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L’India pronta a intervenire alle Maldive.

Creato il 09 febbraio 2012 da Basil7

di Beniamino Franceschini

L’India pronta a intervenire alle Maldive.

Il presidente Mohamed Nasheed. | © PTI

Ieri Il Caffè Geopolitico e il Kiwi hanno riportato una panoramica generale delle ultime vicende delle Isole Maldive. Nel frattempo, le proteste e gli scontri sono aumentati in quantità e intensità, poiché i sostenitori del presidente Nasheed (adesso in stato d’arresto presso la propria abitazione) hanno reagito contro la presa di posizione della polizia. Quello che sembrava essere un colpo di Stato piuttosto tranquillo – la decisione di Nasheed, sebbene imposta, andava nella direzione di evitare atti di violenza – si è trasformato in una dura battaglia di strada nella capitale Malè: a oggi si contano due morti e qualche decina di feriti. I sommovimenti si stanno espandendo verso gli atolli vicini e il rischio che le Maldive cadano nel totale disordine sta impensierendo soprattutto l’India.

In questo senso, è apparsa la notizia che New Delhi abbia organizzato un’apposita unità di crisi interforze che, come già accaduto nel 1988, potrebbe intervenire per evitare lo scoppio di una guerra civile, ripristinando l’ordine. Non è ancora chiaro se l’operazione indiana possa avere carattere militare o solo di polizia, ma, a quanto pare, la 54a Divisione anfibia sarebbe già stata mobilitata. Unità navali indiane, inoltre, sono vicine alle Maldive, poiché Malè ha delegato all’India il pattugliamento antipirateria delle proprie coste. Il nuovo capo di Stato, Mohammed Waheed, ha avuto ieri un colloquio telefonico con Manmohan Singh, rassicurandolo circa l’impegno per il ritorno rapido alla legalità e per la prosecuzione dei rapporti di alleanza e amicizia con l’India.

New Delhi osserva con preoccupazione l’evolversi della vicenda maldiviana, poiché, negli ultimi due anni, l’arcipelago guidato da Nasheed aveva rappresentato in Sri Lanka e Bangladesh un modello al quale ispirarsi, un punto di riferimento per la transizione verso una democrazia moderna che non ripudiasse del tutto la religione. In queste ore traspare sempre più il pericolo di una lunga e caotica instabilità nella quale le potenze straniere possano agire in direzioni opposte. In Occidente e in India si teme che le Maldive divengano uno Stato islamico nel cuore dell’Oceano Indiano. A riguardo, in molti a Nuova Delhi hanno cominciato a discutere della minaccia di un possibile rinvigorito focolaio estremista a ridosso delle proprie coste al giungere della notizia del saccheggio e della distruzione delle statue del Buddha conservate nel museo di Malè.

Nasheed ha più volte affermato che i gruppi islamisti siano stati fomentati dal rivale Gayoom, il quale ha fatto leva sull’avversione dei conservatori verso la condotta moderata del Presidente per tentare di rovesciare organi democraticamente eletti. Tuttavia, la minaccia dell’Islam radicale giunge diretta anche alla principale fonte della ricchezza maldiviana, ossia il turismo, settore che rappresenta oltre il 65% del PIL del Paese. Se Gayoom tornasse al potere, difficilmente potrebbe governare mantenendo compatto il fronte di coloro che oggi sono i suoi sostenitori, nonché i maggiori esecutori del colpo di Stato. L’ex Presidente, che già ha governato le Maldive dal 1978 al 2008, è l’artefice del sistema turistico dell’arcipelago; non potrebbe, però, proseguire con un programma di apertura agli stranieri senza scontrarsi con i gruppi musulmani più intransigenti.

La situazione, pertanto, appare molto più instabile di quanto sembrava nelle prime ore della rivolta: l’India resta in allerta e, qualora fosse deciso un intervento, l’azione sarà mirata al sostegno a Nasheed o, per lo meno, agli elementi a lui più vicini.

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