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L'indiffernza. Declino della civiltà occidentale.

Creato il 16 ottobre 2010 da Laperonza

ambulanza_180.jpgIl declino della nostra civiltà, la cosiddetta civiltà occidentale, quella – per intendersi – di Sant’Agostino, di Kant, di Leibniz e Cartesio ma anche di Pitagora e Aristotele, quella che ha generato mostri come Hitler e Stalin ma anche angeli come Ghandi e Marthin Luther King, è inarrestabile. Del resto è la storia che ci insegna che ogni civiltà vive la sua nascita, il suo apice e il suo tramonto. Siamo nella fase discendente della parabola e lo testimoniano molti fatti e accadimenti che lasciano poco spazio ai dubbi. E non mi riferisco nella fattispecie a situazioni macroscopiche come le guerre mascherate da missioni di pace, le impiccagioni di dittatori per sostituirne altri, dell’uso dello stato per fini propri, dello sciacallaggio delle povertà per arricchirsi. Mi riferisco a cronache recenti che testimoniano non tanto la violenza che ne è protagonista ma il contorno di totale indifferenza da parte di chi vi assiste, testimone casuale o semplice passante. E’ da tempo che si parla di violenze urbane in pubblico alle quali nessuno reagisce, di prevaricazioni quotidiane delle quale diventiamo presto assuefatti. Di questi giorni è la storia della povera infermiera romena vittima della violenza idiota e assurda di un giovane a tale violenza abituato. Un pugno in pieno viso ad una donna, che potrà anche avere offeso l’aggressore chissà come ma rimane pur sempre una donna di fronte a un energumeno, e si spezza la vita di un essere umano di poco più di trent’anni, madre, moglie, rilevante socialmente per quanto possa essere rilevante chiunque lavori per il bene altrui anche per uno stipendio. Ma a prescindere dalla violenza rivoltante in quanto tale e nel caso specifico, il segnale che percepisco è quello del poi. Dopo il fatto l’aggressore, l’omicida potenziale che poi diventerà effettivo, se ne va mani in tasca come nulla avesse fatto, cosa in sé raccapricciante. Ma i passanti, i testimoni, quelli che si sono per caso trovati di lì hanno continuato la loro vita con noncuranza. Noncuranza verso quel corpo esanime sul selciato. Ci sono passati accanto, quasi sopra, ed è come se non l’avessero visto. Sono passati attimi, minuti, spazi di tempo infinito dilatati dall’orrore delle immagini che immancabilmente testimoniano ormai ogni fatto della nostra vita senza che nessuno si curasse di quel corpo inerte a terra. Poi qualcuno è intervenuto. Poi. Quello che più mi raggela è la domanda: se ci fossi stato io, come mi sarei comportato? Ho paura a darmi una risposta.

Luca Craia


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