1. L’antefatto2. La “deviazione” di Freud dal caso dell'’Uomo dei lupi"3. Il complesso d’Edipo, chiave universale dei processi psichici (Freud e l’Uomo dei lupi)
Il famoso sogno angoscioso dell’Uomo dei lupi fu narrato a Freud nelle prime fasi dell’analisi. Immediatamente Sergei condivise l’opinione di Freud secondo la quale dietro il contenuto manifesto di quel sogno (o incubo) si celava l’enigma della sua nevrosi infantile o dell’intera sua esistenza. Ma Freud ha risolto effettivamente, come sottoscrivono acriticamente i suoi esegeti, l’enigma di questo sogno? Lasciamo, per il momento, in sospeso tale domanda, e occupiamoci di come Freud ha interpretato il sogno:
“Sognai che era notte e mi trovavo nel mio letto (il letto era orientato con i piedi verso la finestra e davanti ad essa c’era un filare di vecchi noci; sapevo ch’era inverno mentre sognavo, e ch’era notte). Improvvisamente la finestra si aprì da sola, e io, con grande spavento, vidi che sul grosso noce proprio di fronte alla finestra stavano seduti alcuni lupi bianchi. Erano sei o sette. I lupi erano tutti bianchi e sembravano piuttosto volpi o cani da pastore, perché avevano una lunga coda come le volpi, e le orecchie ritte come quelle dei cani quando stanno attenti a qualcosa. In preda al terrore – evidentemente di essere divorato dai lupi – mi misi a urlare e mi svegliai”.Sergei aggiunse questo prezioso commento: «L’unica azione contenuta nel sogno fu l’aprirsi della finestra, poiché i lupi stavano seduti, tranquilli e immobili sui rami dell’albero, a destra e a sinistra del tronco, e mi guardavano. Era come se avessero rivolto su di me tutta la loro attenzione. Credo che questo sia stato il primo sogno d’angoscia. Avevo tre o quattro anni, cinque al massimo. Da allora, fino agli undici o dodici anni, ho sempre avuto paura di vedere in sogno qualcosa di orribile». Sergei è sicuro di aver fatto quest’incubo a ridosso del suo compleanno e quindi alla Vigilia di Natale. «Il giovane aggiunge un disegno dell’albero coi lupi che conferma la sua descrizione». [pp. 35-36].Parti del materiale onirico vengono reperite da Freud in due racconti: Il lupo e i sette capretti e una storia che aveva sentito raccontare dal nonno. Il numero dei lupi – sei/sette – e la loro bianchezza si riferivano alla prima favola. Il fatto invece che i lupi fossero sui rami dell’albero, alla seconda storia. Ecco come Sergei racconta questa storiella a Freud: «Un sarto stava seduto al tavolo nella sua stanza, ed ecco che la finestra si apre e balza dentro un lupo. Il sarto gli scaglia addosso la misura – anzi no… si corregge il giovane – lo acchiappa per la coda e gliela strappa, sicché il lupo fugge via terrorizzato. Qualche tempo dopo il sarto va nel bosco, a un tratto vede avvicinarsi un branco di lupi e per evitarli cerca rifugio su un albero. I lupi dapprima non sanno che fare, ma quello mutilato, che si trova fra loro e vuole vendicarsi del sarto, propone ai compagni di montare uno sull’altro in modo che l’ultimo possa raggiungere il sarto. Lui stesso – un vecchio lupo robusto – farà da base alla piramide. I lupi seguono il suo consiglio ma il sarto ha riconosciuto il visitatore punito e a un tratto grida come quel giorno: “Acchiappate il grigio per la coda”. A questo ricordo il lupo senza coda scappa via atterrito e tutti gli altri ruzzolano a terra» [pp. 36-37].Per tutta la durata del trattamento, sebbene più volte fossero tornati sul suo significato, «solo negli ultimi mesi di cura fu possibile comprenderlo per intero, e ciò grazie al lavoro spontaneo del paziente» [p. 39]. Su questa “spontaneità” sono stati avanzati ragionevoli dubbi, giacché, ricordiamo, Freud aveva imposto un termine al trattamento, operando quindi sul paziente una indebita pressione psicologica.Il paziente trovava notevole il persistente senso di realtà che il sogno gli aveva lasciato [p. 39]. Secondo Freud, «il sogno sembrava alludere a un avvenimento la cui realtà veniva ad accentuarsi proprio per il suo netto contrasto con l’irrealtà delle fiabe». Insomma, da questo punto preciso dell’analisi, Freud fa di tutto per cancellare le tracce che possano ricondurre l’interpretazione del sogno a una scena reale, accaduta non in un’epoca assai remota, ma in una data prossima all’incubo. Per Freud il contenuto del sogno era da mettere in relazione a una fantasmatica scena primitiva collocabile in un tempo remoto, quando il bimbo aveva circa diciotto mesi.Molte critiche avanzate hanno voluto mettere in dubbio il fatto se un bambino di quell’età fosse in grado di comprendere una scena di quel tipo o che l’abbia potuto capire a distanza di anni riattivandosi nel contenuto latente dell’incubo. Confesso che a me questo aspetto non interessa affatto. Personalmente credo che sia probabile, sebbene non nei termini descritti da Freud. Il problema sul quale occorre focalizzare l’attenzione è se il contenuto dell’incubo rimandi o non rimandi alle tracce mnestiche della scena primaria, e se sia possibile (e in che misura) che tali tracce si siano riattivate, come sostiene Freud, a distanza di alcuni anni.Freud per mettere in relazione il contenuto dell’incubo e quello della presunta scena primaria è costretto a eliminare l’intero contesto entro il quale gli avvenimenti si svolgono. Si obietterà che l’inconscio è atemporale, elimina cioè le distanze temporali. Ma su questo punto ho avuto la netta impressione che Freud non prenda sul serio le paure che “divorano” il bambino. Intendo dire che le sue paure sono reali, non si pongono su un piano fantastico. Lo scarso senso di realtà che denoterà tutto il corso della sua esistenza, fino a renderlo incapace di vestirsi da solo, è dovuto proprio al fatto che egli non ha presa sulla realtà. Le sue paure sono senz’altro il prodotto di un suo mondo fantasmatico, ma nell’epoca in cui le vive, cioè alla età di quattro anni, quelle paure sono più reali delle cose che tocca. In pratica è come se il bambino, lasciandosi assorbire da questo mondo fantasmatico che percepisce più realedella stessa realtà, perdesse quotidianamente il contatto con la realtà reale, diventando, nei suoi confronti, completamente inibito.Sergei, d’ora in avanti, non dovrà difendersi dalla cosiddetta realtà reale, ma da questo mondo angoscioso che lo “divorerà” completamente. Non è sulla eliminazione della distanza temporale che occorre puntare l’analisi, bensì sull’eliminazione di ogni distinzione tra il mondo reale e quello fantastico. Le paure che divorano il bambino hanno la stessa dignità di una paura dettata da fattori reali. Occorre dunque indagare sulle origini di queste fobie, trattandole come se fossero paure reali. Quindi, se prendiamo le fobie, di cui il bambino era affetto all’età di quattro anni, per quelle che per lui rappresentavano, possiamo davvero convincerci che esse hanno avuto origine da quella scena primaria come la ricostruisce Freud? La questione sta qui: può una paura immensa avere la sua fonte in un ricordo, in un fatto accaduto in un’epoca remota? Possiamo mai credere a ciò?
Continua…
[Cito questo caso nella versione: Sigmund Freud, Casi clinici, 7, L’Uomo dei lupi. Dalla storia di una nevrosi ossessiva. 1914, Boringhieri, Torino 1977].