito tale dev'essere innanzitutto un uomo, con la sua sensibilitá e la sua cultura, per ottenere una mirada filtrata attraverso il proprio retaggio culturale ma anche del suo vissuto.Come abbiamo detto, l'immagine vive con l'uomo da sempre. Ma la questione fondamentale é prenderne coscienza attraverso l'alfabetizzazione visuale. L'alfabetizzazione visuale é quella che ci permette di ragionare su quello che vediamo e non di accoglierlo in maniera passiva, interagire con una determinata immagine e porci delle delle domande su questo mondo visibile nel quale siamo immersi.http://feeds.feedburner.com/AlessioCogheStreepher