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L'industria del fumetto non sta morendo

Creato il 13 giugno 2013 da Comixfactory

L'INDUSTRIA DEL FUMETTO NON STA MORENDO

Mare di folla all'ultima edizione di Napoli Comicon


Con troppa frequenza si parla della inevitabile fine (e dell'altrettanto inesorabile avvicinamento a essa) che il Fumetto si appresta a fare. Per molti tutto sembra perduto, sarà ancora questione di qualche anno, ma poi prima o poi (più prima che poi) il Fumetto dovrà abdicare, sparire dalle edicole (se non saranno già sparite queste ultime) e cedere il passo ad altri generi di intrattenimento. Non è questo quello che pensa Heidi Macdonald, editor-in-chief della webzine The Beat, che in un articolo intitolato "Breaking News: il fumetto non sta morendo" spiega:
"Negli anni '70, quando i fumetti venivano venduti nelle edicole, anche un titolo come Werewolf by night (più conosciuto nel nostro paese come Licantropus) vendeva intorno alle 50.000 copie al mese. E negli anni '80, il periodo di massimo splendore di fumetti come le Tartarughe Ninja o le bizzarre produzioni in bianco e nero le loro vendite si assestavano più o meno sugli stessi volumi... diamine, anche ogni libro artistico prodotto dalla Fantagraphics vendeva tra le 30 e le 40 mila copie. Insomma, c'era una crescita del venduto che fu vanificata dalle disastrose guerre disputate tra gli editori nei cromati anni '90, e questi eventi risalenti a 20-30 anni fa sono ancora abbastanza recenti da far sì che qualche nonno sia in grado di raccontarli a qualche giovanotto nelle serate trascorse intorno al fuoco. 
Ebbene, venti anni fa telefonavamo dai nostri telefoni fissi per invitare persone a giocare e per arrivare a casa dei nostri nonni ricorrevamo all'utilizzo di cartine stradali cartacee. Ci fermavamo da Blockbuster per vedere quali erano le ultime novità in VHS e ogni martedì andavamo da HMV per comprare i nuovi CD. 
Non potete utilizzare gli stessi parametri. Ancora sento gente che dice "se solo potessimo tornare a distribuire nei 7-11 e nei negozi di alimentari riusciremmo a salvare i fumetti!" e questo mentre la gente non compra più il cibo nei negozi di alimentari. Alcuni editori, negli ultimi anni, hanno flirtato con l'idea di riportare i fumetti nei negozi di alimentari e non è accaduto nulla. Invece abbiamo internet..." 
Parafrasando Bob Dylan, i tempi stanno cambiando e bisogna tenerne conto. Concordo con la Macdonald, intorno al fumetto non c'è mai stata, anche grazie allo sdoganamento culturale avvenuto nell'ultimo decennio e all'interesse crescente mostrato da cinema e TV, tanta attenzione come quella registrata in questi tempi. Le fiere del fumetto (ormai diffuse in numero sempre maggiore sul suolo del nostro paese) fanno di continuo registrare record di affluenza e finanche i cosplay non sono più guardati come se fossero degli alieni. Le cifre del venduto sono in decrescita, ma troppo spesso non si tiene conto del fatto che la produzione negli ultimi venti anni si è centuplicata (con conseguenza diminuzione del venduto per ogni singola testata: se è vero che negli anni '70 in Italia il giornalino dell'Uomo Ragno si assestava su un venduto di 100.000 copie ad albo è pur vero che in edicola non c'erano più di cinque periodici dedicati alle gesta degli uomini in calzamaglia; oggi le sole Panini e Lion distribuiscono almeno 30/35 mensili supereroistici, con relativo abbassamento del venduto per singola testata, ma in questo caso è la somma che fa il totale).
Per uscire dalla crisi credo che chi produce e crea fumetto debba finirla di considerare questo mezzo di intrattenimento come complementare agli altri, ma che debba, invece, considerarlo alternativo. Nel prendere un fumetto il lettore deve compiere una scelta, affinché la decisione di dedicarsi alla lettura debba essere una scelta di unicità, che si decida a leggere per trascorrere in questo modo il proprio tempo e non solo per ingannare il tempo in attesa che si accenda il computer o che inizi il proprio TV Show preferito. Il difficile compito di indurre il lettore a compiere questa scelta "esclusiva" spetta a editori e autori, cui va assegnato l'incarico di creare qualcosa in grado di comunicare a vecchie e nuove generazioni e di creare attesa e qualità. Nulla di semplice, ovvio, ma non a caso vengono definiti creatori...


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