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L’industria del corallo a Livorno

Creato il 04 gennaio 2013 da Patrizia Poli @tartina

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di Patrizia Poli

L’industria del corallo a Livorno copre tre secoli, dal seicento fino alla prima metà del novecento ed è caratterizzata da alti e bassi, da fioriture e declini, decretati soprattutto dalla concorrenza francese e giapponese.
Nasce con i primi insediamenti di ebrei a Livorno nel 1602/3. Si sviluppa presto in un fiorente commercio internazionale, che porterà poi molte famiglie a emigrare nuovamente in Inghilterra, da dove il corallo parte per l’India. Sappiamo che, sia il granduca Leopoldo sia l’imperatore Giuseppe d’Asburgo, visitano le fabbriche.
Il settecento è il secolo del trionfo del corallo, viene inventato il sistema della brillantatura con polvere di pomice e segatura, e si svolgono grandiose fiere con compratori provenienti da tutta l’Europa.
Le barche di Torre del Greco pescano il corallo in Corsica e in Sardegna e il prodotto viene venduto a Livorno. Nella fretta di arrivare al porto, e temendo di trovare il prezzo già calato, gli equipaggi rischiano di perdere la barca. Ancora oggi, chi intraprende un’azione azzardata, dice: “A varca’nfunno, a mercanzia a Livorno”. Si stabiliscono poi definitivamente da noi alcune famiglie di Torre del Greco, armatori e corallai insieme.
Napoleone affossa il commercio, ponendo una tassa sulla patente di pesca, allo scopo di favorire i corallai marsigliesi. Con l’ottocento, però, l’industria del corallo rinasce.
Per essere alla moda, i corredi di nozze devono comprendere collane, vezzi, croci fatte da orefici livornesi. Le maestranze sono quasi esclusivamente al femminile. Per montare i coralli occorrono mani piccole, svelte, e buoni occhi. Le ragazze lavorano per otto ore d’inverno e dieci d’estate, in stanzoni dalle grandi finestre, per sfruttare la luce naturale. Le livornesi sono pagate più che le colleghe al sud e gli stipendi sono gratificanti. Le fabbriche sponsorizzano opere pie e asili di carità, dove viene insegnato il mestiere alle orfanelle. I corallai sono soliti ritrovarsi al caffè Folletto, nei pressi di piazza Cavour.
Quando la Francia colonizza l’Algeria, da sempre fonte principale del corallo, dopo che quello sardo si è esaurito, a Livorno i profitti calano. Poi la Francia impone ai livornesi che pescano in Algeria di prendere la cittadinanza francese e questo dà il colpo di grazia all’industria del corallo, che si trascinerà sempre più debolmente dagli inizi del novecento fino alla sua prima metà. La concorrenza giapponese si somma a quella spietata francese, le grandi corti europee, da sempre clienti, spariscono, si susseguono guerre devastanti come quella italo turca e le due mondiali, la crisi del 29 deprime l’economia, le leggi razziali mettono in fuga le famiglie ebree.
Gli ultimi a chiudere i battenti sono i Lazzara, ma all’industria del corallo, dal seicento fino al novecento, è legato il nome di molte casate conosciute e facoltose. Solo per citarne qualcuna: i Chayes, gli Attias, i Buttel (proprietari anche di gioiellerie a Parigi), i Franco, i Palomba, i Coen.


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