La battaglia tra sostenitori dell’ebook e tradizionalisti fedeli al libro di carta è – non solo in Italia, anzi, soprattutto all’estero – l’argomento culturale dell’anno, quello che accende i dibattiti, anima le discussioni e, soprattutto, pone grossi interrogativi per il futuro, dell’editoria e della lettura tutta.
Ieri sera, però, mentre l’occhio mi cadeva sulla tivù che trasmetteva l’ennesima intervista al politologo-economista-gossiparo di turno, la mia mente di raffinato pensatore è stata oscurata da un’inquietante domanda che nessuno al mondo si è ancora posto. Una volta che il digitale avrà trionfato e i libri stampati saranno oggetti per antiquari, come faranno, gli opinionisti della televisione, ad ostentare sapienza attraverso il messaggio subliminale di una enorme e sontuosa libreria messa a fare da sfondo?
Penso a Feltri, a Mieli, a Travaglio, ma più in generale e in maniera assolutamente bipartisan e trasversale (nel senso che il fenomeno non riguarda solo giornalisti o scrittori, ma una rappresentanza vasta e variegatissima di tutte le categorie che appaiono nell’etere) a tutti quei personaggi che, nel commentare la notizia del giorno, amano farsi ritrarre con una scenografia a base di volumi dal grande peso specifico, da Platone a Proust, passando per Dewey, Marx, Thackeray, Montanelli e Denis Mac Smith.
Come faranno, a far sapere a tutti i telespettatori di essere uomini che hanno letto, quando un’intera biblioteca potrà essere conservata nello spazio di una scatola di fiammiferi? Basterà tenere un Kindle sulla scrivania? Non credo proprio…
Immagino di vedere dietro le loro spalle videowalls pieni di icone con le copertine di tutti i titoli catalogati nei loro archivi, megaschermi in cui scorrono le facce dei sapienti a cui fanno riferimento, o i-pads in formato gigante che, ad ogni parola dell’intervistato, riconoscono la citazione colta e menzionano l’e-pub da cui essa è tratta.
Perché non ci sono dubbi che, tra le motivazioni che spingono i personaggi pubblici a leggere molto e a tenersi informati, la possibilità di poter poi far la ruota di pavone gigioneggiando sulla propria cultura gioca un ruolo tutt’altro che secondario.
Dunque datevi da fare, cari industriali dell’hi-tech. Inventatevi un modo per far sì che la nostra classe dirigente possa continuare ad avere tanti grandi nomi altisonanti dietro le spalle. E, già che ci siete, fate anche in modo che chi siede di fronte a me sulla metropolitana, vedendomi digitare sul touch-screen, non abbia a pensarmi un fanatico di videogame, ma che, come accadeva ai tempi in cui salivo sui mezzi pubblici con un tomo di seicento pagine in mano, capisca immediatamente quanto intellettuale sono.
Regalando ad ogni lettore la possibilità di apparire un intellettuale agli occhi degli altri, riuscirete molto meglio a vedere i vostri digital readers.
Magazine Cultura
L'importanza di avere una cultura dietro le spalle
Creato il 19 ottobre 2010 da Danielevecchiotti @danivecchiottiPossono interessarti anche questi articoli :
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