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L'infernale Quinlan di Orson Welles. What does it matter what you say about people?
Creato il 01 dicembre 2011 da SpaceoddityNon è neanche questione di spie, di polizia o di conflitti tra i diversi Paesi confinanti, come il continuo riferimento a uno scandalo internazionale (forse un omaggio a Billy Wilder, sospetto per altro rinforzato dalla presenza di Marlene Dietrich nel cast) farebbe pensare. Abilmente giostrato tra cliché da guerra fredda, storie di contrabbando, gallerie di reietti in carriera, Touch of Evil è un capolavoro ipnotico.
Con l'aria disinvolta di uno a cui non importi niente della fotografia, con carrellate che meriterebbero una pausa per ogni inquadratura e invece ti trascinano veloce al capolinea, ma con una capacità di ritagliare le immagini come se dimenticasse di avere un copione, Orson Welles stringe lo spettatore per il colletto e lo costringe a uno sguardo a tu per tu. Solo che il regista è, appunto, un regista, non filma un documentario e non solo non dimentica la sceneggiatura, piuttosto: ne porta avanti una a prova di bomba: forse i caratteri oggi risultano prevedibili e la storia offre poche reali sorprese, ma l'uomo - un essere umano invaso di invidia e corruzione, di fedeltà e di orgoglio - vi si rivela una fonte di una profondità viscerale destinato a sopraffarsi e a essere sopraffatto.
Tra questi bassifondi, le persone si trovano isolate: incuranti di ogni barlume di solidarietà fino alla misantropia, vittime di un'intrinseca maledizione, si studiano, provano a capirsi. Le verità su ciascuno si stratificano come le maree e le onde, gli uomini e le donne rimangono un mistero esente da ogni possibile spiegazione:
He was some kind of a man. What does it matter what you say about people?
Cosa dici di una persona quando lo accusi di omicidio, quando l'unico linguaggio possibile è la truffa? Questa vertiginosa spirale di piani sovrapposti, di sospetti che rendono vana, e non regina, la ragione, culmina nella complessa e superba sequenza "multimediale" che chiude il film: nel lungo inseguimento di voci, di passi, di silenzi, di estemporanei barlumi, abbiamo più che una soluzione, uno sguardo sul mondo. Quegli occhi che sembravano non incontrarsi mai di Tanya (la Dietrich), Quinlan (lo stesso Orson Welles), Pete (Joseph Calleja) e soprattutto Mike Vargas (Charlton Heston), con in background sua moglie Susie (Janet Leigh), trovano il loro provvisorio equilibrio in un'improvvisa disarmante semplificazione. Nello spegnersi progressivo di queste inconciliabili visuali, si giunge a una verità desolata e crudele.
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