15 APRILE - Per aprire i battenti della stagione ciclistica, nel mese di marzo si corrono le grandi classiche del nord. La gara regina è la Parigi-Roubaix, una sfida a sé, per le numerose caratteristiche che la differenziano dalle altre gare. La prima edizione venne corsa nel 1896 grazie all’idea di due fratelli belgi, abitanti nel sobborgo di Roubaix, che ebbero l’idea di costruire un velodromo nella propria città, nel quale farci terminare una corsa ciclistica: nasce la Parigi-Roubaix.
Da quell’anno si sono svolte 111 edizioni; il percorso è rimasto pressochè inalterato mantenendo le caratteristiche che lo rendono unico nel suo genere: dei 254 km totali, circa un quinto è sul pavè; i tratti sulle pietre sono 27, di varia difficoltà, dei quali il più temuto per il fondo sconnesso è la Foresta di Arenberg che spesso risulta essere il più selettivo. Nonostante la conformazione pianeggiante, i tratti in pavè creano una selezione paragonabile ai tornanti di mitiche salite come l’Alpe d’Huez. Una corsa di questa tipo può offrire solo 2 soluzioni sportive: amarla od odiarla.
Gli amanti di questa corsa sono i Belgi, abituati a correre sulle pietre, che si sono aggiudicati ben 55 edizioni. Non è un caso che i detentori assoluti della corsa, con 4 vittorie ciascuno, siano proprio 2 Belgi: Roger de Vlaeminck, famoso ciclista degli anni ’70 e Tom Boonen, vincitore dell’edizione 2012 e specialista di classiche, che quest’anno non ha potuto difendere il titolo a causa di un infortunio.
Il vincitore Fabian Cancellara
Gli “haters”, ovvero quelli che la detestano sono i Francesi, che la definiscono “spazzatura per belgi”. L’edizione più ricordata è quella del 1981, anno in cui il campione del mondo in carica, il francese Bernard Hinault, che detestava la gara, cadde per ben sei volte ma riuscì comunque a vincere e arrivato al traguardo chiese in maniera provocatoria che la corsa venisse abolita…. Dopo quell’edizione, Hinault non vi partecipò più.
Per evitare le pietre, i corridori si avventurano in soluzioni estreme, come correre sull’erba a fianco del pavè, cercando i tratti meno sconnessi, ma non sempre sicuri: le forature e le cadute sono all’ordine del giorno. Gli ultimi italiani ad imporsi alla Roubaix sono stati Franco Ballerini nel 1998 e Andrea Tafi l’anno successivo. Il primatista italiano per quel che riguarda i successi, è Francesco Moser, che alla fine degli anni ’70, mise in fila tre vittorie consecutive.
L’edizione 2013 se l’è aggiudicata lo svizzero Fabian Cancellara, già trionfatore al Giro delle Fiandre la settimana precedente, mettendo così a segno il suo terzo centro nell’Inferno del Nord. Secondo si è classificato il belga Sep Vanmarcke l’unico che è riuscito a stargli in scia sino alla fine, ma nulla ha potuto contro l’esperienza dello svizzero all’arrivo nel velodromo.
Alessandro Bonazza