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L’importanza di conoscere la storia

Creato il 07 aprile 2014 da Propostalavoro @propostalavoro

Limportanza di conoscere la storiaSentiamo parlare di crisi economica ormai da quasi 6 anni. Molte sono state le cause addotte da più parti. Ma le crisi dei sistemi hanno ragioni profonde e gli ultimi secoli della nostra storia sembravano già contenere le stesse insidie della nostra epoca. Nella storia, ai periodi di crisi sono sempre succediti profondi sconvolgimenti sociali, sommovimenti popolari, rivoluzioni, la nascita di nuovi partiti e spesso la vittoria di movimenti estremisti o autoritari. Anche questo dato sembra contrassegnare la nostra epoca, pensiamo a quello che è successo in Francia nelle ultime elezioni con la vittoria di Marine Le Pen. E pensiamo ai nuovi movimenti anti sistema come quello di Beppe Grillo, che ha dei corrispettivi anche in altre parti dell’Europa.

Ma torniamo indietro di qualche secolo, alle origini del sistema economico capitalista. Il termine capitalismo fu coniato dall’economista e sociologo tedesco Werner Sombart (1863-1941). Per Sombart, lo spirito del capitalismo si compone di due diversi elementi: 1. lo “spirito dell’impresa” che deve coniuga la passione per l’avventura e la capacità di invenzione e l’imprenditore deve essere nel contempo conquistatore (cioè in grado concepire e realizzare progetti), organizzatore (in grado di “coordinare molti esseri umani in un’attività felice e fortunata”) e mercante (capacità nel trattare affari); 2. lo “spirito borghese” quale capacità di calcolo, di moderazione e di risparmio.

Storicamente il capitalismo si è generato dopo la scoperta dell’America e con l’affluenza di metalli preziosi proveniente dal Nuovo Mondo. In epoca moderna il capitalismo era mercantile, il commercio venne trasformato in una vera e propria impresa basata sulla figura del mercante imprenditore in grado di organizzare scambi attraverso agenti itineranti. Il capitalismo diventa industriale in seguito alla rivoluzione in Inghilterra. A partire da questo periodo con la nascita del sistema fabbrica e con le principali invenzioni scientifiche (telai meccanici; macchina a vapore 1781; ferrovia e locomotiva 1825) il mondo sociale economico comincia a cambiare producendo sviluppo ma anche enormi contraddizioni. Il progressivo spostamento nei nuovi centri urbani provocò in alcune città come Londra una vera e propria emergenza sociale. Fu proprio in questo periodo, siamo nel 1795, che venne introdotto il sistema di speenhamland, il primo esempio di salario minimo garantito. Attualmente questo stesso argomento è diventato il tema principale di alcune forze politiche. Due secoli dopo, all’emergenza sociale alcuni rispondono con gli stessi strumenti di allora.

Alla negazione dei diritti si rispose invece con le rivoluzioni. Nel XVIII secolo Rousseau identificò la sovranità con il potere legislativo trasferendolo dal monarca al popolo. Per Rousseau bisognava tornare allo stato di natura inteso come uguaglianza di diritti tra gli uomini. Attraverso il contratto sociale, per Rousseau, l’individuo diventa cittadino e si sottomette alla “volontà generale” che trasforma la molteplicità fisica degli individui in un “corpo morale e collettivo”. In un discorso del 3 dicembre del 1792, Robespierre affermò l’impossibilità per lo Stato di avere un assetto giuridico e una volontà contrari alla “volontà generale”. La rivoluzione francese realizzò la massima espansione del concetto di volontà generale, ma passò per la dittatura giacobina, per il Terrore, per gli arresti preventivi e la ghigliottina. In Inghilterra invece si scelse una via diversa, il Bill of Rights del 1689 e l’Act of Settlement del 1701 che subordinarono ogni atto del governo al parlamento. La via scelta dagli inglesi fu quella del costituzionalismo.

All’epoca già si parlava ampiamente di liberismo o di intervento dello stato nello questioni economiche e gli stati a seconda dei momenti storici hanno privilegiato l’uno o l’altro. E’ del 1776 la Ricchezza delle nazioni di Adam Smith dove parlava di libera concorrenza e della mano invisibile che regola l’economia. Ed è di questo periodo anche la rivoluzione burocratica, alla base della nascita degli stato moderni. Sebbene oggi in Italia la “burocrazia” rappresenti qualcosa di cui liberarsi, allora diventò il principale processo di razionalizzazione delle competenze basata sul sapere specializzato dei funzionari.

I problemi di allora, con le naturali differenze dovute al progresso e alla tecnologia, sono in parte i problemi di adesso. C’è chi pensa che ritornando ad un’economia più semplice, un’economia naturale (quella cioè che riusciva a soddisfare i bisogni solo della comunità in cui operava) potremmo risolvere molte disuguaglianze ed emergenze sociali. Ritornare al passato, almeno a 4 secoli fa.

Insomma leggendo le pagine della storia dell’occidente non si può fare a meno di notare che molte di quelle che ci sembrano idee nuove e rivoluzionarie in realtà esistevano già da secoli. Quello che cambia è la capacità dell’uomo di incidere sul corso degli eventi… ma non è detto che lo faccia, sempre, nel migliore dei modi. Allora volgiamo lo sguardo al passato ma senza un nostalgico rifugio in esso, proviamo semmai a tentare delle strade non battute, imparando dagli errori della nostra storia e accettando coraggiosamente le sfide della nostra epoca.

Alessia Gervasi


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