Potete metterci la mano sul fuoco: Nick Molise è uno dei grandi personaggi che la letteratura americana del Novecento ci ha portato in dono. E pensare che non ne è stata affatto avara. Eppure c'è anche lui, insieme al grande Gatsby di Fitzgerald, al Philip Marlowe di Chandler o al Robert Jordan del vecchio Hem. Anche lui tra gli indimenticabili, questo vecchio montanaro venuto dall'Abruzzo, consumato dall'alcol e dalla fatica, ignorante, insopportabile padre padrone, da prendere o lasciare.
E John Fante, già grande per molti altri libri, lo sarebbe anche solo per Nick Molise - e in ogni caso per le pagine del suo ultimo capolavoro, La confraternita dell'uva.
Giudice insindacabile in famiglia, certo. Smodato e rissoso fuori, certo. Per molti versi lo stereotipo dell'immigrato italiano. Eppure quanta umanità, in Nick Molise. L'uomo orgoglioso delle sue mani con cui - anche lui - ha costruito un pezzo di America. L'uomo da non prendere mai a modello, ma che per certi versi ha saputo lui prendere la vita per il verso giusto. Magari assieme ai suoi vecchi amici - la confraternita di altri personaggi ugualmente rissosi e insopportabili. Magari sollevando fino all'ultimo un bicchiere di vino, solo per non essere da meno, solo per sentirsi vivo.