Lolita, in soldoni, è una storia di perversione e di follia. E’ la storia di un uomo attratto dalle ninfette, preadolescenti sessualmente precoci, che tormentano le morbose fantasie del nostro protagonista. Uno stile mimetico, un narratore sapientemente celato agli occhi del lettore e la mancanza di violenza e volgarità gratuita, sulla quale l’elegante penna di Nabokov getta un velo, hanno però avuto il merito di trasformare in un capolavoro una storia decisamente raccapricciante.
In L’Incantatore, invece, un Nabokov “invadente” e sornione, attraverso uno stile estremamente artificioso e compiaciuto, porta il lettore a giudicare il suo personaggio, che non viene analizzato attraverso i suoi pensieri e la sua intimità, come successivamente lo scrittore ha fatto in Lolita, ma con una vera e propria lente d’ingrandimento.
Comportamenti grotteschi, ossessioni e perversioni infatti vengono messe in luce da un narratore fin troppo presente, che non manca di far sentire la propria voce e di puntare l’accento di storture e difetti del carattere del nostro protagonista. Il lettore, quindi, viene guidato nella mente del protagonista da un narratore fin troppo compiaciuto, che sembra specchiarsi nel suo stile elegante e impeccabile, e che ha dimenticato quello che è il suo compito fondamentale: scavare nell’animo dei suoi protagonisti, gettare luce sulle loro ombre e MAI giudicarli dall’alto della propria torre d’avorio.Come distruggere un mito della letteratura del Novecento in sole 86 pagine .... Alla prossimaDiana