In margine ai "fatti" di Abuja una riflessione seria e collettiva, stamane, su di un tema che ha dell'universalità e che non guasta affatto.
Se siamo per davvero uomini e donne di buona volontà.
Perché si può fare.
E perché ne vale la candela, come si è soliti dire.
"Bisogna che il linguaggio della verità- scrive Edward Shillenbeeckx,un domenicano non conforme,prete e studioso un po' più competente di noi altri, ispiratore del Catechismo olandese e invitato come teologo al Concilio Vaticano II - accetti il vocabolario profano, non ne abbia paura, non se ne faccia un complesso.A volte basta cambiare una parola perché anche il Vangelo da incomprensibile, diventi comprensibile.Quante guerre di"liberazione" sono in atto nel mondo? Ebbene per far capire che Cristo è venuto a liberare, basta dire liberare.Non solo redimere.Voler stabilire una differenza sostanziale fra termini sacri e profani significa non avere fede abbastanza nella verità dinamica del Vangelo".
Importantissimo però è anche e sopratutto saper condividere il cammino delle persone e cioé essere attenti alle loro delusioni, alle loro domande, ai loro dubbi.
E, per persone, s'intendono tutti, proprio tutti : i poveri innanzitutto, i migranti, i detenuti,i malati, gli omosessuali, i tossicodipendenti e tutti quelli che si attendono parole "diverse", pronunciate in nome di Cristo.
Lo facciamo ?
Questa , se messa in atto,potrebbe essere una forma di etica della solidarietà, in risposta all'egoismo e alla crudeltà del mondo. Forse.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)