Fonte: Il Corriere della Sera
«Era ora». Due semplici parole per chiudere qualsiasi polemica sul nascere. Re Harald V, monarca norvegese, non ha dubbi: è un bene per il Paese che a guidare il ministero alla Cultura sia una giovane donna musulmana. Hadia Tajik, 29 anni, è stata nominata venerdì scorso durante un rimpasto di governo. Sostituisce Anniken Huitfeldt che a suo volta è andata al Lavoro.
«Nuovi valori, nuove forze, nuove idee», ha spiegato il primo ministro laburista Jens Stoltenberg che con un solo nome è riuscito a battere due primati: Tajik è il più giovane membro del governo nella storia norvegese e la prima fedele di Allah.
Un cambio di passo in un Paese ancora ferito dagli attentati di Oslo e Utoya del 22 luglio 2011. Settantasette vittime dell’odio razziale. Con il terrorista, Anders Breivik, che voleva combattere il processo di costruzione di una società multiculturale. La nomina di Hadia Tajik dimostra che questa evoluzione non si può fermare. Lei, il neo ministro, vuole che «tutti abbiano la possibilità di partecipare alle attività culturali. A prescindere dalla classe sociale cui appartengono, l’etnia o il sesso». Vorrebbe far emergere «le diversità culturali che vivono nel Paese». Proteggere le minoranze e le loro tradizioni. Ieri nel suo primo giorno di lavoro, non si è fermata un attimo. Appuntamenti, incontri, riunioni. E una gran voglia di fare, di cambiare per costruire, appunto, qualcosa di diverso.
Chi la conosce bene, spiega che Tajik è così, «una gran lavoratrice. I suoi obiettivi sono sempre stati chiari. E ora la politica viene prima di tutto». E non a caso c’è chi la definisce «stella nascente». Simpatica, sportiva («fa jogging tutti i giorni»), affabile…
«Nessuno sa molto sulla sua vita privata. Di certo non è sposata», raccontano dal quartier generale del Dna. Molto riservata, sembra non sia mai uscita con i colleghi dopo il lavoro. I lunghi capelli neri, le incorniciano il viso dai tratti orientali. Grandi occhi neri, osservano, si soffermano e a volte incutono quasi timore. «Oltre a essere molto bella, ha una grande personalità».
Nata a Strand, il 18 luglio 1983, è cresciuta nella comunità pachistana. I genitori sono immigrati negli anni ’70. Parla cinque lingue. Una laurea e un master in Norvegia. Un altro all’Università di Kingston a Londra. Legge, diritti umani e giornalismo. E per cinque anni ha lavorato in alcune redazioni. Poi nel 2006 l’ingresso in politica, come consulente del ministro del Lavoro. Un incarico dopo l’altro. Dagli uffici del primo ministro fino a quelli del dicastero della Giustizia e Pubblica sicurezza.
Lì nel 2009 ha emanato il suo primo provvedimento: consentire alle poliziotte musulmane di indossare lo hijab (un velo che lascia scoperto il volto). Ma anche nella civilissima Norvegia questo è stato troppo: la norma è stata subito ritirata a causa delle polemiche che si sono scatenate.
Nello stesso anno è stata eletta in Parlamento per la sezione di Oslo. «Fa parte di tante commissioni: la principale è quella sul welfare». Neanche a dirlo c’è quella dell’integrazione. «Non direi sia stata una nomina inaspettata», dicono ancora dal partito. Di certo c’è qualcuno che potrebbe dire «calcolata».
A un anno dalle prossime elezioni, Stoltenberg ha portato al governo una rappresentante della più grande comunità etnico-religiosa del Paese. Secondo le ultime statistiche a disposizione (dati del 2009), ci sono almeno 160mila musulmani che vivono in Norvegia, su poco meno di 5 milioni di abitanti, il 3,2 per cento della popolazione. Non stupisce che ad affrontare il nodo sulla rappresentanza delle seconde generazioni sia proprio il governo di Oslo. Le quote rose sono superate. «Nessuna legge impone che il numero dei ministeri debba essere diviso in egual misura tra uomini e donne. È consuetudine sia così», spiega Pia Gulbranvsen, nello staff del primo ministro.
Ma la nomina di Tajik ha un sapore diverso. Più che altro di apertura. Il partito di opposizione non ha criticato questa scelta, «perché sanno quanto questa donna vale come politico». Certo, alcuni gruppi di estrema destra come il Sian (Stop the Islamization of Norway), ha protestato e, su internet, ha gridato al grande complotto. Post denigratori e commenti infamanti. Insulti sul colore della pelle, sulla religione e la paura dell’Islam che si trasforma in odio. «Non è così per la maggior parte dei norvegesi». Anzi, c’è chi, come re Harald, non ha dubbi: «It was about time». Cioè, «era ora».
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