di Roberto Renzetti. La Spagna, provincia di Roma, nel 409 viene invasa da varie tribù barbare (svevi, vandali, …). Nel 411 i Visigoti vengono in aiuto di Roma e scacciano gli altri barbari. Da questo momento l’amministrazione di questa provincia è lasciata loro. Nel 475, un anno prima della caduta dell’Impero Romano d’Occidente, viene fondato in Spagna il regno Visigoto che, a partire dal 589, sarà interamente cristianizzato.
In soli tre anni, tra il 711 ed il 714, gli arabi musulmani del califfato Omeya di Damasco occupano la penisola iberica provenendo da Sud. I cristiani vengono respinti verso nord e lì si attesteranno in piccoli regni situati in posti strategici sulle montagne della Cordigliera Cantabrica e dei Pirenei. Nel 756 gli Omeya di Spagna si rendono indipendenti da Damasco e costituiscono il Califfato di Cordova. Questo Califfato si manterrà fino al 1031 per poi smembrarsi in tanti piccoli regni (taifas). A questa data la penisola contava al Nord i regni cristiani di León, Navarra, Aragón, Cataluña (circa un terzo del territorio) una striscia di terra di nessuno divideva questi piccoli regni dai taifas arabi costituenti la regione di Al Andalus. La debolezza militare araba avvia, nel 1045, la Riconquista che si concluderà nel 1492. Da sottolineare la conquista cristiana di Toledo del 1085, il formarsi al Nord di tre stati cristiani sempre più grandi ed aggressivi (Portogallo, Castiglia, Aragona e il piccolo Navarra). Dalla metà del XIII secolo il regno di Granada è tutto ciò che resta di arabo nella penisola. Nel 1469 Isabella I di Castiglia sposa Fernando II di Aragona dando inizio alla prima convergenza di regni ispani che in poco tempo occuperà tutta la penisola ed inizierà una impetuosa espansione in altri territori. Nel 1492 cade il regno di Granada, compiendosi il disegno di Fernando e Isabella: unificare i popoli di Spagna in nome della cristianità contro gli invasori arabi. La Crociata è portata a termine vittoriosamente e Papa Alessandro VI Borgia concede ai Re di Spagna il titolo di Re Cattolici (1494).
Da sottolineare che durante il dominio musulmano vi fu un ambiente di tolleranza con i cristiani indigeni, con i moltissimi ebrei che vivevano nella penisola da epoche remote (con alterne vicende di accettazione e persecuzione sotto il dominio cristiano-visigoto e con la piena accettazione degli arabi musulmani per l’aiuto che gli stessi ebrei avevano fornito loro nella conquista di Spagna). Non vi furono persecuzioni di nessuno verso nessuno. Vi era una sorta di divisione del lavoro che vedeva gli arabi padroni di una agricoltura che con irrigazioni avanzatissime, con l’introduzione dell’arancio, del riso, del cotone, della canna da zucchero e di molte altre piante commestibili avevano reso molto fiorente, artefici di un artigianato tecnologicamente avanzato di articoli di lusso (pelli, tessuti, ceramica), ottimi commercianti; gli ebrei gestori di commercio, prestiti e finanza, mentre i cristiani erano il popolaccio, la forza lavoro in massima parte povera ed ignorante, costituita da discendenti dei visigoti, schiavi, slavi, schiavi liberati. I cristiani vedevano con grande ammirazione gli arabi per la loro cultura, raffinatezza ed addirittura per il suono della lingua e, spontaneamente, si convertivano alla religione musulmana diventando mozarabi (arabizzati). Con il passare degli anni cominciarono a nascere musulmani nella stessa Spagna (muladì) che andava pian piano arabizzandosi. Tutti vedevano crescere il livello materiale della loro vita. Non vi erano momenti della precedente dominazione cristiano-visigota di cui andar orgogliosi. Gli stessi cristiani riconoscevano in svariati scritti la loro ignoranza rispetto allo splendore della cultura araba.
LA SPAGNA CRISTIANA
Fino alla fine del XIV secolo (più o meno in corrispondenza dello Scisma d’Occidente, 1378(0)) la situazione di tolleranza tra le varie etnie presenti in Spagna, Musulmani, Ebrei, Cristiani, si era mantenuta(1). Con l’avanzare della Riconquista delle terre della penisola in mano ai musulmani, i cristiani si impadronivano di territori sempre pia vasti ma la ricchezza, l’artigianato, il commercio, l’agricoltura restavano arabe ed ebraiche. Certo vi erano state le spoliazioni tipiche di una conquista, le razzie, … Ma l”economia’ non si razzia. Fu Papa Gregorio XI che ordinò ai Paesi d’osservanza cattolica-romana di tenere d’occhio gli ebrei per evitare che facessero proselitismo sotto pena di morte. L’Inquisizione medioevale vigilava (poco in realtà). Effetti di questa prima campagna antiebraica su vasta scala si ebbero subito. Intanto gli ebrei furono obbligati ad avere segni distintivi (un panno legato sul braccio sinistro). Iniziarono poi tutte quelle denigrazioni che spettavano a chi aveva ‘assassinato Gesù; gli ebrei avevano la coda (giuocando con la parola castigliana, ‘rabo‘ = coda ed ebraica ‘rabis‘= rabbino); gli ebrei, in occasione delle processioni del Venerdì Santo, usavano crocifiggere dei bambini e oltraggiare le ostie bucandole con degli spilli, … Il problema principale era che in realtà tutti dovevano del denaro agli ebrei, anche i potenti di Spagna, fino ai Re (come vedremo). E tutti sognavano di poter mettere mano alle loro ricchezze. Iniziarono così i linciaggi di massa (Toledo 1355, Siviglia 1391, e poi Cordova, di nuovo Toledo, Zaragoza, Valencia, Barcelona, Lerida,…), a cui si accompagnavano furti, depredazioni, confische ed espropri. Molti ebrei iniziarono a battezzarsi (i conversi). Nella toponomastica successiva vi furono i giudaizzanti, cioè coloro che avevano finto di convertirsi ma che in pratica seguivano i riti del loro antico credo, che vennero chiamati dai cristiani marrani (che vuol dire maiali). Altri nomi erano dati ai conversi da parte ebraica: gli anusim erano gli ebrei forzati a convertirsi mentre i mesumad erano coloro che lo avevano fatto volontariamente.
Arriviamo all’1 novembre 1478 quando una Bolla di Papa Sisto IV(2) concede il privilegio della gestione dell’Inquisizione al Regno di Castiglia. Isabella e Fernando sono i più puri difensori della fede cattolica-romana. A loro spetta il compito di superare l’inefficienza degli Inquisitori nominati dai vescovi. A loro riconquistare l’intera Spagna alla cristianità lottando contro ogni eresia. Isabella e Fernando fecero dell’ Inquisizione un potente strumento di lotta politica che, a lato dell’esaltazione popolare per la riconquista di Granada (iniziata nel 1481), cementò la corona di Spagna in modo indissolubile con la Chiesa (questo connubio, a parte brevi interruzioni – i periodi liberali, la Prima e la Seconda Repubblica – , è durato fino alla morte di Franco nel 1975).
L’anno 1492 è un anno chiave nella Storia di Spagna. Viene completata la Riconquista con la caduta del Regno musulmano di Granada(3) (ai musulmani di Granada viene garantita l’immunità) e le armate cristiane sono in gran parte finanziate dai prestiti che gli ebrei avevano fatto alla Corona. I Re non possono pagare questi debiti. Fanno un decreto di espulsione dalla Spagna di tutti gli ebrei che non si convertono. Naturalmente vengono sequestrati tutti i loro beni e non vengono onorati gli impegni finanziari. Molti ebrei se ne andranno dalla Spagna e vari di essi troveranno rifugio anche in Italia (Livorno, Venezia) portando il loro importante contributo di ingegno e conoscenze(4). Altri invece si convertiranno dando esca a tutte le future persecuzioni contro di essi (ogni volta che un converso ritornava benestante ecco che era un falso converso e quindi interveniva l’Inquisizione con sequestri e ‘tostature‘ – termine che ho spesso trovato al posto di rogo nei testi spagnoli). Ma il 1492 è l’anno della scoperta dell’America ed all’inizio i missionari sono piuttosto tranquilli: la teoria dominante voleva che gli indios non avessero anima. Poi alcuni teologi stabilirono che queste persone avevano anima ed allora iniziarono anche lì conversioni di massa forzate. I Re, a questo punto ‘cattolici’, non mantennero neanche i patti con i musulmani di Granada: nel 1502 iniziò la loro conversione forzata. Nel 1526 (il Re è già Carlo V di Germania, ma I di Spagna) vi furono restrizioni all’esercizio della fede musulmana nella intera Spagna e finalmente nel 1609 (Re Felipe III) anche i musulmani non convertiti furono espulsi dalla Spagna(5). Inoltre, nel 1557, Felipe II vietò ogni viaggio di studio all’estero. Ed intanto erano iniziate le rimesse di metalli preziosi, oro ed argento, dalle Americhe: dai primi anni del 1500 fino al 1580 arrivavano una media di 100 tonnellate d’oro e 100 d’argento ogni anno; dal 1580 al 1650 la media salì spettacolarmente a 1200 tonnellate d’oro e 2000 d’argento ogni anno; dopo questa data la riduzione fu drastica e fino alla metà del 1700 si ritornò alle medie iniziali(6). Queste montagne d’oro non erano mai state conosciute nel nostro continente ma non bastarono a pagare la politica espansionista della Spagna che comunque contraeva debiti per armare i suoi eserciti e la sua ‘Invencible Armada‘ (l’armada è la flotta da guerra; nel 1568 una tal flotta, appunto ‘invencible‘, andò al disastro in una tempesta sul Canale della Manica mentre tentava di attaccare l’Inghilterra). La Spagna si rivolgeva ancora ai prestiti, come per tutta la sua storia (almeno fino alla fine del secolo scorso), che provenivano da tutta Europa, dai Fugger in Germania, dai banchieri genovesi e fiorentini, dai ‘soliti’ finanzieri ebrei, …(7) L’Impero nel suo massimo splendore (fino alla Pace di Westfalia del 1648 – Re Felipe IV) comprendeva: l’intera penisola iberica, il centro-sud d’Italia (escludendo lo Stato della Chiesa), la Sardegna, il Rossellon (Francia del Sud Ovest), il Franco Contado (pezzo dell’attuale Francia tra la Borgogna e la Svizzera), il Belgio, parte dell’Olanda, il Lussemburgo, l’Artois (Francia del Nord-Est), il Milanesado (di manzoniana memoria), tutta l’America Centrale e Meridionale (escluso il Brasile e la Guayana olandese), ampie zone dell’America del Nord (tra cui la Florida, il Texas), le Filippine. È la Spagna della Leggenda Nera(8) (definizione rifiutata dagli spagnoli), la Spagna dello sterminio degli indigeni delle americhe e di ogni oppositore e/o eretico all’interno del gigantesco Impero.
Tornando un poco più indietro negli anni, al nostro tema, ricordo come avevo chiuso la parte prima del lavoro: Nel 1480 Papa Sisto IV, lo stesso della Bolla che aveva trasformato i Re di Spagna in Cattolici, dette la gestione dell’Inquisizione spagnola ai suddetti Re Cattolici (Fernando d’Aragone e Isabel di Castiglia) che da una parte combattevano le conversioni dei cristiani all’ebraismo, dall’altra erano impegnati contro i musulmani e dall’altra ancora ambivano requisire i beni degli ebrei. Iniziava il capitolo dell’Inquisizione spagnola che come struttura e funzionamento era la stessa di quella medioevale. Ecco, appunto, poiché la Chiesa di Roma non si fidava più dell’Inquisizione medioevale in mano ai vescovi, ne affidò la gestione direttamente al potere laico che aveva trasformato in cattolico, dei Re di Spagna, cattolici per legge.
Come aveva funzionato in Spagna l’Inquisizione medioevale ? In modo differenziato a seconda dei regni. Ad esempio la Castiglia, contrariamente all’Aragona, non aveva avuto l’esperienza del Tribunale dell’Inquisizione. E nessuno dei due regni aveva mai provato la durezza che a tale Tribunale impressero i Re cattolici per le differenti e complementari capacità che avevano: abile il Re, religiosa ossequiente e zelante la Regina. E l’Inquisizione per loro non fu solo un problema di sradicamento di eresie ma soprattutto una istituzione che integrava la loro politica di organizzazione ed unificazione nazionale che, tra l’altro, dette un notevole impulso al completamento della Riconquista cristiana dell’intera penisola iberica. Era quindi la Monarchia che aveva il potere di dirigere la Chiesa e con essa l’Inquisizione. In questo senso l’Inquisizione Spagnola non ebbe mai da reprimere scienziati o liberi pensatori. Il suo compito era la difesa della Monarchia medesima e con essa la Chiesa che era un tutt’uno con la prima. Il ruolo che l’Inquisizione svolse fu piuttosto da deterrente. Nella pratica si occupò di ebrei, di ebrei conversi, di musulmani, di musulmani conversi (moriscos), giansenisti, erasmisti, luterani, illuministi e poi di streghe. Si deve inoltre tenere presente che da un certo momento (1638) iniziò la persecuzione anche dei figli dei conversi e di chi aveva qualche legame di sangue con loro: occorreva realizzare una limpieza de sangre cioè una pulizia etnica (sic!). Le stesse eresie (albigesi, catari, dolciniani,…) diffusissime nel Sud della Francia non ebbero mai seguito degno di nota in Spagna. Occorre comunque dire che le peggiori efferatezze, per cui è tristemente nota l’Inquisizione, si ebbero in Spagna. Ed occorre aggiungere una considerazione sulla giustizia ordinaria. Essa era totalmente inefficiente ma i Re avevano risolto i problemi che li riguardavano mediante una organizzazione poliziesca chiamata Santa Hermandad (Santa Fratellanza) che con metodi sommari e violenti reprimeva tutto ciò che la giustizia ordinaria o era lenta o incapace a reprimere.
L’INQUISIZIONE SPAGNOLA CONTRO GLI EBREI
La bolla pontificia del 1478 fa esplicito riferimento alla necessità di reprimere con durezza l’eresia degli ebrei conversi giudaizzanti o marrani, di coloro cioè che dopo la conversione (forzata o volontaria) tornavano ai riti giudaici praticandoli in famiglia ed insegnandoli ai figli e ad altri. Per far questo il Papa concedeva ai Re la facoltà di nominare due o tre inquisitori (con un’età superiore ai 40 anni) che avrebbero goduto della potestà ed autorità del pontefice. Questo fatto rappresentava una grande novità perché, fino ad allora, la nomina di inquisitori era stata una esclusiva del Papa. Inoltre nella bolla si autorizzava di intervenire por la via del fuego contro l’eresia degli ebrei conversi. Era un’estensione legalizzata della Santa Hermandad con tribunali, sottratti agli ordinari, molto più efficienti.
Il Tribunale aveva lo scopo di salvaguardare la fede cattolica, inquisendo, giudicando e castigando. Era un tribunale ecclesiastico (lo aveva voluto il Papa) e civile (lo gestiva l’autorità civile), quindi era un tribunale misto che, come contropartita per l’autorità civile, richiedeva la difesa anche dei dogmi dell’assolutismo della monarchia. Dal punto di vista giuridico valevano ambedue i diritti, quello della Chiesa e quello dello Stato.
Passarono circa due anni per avere la prima nomina di inquisitori da parte dei Re. Furono Juan de San Martin e Miguel de Morillo (27 settembre 1480). Il primo processo, chiamato atto di fede (in spagnolo auto da fe), si celebrò il 6 febbraio 1481 (con 6 roghi) e, a partire dall’11 febbraio 1482, tutte le regioni della Spagna ebbero i loro inquisitori (Alfonso de San Cebriàn, Pedro de Ocena, Pedro Muillo, Juan de San Domingo, Juan de Espiritu Santo, Bernardo de Santa Maria, Tomàs de Torquemada) che funzionarono egregiamente: nella sola Siviglia nel mese di novembre si ebbero 288 roghi e 79 condanne alla prigione a vita. Iniziarono però subito dei problemi nei tribunali di Aragon che dedicarono il loro impegno soprattutto sui conversi per poter spillare loro denaro. Questi ultimi si diressero al Papa per protestare ed il Papa nel 1482 pubblicò un’altra bolla nella quale criticava il tribunale come sed de lucro (ormai da qualche tempo, l’Inquisizione non è mossa dal fervore per la fede e la salvezza, ma dalla brama di denaro). Il Papa Sisto IV(9) quindi sembrava fare una marcia indietro manifestando l’intenzione di revocare i poteri assegnati all’Inquisizione per riportarla sotto i vescovi. Questa posizione durò però poco perché Fernando rispose in modo minaccioso dicendo: abbiate cura di non far procedere oltre l’iniziativa [...] e date incarico a noi di occuparci della faccenda. Con queste parole Fermando riuscì a convincere il Papa, dopodiché passò alla nomina (13 ottobre 1483) del domenicano Tomás de Torquemada(10), confessore dei Re, come Grande Inquisitore (o Inquisitore Generale) di tutta la Spagna e con la costituzione del Consiglio della Suprema e Generale Inquisizione. Torquemada aveva l’abitudine di manifestarsi all’esterno sempre molto austero indossando sempre la sua tonaca e facendo professione di vegetariano. Ma aveva l’abitudine di mantenere per sé grosse quantità di denaro provenienti dalle confische, di abitare in dimore lussuose, di viaggiare protetto da cinquanta armati a cavallo e 250 a piedi. Nel 1484 vennero poi nominati gli inquisitori delegati per Aragona e Catalogna (regioni in cui questa decisione fu fortemente contestata). Il tutto era benedetto dal nuovo Papa, Innocenzo VIII, che con altra bolla del dicembre 1484, Summis desiderantes affectibus, incitava alla soppressione della stregoneria (compare esplicitamente per la prima volta) e dell’eresia, condividendo la nomina degli inquisitori. Il fine di queste decisioni era l’avere un indirizzo unico per il modo di agire dei tribunali sull’intero territorio spagnolo. E Torquemada rispose egregiamente perché tra il 1484 ed il 1488 scrisse le Ordinanze o Istituzioni che fissavano le regole che dovevano seguire gli inquisitori (coordinamento giuridico ed ordinamento processuale)(11). Di rilievo è il fatto che denunciarsi come eretico non era sufficiente per avere le attenuanti ed i benefici di legge, ma occorreva denunciare tutti i complici godendo dell’anonimato. Ciò comportò una vera lacerazione del tessuto sociale perché molti personaggi iniziarono ad utilizzare l’Inquisizione per regolare invidie ed inimicizie, per vendicarsi di chiunque avesse recato una qualche offesa, per far fuori concorrenti nella propria professione, nel commercio ed anche in amore. Dimostrare la propria innocenza diventava problema dell’accusato. Nei paesi, nei campi, nei borghi, ognuno iniziò ad aver paura del proprio vicino, del proprio amico o parente. L’angoscia era tale che si preferiva denunciarsi da soli testimoniando contro se stessi. Scrivono Baigent e Leigh che “alla fine del Quattrocento quando l’editto inquisitorio venne letto per la prima volta a Maiorca, trecentotrentasette persone si autodenunciarono; nel 1486 duemilaquattrocento fecero lo stesso a Toledo: la gente continuava a vivere in preda all’ansia, nel timore dei rivali in affari, dei vicini, persino dei propri familiari. Le delazioni erano la norma piuttosto che l’eccezione. Pare che nel decennio dal 1480 al 1490 nella sola Castiglia furono mandate al rogo, in seguito a testimonianze false, almeno millecinquecento persone, che il più delle volte non sapevano chi le aveva denunciate”. Alle iniziative organizzative delle quali ho dato un cenno si sommarono provvedimenti vergognosi e roghi: il 23 febbraio 1484 trenta persone furono bruciate a Ciudad Real; a Toledo, ancora sotto Sisto IV, saranno bruciati 2.400 marrani; sempre a Toledo, negli anni fra il 1485 ed il 1501 furono bruciate 250 persone; a Siviglia tra il 1481 ed il 1488 si ebbero circa 700 processi per giudaismo con gli imputati non contumaci (quanti ?) bruciati; a Barcellona nel 1491 vi furono tre roghi mentre duecentoventi persone furono condannate a morte in contumacia; nel 1492 a Valladolid vi fu un rogo collettivo di 32 persone. A Torquemada sono da addebitare in complesso 10.220 roghi veri e 6.480 in effigie, cioè di contumaci o già morti). Tra le migliaia di roghi accesi vi fu un episodio che dette il via al vero e proprio antisemitismo di massa che in Spagna none era mai esistito. Era il 14 novembre del 1491, due settimane prima che Granada cadesse. Cinque ebrei e sei ebrei convertiti furono condannati al rogo ad Avila e fin qui siamo nella tragica normalità. L’accusa inventata per loro fu quella che scatenò l’antisemitismo di cui dicevo e che ancora oggi viene ripetuta contro gli ebrei: gli undici erano stati condannati per aver profanato un’ostia e per aver crocifisso un bambino cristiano al quale avrebbero popi strappato il cuore. E perché questi scemi avrebbero fatto queste cose ? Ma per utilizzare un rituale magico che neutralizzasse il potere dell’Inquisizione e per far impazzire fino alla morte tutti i cristiani. L’Inquisizione fece conoscere queste cose in tutte le città della Spagna, traducendo anche il processo nelle lingue locali. Il fine era da un lato mostrare che i conversi continuavano a frequentare ed intrattenevano legami con i non conversi e dall’altro di far vedere che insieme essi cospiravano contro lo Stato rappresentato dai cristiani offesi nella loro fede.
Il crimine del bambino crocifisso addossato agli ebrei
Il 31 marzo del 1492, il fatidico anno negativo della Spagna, fu emanato dai Re cattolici il decreto di espulsione dalla Spagna degli ebrei (Decreto de la Alhambra o Edicto de Granada)(12) preparato da Torquemada ma spinto da nobiltà e clero contro una borghesia emergente. Gli ebrei, dopo una proroga, dovevano abbandonare la Spagna entro il 2 agosto del 1492, stesso giorno della partenza di Cristoforo Colombo verso la ricerca di una nuova strada verso le Indie. La non partenza significava l’immediata condanna a morte. Gli ebrei ebbero delle condizioni di favore per i loro beni. Gli stessi reali si offrivano come mediatori per fornire agli espulsi delle letras de cambio (una specie di cambiali) poiché una legge proibiva l’esportazione dalla Spagna di metalli preziosi (oro, argento), monete, armi e cavalli. Anche se non esplicitamente detto nell’editto, era evidente che la conversione avrebbe evitato l’espulsione e, viste le condizioni, molti tra i più ricchi, quelli che avevano più beni evidentemente non trasportabili, decisero di convertirsi. Le stime su coloro che abbandonarono la Spagna sono complesse e studi diversi fanno variare il numero degli esuli da 50 mila a 200 mila. Gli espulsi si diressero in Navarra (da dove furono espulsi anni dopo), nelle Fiandre, nel Nord Africa, nell’Impero Ottomano, nelle Americhe ed in Italia. L’economia spagnola pagò molto cara questa scelta perché quella borghesia era in condizioni di mettere in moto un primo capitalismo che nobiltà e clero neanche potevano immaginare fu invece solo utile ad arricchire corona ed Inquisizione dei molti beni espropriati.. Fatto d’interesse è che questa espulsione, qualche anno dopo (dal 1510) iniziò a creare problemi tra la corona di Spagna e la Chiesa. Molti ebrei imprigionati a Siviglia venivano scarcerati se pagavano grossissime somme alla corona. Fu qui che intervenne la Chiesa chiedendo quella gran mole di denaro per sé, con liti che portarono a vere e proprie crisi diplomatiche.
L’editto di Granada di espulsione degli ebrei dalla Spagna
Dopo l’espulsione le persecuzioni contro gli ebrei che restarono, convertiti o no, durò ancora senza praticamente terminare. L’ultimo rogo di un ebreo in piazza avvenne a Cordova nel 1818, si trattava di un ritorno breve alle pratiche inquisitoriali nel periodo della Restaurazione di Fernando VII iniziata nel 1814, dopo una parentesi liberale di due anni, perché in Spagna l’Inquisizione fu abolita da Napoleone il 4 dicembre 1808 che provvide al sequestro di tutti i suoi beni. La tolleranza religiosa fu introdotta nella Costituzione spagnola il 6 giugno 1869.
Riguardo ai numeri, a quanti cioè furono vittime dell’Inquisizione, siano essi stati ebrei o mori, vi è una grande incertezza perché fino agli anni avanzati del regno di Carlo V non vi era censimento in Spagna. Si potrebbe risalire a quante persone vi fossero dalle tasse che però erano pagate da nuclei familiari e quindi occorrerebbe un qualche fattore moltiplicativo. Ma vi è un’altra difficoltà perché alle etnie di ebrei e mori venivano richieste tasse per comunità (ad esempio al capo della comunità ebraica di Valencia si richiedeva di pagare annualmente una data quantità di denaro). Qualcuno ha provato a fare un conto di questo tipo: la Spagna, sul finire del Quattrocento, aveva circa 6 milioni di abitanti, distribuiti per tre quarti in Castiglia ed un quarto in Aragona. Valutando in un 10% ebrei e mori si hanno seicentomila persone. Ci si può fidare di un tale conto ? Non ho elementi né per sostenerlo né per negarlo. Si può invece convenire sul fatto che quasi tutti gli ebrei ed i mori furono cacciati (per gli ebrei espulsi vi sono studi recenti come quello di Edwards, che li indicano tra i 70 ed i 100 mila) o bruciati o incarcerati e, data la persecuzione ad una persona essa ricadeva ed è di fatto ricaduta sui figli per varie generazioni.
L’INQUISIZIONE SPAGNOLA CONTRO I MORI
Per analoghe traversie dovettero passare i musulmani. Fernando ed Isabella, come accennato, avevano di mira la riunificazione della Spagna alla quale nel 1483 mancava ancora il solo regno musulmano di Granada (il regno di Navarra sarà associato solo nel 1512). La conquista della città e la caduta di tale regno si ebbe dopo assedi, battaglie e promesse solo nel 1492 (il 2 gennaio). La resa della città avvenne dopo che fu promesso ai musulmani una protezione da parte dei regnanti cattolici e dei loro successori di ogni proprietà, di ogni costume e di ogni pratica religiosa degli abitanti di quel regno (ai musulmani che restarono in Spagna, in regni dominati da cristiani e sotto legislazione cristiana, si dette il nome di mudéjares. La parola è di derivazione araba e vuol dire domestico o addomesticato). La speranza neanche troppo nascosta era che vi fossero delle conversioni spontanee al Cristianesimo. L’arcivescovado che fu creato a Granada ebbe un primo vescovo estremamente tollerante, Hernando de Talavera che per parlare meglio con quelli che sarebbero stati i suoi fedeli imparò l’arabo e non forzò la situazione pur desiderando che le conversioni iniziassero. Le conversioni erano però osservate dai reali e dall’arcivescovo di Toledo, Francisco Ximenes de Cisneros (confessore di Isabella) che non erano soddisfatti della lentezza con cui avvenivano a Granada. Gli stessi reali, in visita a Granada nel 1499, rimasero negativamente colpiti dall’ambiente troppo musulmano che si respirava ancora in città, anche dal punto di vista degli abiti, degli usi e costumi. Fu Cisneros che impose la conversione forzata dei musulmani con brutale violazione dei patti e con rivolte immediate che poi furono utilizzate per affermare che i patti fatti a Granada erano stati violati dai musulmani. Nel 1501 venne emanata un’ordinanza che proibiva ai musulmani del resto della Spagna di andare nelle terre dell’ex regno di Granada per evitare che i Nuovi Cristiani convertiti subissero contaminazioni da parte di ex correligionari. Nel 1502 seguì l’inevitabile conseguenza: un’altra ordinanza venne emanata, la Prágmatica del 14 febbraio 1502, nella quale in sintesi si diceva che poiché il regno di Granada era stato completamente ripulito da musulmani risultava ora scandaloso ammetterli in altri luoghi della Spagna. L’ordinanza quindi imponeva che da lì a qualche mese i mori di Castiglia e Leon dovevano abbandonare quel regno, a meno di conversione (la quale avrebbe trasformato spregiativamente i mori in moriscos). Erano esonerati solo i giovani fino a 14 anni e le giovani fino ai 12 anni. Lo straordinario dell’ordinanza era che i mori suddetti non avrebbero potuto recarsi né in Navarra né in Aragona né nel Nord Africa e ciò implicava che erano espulsi senza sapere dove andare. A meno di non intendere che si voleva la conversione forzata, come in realtà era. In Aragona, regno d’origine di Fernando, che godeva di autonomia e che aveva un suo parlamento, non si fece uguale ordinanza ed i mori riuscirono a non essere toccati fino al 1520 quando scoppierà una guerra civile tra borghesia e nobiltà per la successione sul trono di Spagna che poi sarà di Carlo V di Germania (o Carlo I di Spagna) nipote dei Re cattolici per parte di madre (Juana la loca, cioè Giovanna la pazza, figlia di Fernando ed Isabel). Cinque anni dopo la sua incoronazione ad Aquisgrana, nel 1525, Carlo V emanò un editto che metteva al bando tutti i musulmani dall’Aragona, Catalogna e Valencia. Conseguenza di ciò furono, anche qui, le conversioni forzate di massa e, ai conversi, in questo caso e come già detto si dette il nome di moriscos. Osserva Turberville: “Gli ebrei e i Maomettani vennero scacciati; ma al loro posto subentrò un gran numero di eretici potenziali, gente educata nella fede e nelle tradizioni di Mosè o dell’Islam, che nella maggior parte dei casi avevano accettato il Cristianesimo con riluttanza, solamente per sfuggire alla morte o all’esilio. Stando così le cose, essi non avevano alcuna ragione per amare o venerare quella religione che, di fatto o virtualmente era stata loro imposta; per di più, la maggior parte di essi aveva ricevuto una ben scarsa istruzione nei principi e nella dottrina cristiana; sicché era loro assai facile deviare dal credo e dal rituale della nuova religione. Se poi si tiene presente che questi nuovi membri della Chiesa Cristiana, specialmente i Conversos Ebrei, erano molto spesso oggetto di sospetti, gelosie e avversione, ci si può render conto di quanto grave fosse per loro il rischio di cadere nelle mani di un tribunale creato per mantenere l’incontaminata purezza della fede.
Che il Cristianesimo di molti dei Conversos si riducesse a una patina superficiale è senza dubbio vero. La religione dei loro antenati 1′avevano nel sangue; non era qualche cosa che potesse essere gettato via con un atto di volontà. Continuavano a praticare in segreto i riti ai quali erano stati abituati, tributavano al Cristianesimo soltanto quell’ossequio formale e quell’apparenza esteriore, che erano necessari per salvarsi. Anzi, sembra che alcuni abbiano addirittura immaginato che fosse sufficiente un mero conformismo nominale: perciò presero meno precauzioni di nascondersi, di quello che non fosse prudente. Avevano grossolanamente frainteso la situazione. La Chiesa era ben decisa a non permettere la continuazione di pratiche ebraiche o musulmane sotto un lieve sembiante di Cristianesimo a nessuno che (quali che fossero stati i motivi per accettarlo) avesse ricevuto il battesimo”.
L’espulsione dei mori da Valencia, da un dipinto di Pere Oromig
Per parte sua l’Inquisizione aveva elaborato questi successivi pensieri e norme: prima del 1522 riteneva che i battesimi forzati non fossero validi. Nel 1522 iniziò un dibattito in proposito finché, nel 1525, stabilì che i battesimi erano validi e, in simultanea, a sostenere l’assoluta irragionevolezza del mantenere dei musulmani non convertiti (mudéjares) in Spagna. Ed in questo si ebbe perfetta convergenza con l’editto di Carlo V sulle conversioni forzate. A partire dal 1526 la religione musulmana non esisteva più ufficialmente in Spagna: tutti i mudéjares erano stati trasformati in moriscos. In dicembre 1526, mentre già 15.000 suoi famigerati Lanzichenecchi, al comando del generale Giorgio di Frundsberg facevano manovre nella pianura padana preparando il Sacco di Roma del 1527, Carlo V scriveva al Papa Clemente VII dicendo che la conversione così fatta non fu del tutto volontaria in molti di loro e dopo di essa non sono stati dottrinati, istruiti ed insegnati della nostra santa fede cattolica. Sempre in quell’anno i dirigenti dei moriscos di Aragona ottennero dalla corona e dall’Inquisitore Generale Manrique un accordo segreto secondo il quale, a fronte del pagamento di 40 mila ducati, si garantiva loro che non sarebbero stati perseguitati dall’Inquisizione per 40 anni. Ma l’Inquisizione, e come no ?, seguitò le persecuzioni con il fine di mettere mano alle terre che i moriscos avevano in concessione. Ma qui sorgevano problemi perché quelle terre erano di proprietà dei nobili e toglierle ai moriscos era toglierle ai nobili. I nobili reagirono contro l’Inquisizione che pretendeva anche il loro disarmo, denunciandola al Re che concesse proroghe. Il mantenere le armi fu la vera salvaguardia perché in Valencia dove i nobili non avevano ottenuto ciò, l’Inquisizione aveva razziato tutte le terre.
Nel Regno di Granada, dove i moriscos erano circa la metà della popolazione, vi fu una più sottile spoliazione. Poiché in molti casi i moriscos non avevano titoli di proprietà per terre che coltivavano da centinaia di anni, venne loro richiesto tale titolo. Chi non lo aveva vedeva le sue terre confiscate. Ciò comportò che tra il 1559 ed il 1568 oltre 100 mila ettari di terre passarono dai moriscos ai funzionari cristiani. Non soddisfatti di ciò che provocavano intorno i preti convocarono un sinodo a Granada nel 1565. In esso stabilirono che i moriscos erano convertiti ma la loro antica fede era così profonda che di fatto non l’avevano dimenticata e quindi era inutile considerarli conversi e seguire evangelizzandoli. L’unica cosa da fare era una repressione radicale. E si specificava in che modo: i moriscos non potevano più usare la loro lingua, il loro vestiario, la loro letteratura, i loro balli ed i loro riti tradizionali; le loro case dovevano essere periodicamente ispezionate; la giustizia doveva essere più severa; i bambini dovevano essere educati senza l’influenza negativa dei genitori. Queste proposte furono subito accolte dalla Corona che nel 1567 emise un decreto in tal senso. Inoltre si iniziarono a propagare notizie relative alla sicurezza della Spagna con tali personaggi in circolazione. Costoro sarebbero stati in contatto con la Turchia e con il Marocco per organizzare una invasione della Spagna; vi erano dei banditi nel nord che attaccavano i cristiani; erano in contatto amichevole con pirati africani che attaccavano le coste spagnole. Queste persecuzioni portarono ad una rivolta dei moriscos (levantamiento de Alpujarras) che iniziò con 4000 partecipanti la notte di Natale del 1568 e durò due anni, raggiungendo il suo massimo sviluppo nel 1569 con 30 mila rivoltosi. Regnante Felipe II, il Re della peggiore figura della storia con l’Invincibile Armata affondata nella Manica, vennero mobilitati 20 mila uomini di truppe scelte che operavano nelle Fiandre per sterminare i rivoltosi. Furono anche utilizzate espulsioni (1 novembre 1570) di 50 mila moriscos dalle terre di Granada verso la Castiglia, l’Andalusia Occidentale, l’Extremadura. Durante le espulsioni si calcola che un quarto circa delle persone morisse. La regione di Granada perse 120 mila moriscos o espulsi o ammazzati. Le terre che lasciarono furono occupate da 50 mila cristiani provenienti da varie parti dell’Andalusia, che però non erano in grado di portare avanti i metodi avanzati di coltivazione che venivano in precedenza utilizzati. Erano inoltre pigri e privi di ogni valore morale, come affermò il gesuita Pedro de León, confrontando i nuovi arrivati con i vecchi proprietari. Ciò significò il disastro economico per quella regione che in complesso perse un 30% di popolazione con l’altro 70% che vide abbassarsi drasticamente il livello, già basso, di vita.
L’espulsione dei mori da Alicante nel 1609 di Pere Oromig e Francisco Peralta.
Vi furono altre conseguenze da queste deportazioni di massa. La Castiglia che nel 1501 aveva circa 20 mila mudéjares si ritrovò a fine secolo a circa 100 mila moriscos con la conseguenza che anche i castigliani iniziarono a conoscere le tensioni fra comunità che fino ad allora non avevano avuto. Anche qui iniziarono scontri e violenze di modo che nell’arco del XVI secolo si generalizzarono gli scontri in tutta la Spagna, scontri che prima riguardarono interessi economici di cristiani, che dalle montagne ambivano le terre coltivate dai moriscos, e poi diventarono razziali. Dietro tutto ciò vi era sempre l’Inquisizione pronta ad intervenire dovunque vi fossero tensioni per reprimere i moriscos che rivendicavano un qualche diritto. In tutto il XVI secolo degli interventi dei tribunali dell’Inquisizione circa il 70% erano contro moriscos. Tanto erano perseguitati che i nobili proprietari terrieri dovettero intervenire non per amore dei moriscos ma perché le loro terre deperivano. I terratenenti si rivolsero all’Inquisizione chiedendo di essere più blanda. Ottennero risultati ma i moriscos inquisiti dovevano pagare. Si conoscono alcuni dati: nel 1565 in Aragona i moriscos dovettero pagare 17.800 reali; a partire dal 1571 a Valencia dovettero versare 2.500 ducati l’anno. Scrive Kamen (1995): “Anche se alcuni moriscos furono assimilati ed arrivarono ad essere veri cristiani, quasi tutti continuarono ad essere in conflitto con la fede ufficiale. A Granada e Valencia si continuava a parlare arabo, la circoncisione era comune, il clero musulmano circolava tra la gente. In cambio, in Castiglia e gran parte di Aragona la coesistenza con la comunità cristiana aveva diluito le pratiche tradizionali e la sopravvivenza dell’Islam si doveva più alla solidarietà comunitaria ed alla trasmissione orale dei costumi. In generale ai moriscos ripugnava la Trinità ed il carattere divino di Gesù, sentivano inoltre avversione ai sacramenti del battesimo, la penitenza e l’Eucarestia. Gran parte dell’ostilità era diretta specialmente alla figura del sacerdote, che era il loro principale contatto con il cristianesimo; da ciò i feroci assassinii di preti durante la rivolta di Alpujarras (regione vicina a Granada). Si mantenevano tutte le pratiche esterne dell’Islam: le preghiere, il digiuno del Ramadán, i lavacri rituali e la proibizione di determinati alimenti”.
L’espulsione dei mori dal porto di Denia di Vicente Mostre
Ebbene, ognuna di queste pratiche, a partire dal sinodo di Guadix del 1544 (che formalizzò pratiche precedenti), venne giudicata eretica e si applicò anche ai moriscos lo statuto della pulizia etnica (limpieza de sangre) che si era applicato agli ebrei. Fu negato ai moriscos l’accesso alle professioni liberali e ad incarichi pubblici tra cui il diventare sacerdoti (era accettato solo qualche medico). Ciò impedì loro di migliorare le condizioni sociali. L’agricoltura rimaneva loro solo in quanto risultavano insostituibili. Le loro terre erano le meglio irrigate e le più redditizie. In zone remote come l’Extremadura riuscirono a mettere su comunità prospere. Tanto prospere che terre con un valore di circa 125 mila ducati venivano comprate dal Re Felipe II con un prezzo di rapina di 30 mila ducati (e la comunità che aveva creato tali terre risultava di nuovo espulsa e diventava errante per terre di Spagna). In definitiva, pian piano, i moriscos decidevano di ritirarsi verso il Marocco. Vi era un altro aspetto che creava molta paura tra i cristiani, il tasso di crescita dei moriscos rispetto al loro, dovuto anche al fatto che le giovani di quella etnia si sposavano molto giovani rispetto alle cristiane. Come risolvere questo problema ? Vennero fatte varie proposte: togliendo i bambini ai moriscos, proibire i matrimoni, castrare i giovani (proposta fatta dal vescovo Martin Salvatierra) ma alla fine l’espulsione si rivelò la più praticabile (proposta di Felipe II al Consiglio di Stato, del settembre 1592 ed accettata dalla Chiesa e dall’Inquisizione). L’opposizione dei nobili proprietari terrieri di Valencia e di Aragona ritardò di qualche anno l’applicazione della misura tanto che i gesuiti potettero gridare ai nobili (1608) di essere dei tiranni per impedire la cristianizzazione vera dei moriscos. In effetti i nobili non pensavano che ai loro interessi e preferivano una minoranza reietta da poter pagare poco a gente evoluta in qualche modo. Il decreto di espulsione arrivò definitivamente il 4 aprile del 1609 (erano esclusi quanti certificati dalla Chiesa come veri cristiani – anche se spesso non si tenne conto di ciò – ed i bambini minori di 6 anni) e non per la conversione dei nobili ma perché vi era stato un aumento di produttività durante il XVI secolo tale che chi, come la Chiesa, prendeva una percentuale sulla rendita delle terre (la decima) ne usciva beneficiato, chi aveva invece una rendita fissa (come la gran parte dei nobili) andava piano piano a non guadagnare a sufficienza per pagare i debiti (ad esempio, a fine secolo nella zona di Valencia, mentre la rendita dei nobili si moltiplicava per 4, quella della Chiesa si moltiplicava per 16). La nobiltà valenciana a fine secolo doveva dedicare un terzo delle sue entrate per pagare le tasse e non riusciva a compensare le perdite proprio perché l’affitto della terra era una quantità fissa che gli pagavano i moriscos. Con questa situazione economica, lo sbarazzarsi degli affittuari risultava conveniente (si sarebbero poi potute riaffittare le terre a rendita variabile). Su 300 mila moriscos presenti in Spagna, 300 mila furono espulsi dalla marina e dall’esercito verso il Marocco, Tunisi, Istambul, Salonicco (entro il 1614). Fu un disastro economico: da una parte decadde la produzione agricola e dall’altra gli introiti di tasse da parte dello Stato. Tutto questo da sommare alle spese di guerre continue, alle epidemie, ai cattivi raccolti.
Con l’espulsione dei moriscos seguita a quella degli ebrei, come ha scritto lo scrittore messicano Carlos Fuentes, la Spagna, nel 1492, messa al bando la sensualità con i mori e l’intelligenza con gli ebrei, si avviò alla sterilità per i cinque secoli successivi.
Ho seguito con qualche dettaglio le vicende in cui era impegnata l’Inquisizione in Spagna fino all’espulsione definitiva dei moriscos seguita a quella degli ebrei. Cosa accadeva nel frattempo fuori di Spagna ? Nel 1517, quando era Papa Leone X, Lutero affiggeva le sue Tesi e nel 1536 Calvino iniziava la sua separazione dalla Chiesa di Roma. La ribellione di Lutero partiva proprio dalla vendita delle indulgenze che, dopo i precedenti vergognosi di altri papi, con Leone X erano diventate un affare osceno e diabolico con un vero e proprio listino di vendita vomitevole, la Taxa Camarae del 1517 (andare a leggerle queste indulgenze per credere ai livelli di degenerazione raggiunti dalla Chiesa non confrontabili con altri despoti assassini del mondo intero in tutta la sua storia). Iniziava la Riforma della quale mi occuperò nella Parte Terza di questo lavoro.
CONTRO LUTERANI, ERASMISTI, GIANSENISTI E MASSONI
Riguardo a persecuzioni diverse da quelle attuate contro musulmani ed ebrei, debbo dire qualcosa, molto in breve (non dimenticando le immancabili persecuzioni contro gli zingari e gli omosessuali delle quali però non mi occupo per mancanza di documentazione). I Luterani ebbero un’attenzione da parte dell’Inquisizione ma fu un qualcosa più per far discutere di un fenomeno elitario che serviva soprattutto a nascondere le azioni criminali continue contro ebrei e musulmani. Poca roba insomma. I protestanti in Spagna furono cancellati in solo una trentina d’anni (rispetto alle centinaia d’anni impiegati con le altre etnie) e con solo qualche centinaio di morti (si diventa molto cinici a trattare di serial killer). Il primo ordine contro i protestanti fu del 1521 quando l’allora Inquisitore Generale, Adriano di Utrecht, stabilì il sequestro di libri luterani anche se alcuni luterani, come Erasmo, avevano degli ammiratori negli stessi ambienti ecclesiastici. Intorno al 1530 non solo Erasmo era diventato pericoloso, ma anche i suoi ammiratori iniziarono a rischiare. Insomma la presa in giro da parte di Erasmo del clero tanto ubbidiente quanto ottuso sembrava soprattutto diretta ai preti e frati spagnoli molto più zelanti dei corrispettivi tedeschi ed italiani. E quella critica trovava d’accordo le persone di cultura, anche spagnole, ed anche tra i preti ed i frati colti ed aperti. Venne chiesto quindi di proibire Erasmo e di dichiarare eretiche alcune sue proposizioni andando a colpire le persone colte di Spagna che avevano apprezzato le critiche non perché erano luterani ma perché si conosceva il livello infimo della quasi totalità di preti e frati spagnoli.
Veri luterani spagnoli si ebbero tra gli spagnoli operanti fuori dalla Spagna per le informazioni in più che avevano. In Spagna vi furono due sole città che conobbero marginalmente il fenomeno: Siviglia e Valladolid. Il primo riformatore spagnolo che finì al rogo, Francisco de San Roman, era originario di Burgos. Viaggiando in Europa era entrato in una chiesa luterana di Anversa dove iniziò a convertirsi fino al punto di divenire un fanatico propagandatore di Lutero. Carlo V, vigile sul suo impero ed anche molto bigotto, lo fece arrestare a Ratisbona e tradurre in Spagna. Qui fu ammazzato dalla folla armata di spade mentre si recava al rogo (brasero). In complesso fino a metà Cinquecento i protestanti incappati nell’Inquisizione in Spagna furono un centinaio, i quali risultarono quasi tutti stranieri. Un grande rogo di protestanti (non più di 18 persone), che richiamò molto pubblico, si ebbe a Siviglia il 24 settembre del 1559. Un altro rogo si ebbe l’anno successivo con 14 tostature. Altri roghi (1562, 1564, 1565) si ebbero con stranieri (inglesi e fiamminghi) ed alcuni videro sequestrate le loro navi con le quali importavano di nascosto testi luterani. A Valladolid l’iniziatore del movimento protestante fu l’italiano De Seso che si recò in Spagna con molti libri luterani facendo propaganda. Il 21 maggio 1559 un grande rogo sulla piazza di Valladolid mise fine a De Seso ed ai convertiti. Ma il processo più importante e che dette molto da discutere in Spagna e fuori fu quello contro un importantissimo e notissimo arcivescovo cattolico, Bartolomé Carranza, accusato, forse per invidia da un suo avversario (Valdés), di essere un luterano. Era un grande studioso ed aveva una forte personalità. I suoi guai iniziarono nel 1558 con al pubblicazione del suo Commentarios sobre el catechismo cristiano, testo nel quale l’Inquisizione spagnola trovò proposizioni eretiche. Questo fatto insieme ad altri elementi che scavando furono messi insieme, spinsero gli inquisitori a chiedere al Re Felipe II l’arresto di Carranza che regolarmente, dopo l’arresto, fu tradotto al carcere di Valladolid (1558). Il processo però languiva, anche perché Carranza non era un poveretto, e ciò comportò una lunga permanenza in prigione, fino al 1567. Da Roma, nel 1565, Papa Pio IV aveva inviato dei giudici che a latere di quelli spagnoli sbrogliassero la questione. Non essendo riusciti nell’impresa, nel 1567, Papa Pio V inviò dei messi per far si che il giudizio si trasferisse a Roma. Anche qui il processo andò avanti fino al 1576 senza arrivare ad una conclusione ma, almeno, Carranza era prigioniero negli appartamenti del Papa a Castel Sant’Angelo. Solo con il Papa Gregorio XIII si arrivò alla sentenza di assoluzione (dopo 18 anni di galera) previa abiura di 16 proposizioni sospette di eresia che si trovavano nel suo libro. Non fu però rilasciato ma costretto a restare nella casa dell’ordine domenicano in Piazza Santa Maria sopra Minerva. Diciotto giorni dopo la sentenza, Carranza morì togliendo il disturbo ed il Papa (che brava persona !) gli eresse un monumento sulla tomba che fu realizzata proprio nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva. A parte questo caso si può certamente dire che nel 1565 il fenomeno del luteranesimo indigeno era finito in Spagna.
Ugualmente marginale fu l’intervento inquisitorio contro i Giansenisti. Il Giansenismo nacque nei Paesi Bassi e si diffuse in modo preoccupante la corona in Francia durante il regno di Luigi XIV. Nella Spagna, quasi del tutto impenetrabile ad ogni novità, ebbe una diffusione marginale che non si sarebbe neppure notata se non fosse stato per l’acerrima avversione verso questa ideologia dei gesuiti ancora potenti in Spagna prima della loro espulsione da parte di Carlo III nel 1767. Alla repressione dei giansenisti si aggiunse quella ai massoni subito dopo che il Papa Clemente XII nel 1738 ebbe individuato nella massoneria un’eresia molto perniciosa da sradicare con un forte impegno sia dell’Inquisizione che dei vescovi. Ma anche la massoneria in Spagna non era riuscita a penetrare più di tanto e solo in qualche persona colta con conoscenze all’estero. Solo poche logge massoniche furono fondate e soprattutto dal 1760 quando vi fu l’interessamento personale di Cagliostro.
Altro fenomeno che interessò l’Inquisizione spagnola fu quello dei mistici che, come si può arguire, non si sa mai bene se sono cattolici in estasi o eretici in fieri. L’Inquisizione intervenne in questi casi ma in modo episodico e marginale. Anche la stregoneria fu argomento che occupò l’Inquisizione spagnola ma prima di passare a discutere quest’ultimo aspetto debbo fermarmi a fare una riflessione. Anche qui, facendo cinico, posso dire che se l’Inquisizione si fosse occupata solo delle questioni dottrinarie, di salvare cioè l’ortodossia cristiana e cattolica, si sarebbe trattato di un qualcosa di tollerabile. Ma, oltre i casi già visti vi era qualcosa di sottile che ampliava a dismisura il suo ambito di azione. Faccio un esempio per far capire meglio. Il peccato di fornicazione è all’interno dei comandamenti e spetta al confessore decidere l’assoluzione di tale peccatore. E’ un fatto di Chiesa per il quale non serve l’Inquisizione. Ma l’Inquisizione riuscì ad entrare anche in queste cose nel modo seguente. Occorreva stabilire se si fornicava sapendo che era peccato o se si fornicava ritenendo che non fosse peccato. Il primo caso era del confessore, il secondo dell’Inquisizione. E chi lo stabiliva ? Ma l’Inquisitore ! E quanto qui detto per un particolare peccato valeva praticamente per tutti. Ma particolare rilievo lo ebbe contro la bigamia per distinguere tra chi ammetteva la poligamia ritenendola non peccato e chi invece aveva più donne peccando contro i comandamenti(13).
CONTRO LE STREGHE E LA MAGIA
Fino al 1326, le supposte streghe e maghi vari, vissero abbastanza tranquilli. Era in vigore un regolamento ecclesiastico, il Canon Episcopi dell’872, elaborato in Renania e poi recepito nel Decretum Gratiani del 1147, la più importante raccolta medioevale di diritto canonico. In tali documenti si sostiene che le streghe non esistono, che le loro suggestioni sono provocate dal diavolo e che chi crede alla loro esistenza ed ai loro poteri commette peccato. Si dà perciò incarico ai vescovi ed ai sacerdoti di predicare per estirpare completamente dai fedeli tali erronee credenze. Le streghe possono solo entrare, con l’aiuto del diavolo, in incantesimi che provocano la sterilità e solo di questo possono essere accusate. Come accennato, questa posizione cambiò nel 1326 con la bolla Super illius specula di Papa Giovanni XXII. In essa si estesero le cose orrende che le streghe potevano fare con l’aiuto del diavolo. Tutti i riti delle streghe vedevano la presenza del diavolo quindi le streghe erano eretiche e come tali andavano perseguite dall’inquisizione ecclesiastica. Questa bolla aprì la strada ad un capitolo delle persecuzioni che produsse crimini inenarrabili. La pratica dell’astrologia era molto diffusa in Spagna (in realtà era ed è diffusissima nel mondo intero) dove donne, ebree e musulmane, andavano in giro a guadagnarsi da vivere facendo oroscopi, leggendo la mano, prevedendo il futuro e la fortuna, preparando pozioni per allontanare la mala sorte o il malocchio, il raccolto ed il bestiame. Non vi era alcun ostacolo a questa pratica. Con Giovanni XXII le cose iniziarono a cambiare e, attraverso varie successive norme, si arrivò agli inizi del Quattrocento quando la stregoneria fu definita con precisione a livello teologico. Esistono le streghe ed i loro sortilegi, i loro voli notturni, i loro incantesimi, tutto realizzato con l’aiuto del diavolo per ciò le streghe sono eretiche e devono essere condannate al rogo. Quanto detto fu sancito da un’opera di due domenicani tedeschi, Heinrich Kramer e Jacobus Sprenger, il Malleus Malleficarum (Martello delle streghe), del 1486 che era un trattato di demonologia nel quale si indagava la presenza del diavolo tra gli uomini e le sue complicità con le streghe, delle quali si elencavano tutti i possibili malefici e le pratiche perverse, con a lato il modo di operare in sede di tribunali dell’Inquisizione contro le streghe (ed i maghi). Da quest’opera inizia la caccia alle streghe che vedrà stragi orrende ed inenarrabili in tuta l’Europa del Cinquecento e Seicento (ma anche oltre). Ed in Spagna ciò coincise con l’avvento dei Re Cattolici e con la bolla pontificia citata del 1484, Summis desiderantes affectibus, di Papa Innocenzo VIII. Quindi la stregoneria era un’eresia e su di essa il Sant’Uffizio chiese ed ottenne l’esclusiva giurisdizionale nella repressione. Anche se in Spagna era un’eresia di serie B. I procedimenti dei processi erano analoghi a quelli per eretici ebrei e musulmani con una importante differenza: qui non vi era la tortura. Inoltre la stregoneria come tale non ebbe alcuna rilevanza rispetto a quella che ebbe invece in Germania ed Inghilterra. Due soli casi di stregoneria in Spagna meritano attenzione: quello del frate Froilán Díaz confessore del Re Carlo II d’Asburgo e del medico Torralba (citato nel Don Chisciotte).
Il primo caso nacque perché il Re non riusciva ad avere discendenza pur essendo certo il suo confessore e medico (dal 1698) frate Froilán Díaz che non era impotente (la sua prima moglie Maria Luisa d’Orleans era morta nel 1689 senza aver avuto figli ed egli l’anno seguente si era risposato con Maríanna Palatinado-Neoburgo). Si sospettò che vi fosse stato un sortilegio contro di lui. Si sapeva che in quegli anni vi era un gruppo si suore in Cangas de Onís che si diceva fossero indemoniate e che per la loro bocca parlasse lo stesso diavolo. Il frate pensò che la cosa migliore fosse chiedere allo stesso diavolo qual era l’incantesimo che era stato fatto al Re ed il modo di curarlo. Il vescovo diceva che il Re era malato e non soggetto ad incantesimo e quindi dovevano essere i medici a curarlo e non i sacerdoti. Ma il frate non volle sentir nulla e chiese a frate Antonio di Cangas de Onís, che viveva nel convento delle suore, di mettersi sul petto della carta con i nomi del Re Carlo e di Marianna, che avrebbe dovuto avere un figlio da Carlo, e di chiedere al diavolo se una di quelle due persone era posseduta dal diavolo. Frate Antonio accettò con entusiasmo e per realizzare quanto gli era stato chiesto prese la mano di una suora indemoniata, la pose sull’altare e chiese al diavolo chi era soggetto ad incantesimo. La suora indemoniata, con una voce d’oltretomba (e come no ?), rispose che era Carlo e che l’incantesimo si era impossessato di lui quando aveva 14 anni a seguito di una cosa che aveva bevuto che gli ha distrutto il seme con cui generare. Per scacciare il maleficio il re doveva bere a digiuno un bicchiere di olio benedetto. Il Re accettò di curarsi in tal modo ma non migliorò. Si ricorse di nuovo al diavolo che disse che l’incantesimo era stato fatto il 3 aprile del 1675 con una tazza di cioccolato (con dentro un intruglio di cose che si leggono nei libri dell’orrore decadente) da una donna che voleva governare al posto suo. Occorreva oltre al bicchiere di olio benedetto ungergli il corpo con lo stesso olio e tenerlo lontano dalla Regina Marianna. Non accade ancora nulla ed il diavolo fu ancora consultato. Disse che Carlo era sano e che occorreva cambiargli le lenzuola ed i materassi, allontanarlo da Madrid e cambiargli medico e non volle più dire nulla. Si seppe però chi era la donna che aveva fatto l’incantesimo, tal Isabel. Fu rintracciata e sottoposta ad esorcismo. Poi gli esorcismi furono estesi allo stesso Carlo con il risultato che il poveretto aggiunse alla sua debole salute anche una debolezza mentale sempre maggiore tanto da farlo svegliare di notte e gridare per strane apparizioni che aveva. Alla fine di tanti tormenti durati due anni, Carlo II morì nel 1700 all’età di 39 anni senza avere discendenza propria e lasciando la corona a Filippo V d’Angiò motivo per il quale iniziò una lunga e dura guerra di successione. Per ciò che riguarda frate Froilán Díaz, la Regina Marianna venne a sapere che era stata coinvolta nell’esorcismo e pretese dal marito, nel 1699, il suo allontanamento dalla corte. Il Re lo inviò alla diocesi di Avila ma, prima che prendesse possesso del suo nuovo incarico, il suo successore come medico a corte lo fece arrestare dall’Inquisizione con l’accusa di eresia ed incarcerare a Valladolid. Ma il tribunale dell’Inquisizione sentenziò che non vi era motivo per l’arresto. Il frate riuscì a scappare a Roma dove fu fatto di nuovo arrestare e traslare in Spagna dove fu assolto in un secondo processo, finché il Santo Uffizio non lo rinchiuse definitivamente in un convento di Madrid. La morte di Carlo II sostenuta dalla casa Borbone contro quella degli Asburgo, fece cambiare il Grande Inquisitore (Mendoza) che simpatizzava per gli Asburgo e quindi perseguiva il frate Froilán Díaz. Quest’ultimo fu liberato e riabilitato dal nuovo Tribunale dell’Inquisizione.
Carlo II che non può avere figli
Il secondo caso era quello del dottor Eugenio Torralba sul quale dico poco perché davvero non vale la pena seguire storie simili alla precedente. Un frate domenicano del XVI secolo dichiarò di aver regalato un diavolo di nome Ezechiele al dottor Torralba, medico dell’ammiraglio di Castiglia. Due cardinali, quello di Volterra e quello di Santa Croce testimoniarono di aver visto Ezechiele con il quale avrebbero avuto conversazioni intime in cui Ezechiele spiegò di essere stato una specie di angelo custode per tutta la vita di Torralba. Il Tribunale di Cuenca, in cui si svolse il processo il 29 gennaio del 1530, sentito della bontà di Ezechiele, assolse Torralba.
Si potrà notare che la stregoneria qui non ha avuto spazio se il massimo del racconto può girare intorno a fatti del tutto insignificanti.
IL PERICOLO DEI LIBRI
L’invenzione della stampa a caratteri mobili fatta da Gutenberg intorno al 1450 diventò il principale nemico della Chiesa. La cosa peggiore che può accadere ad un regime chiuso, violento, criminale ed ottuso è la circolazione delle idee ed in breve tempo la stampa fu il veicolo su cui le idee iniziarono a camminare velocissimamente. Già nel 1501 Papa Alessandro VI, che da capo della Chiesa aveva capito tutto, richiese ai vescovi tedeschi di essere estremamente vigilanti e di combattere gli abusi che si potessero realizzare con l’invenzione fatta nel loro Paese. Se ci si sofferma a chiedersi quali abusi si possono fare con la stampa si capisce bene che sono solo quelli della circolazione del pensiero e delle idee. In proposito vi fu anche un apposito decreto del V Concilio Laterano (1512-1517) aperto da Papa Giulio II e chiuso dal Papa Leone X, quello della spudorata vendita delle indulgenze (Taxa Camarae, già citata). Si tratta del decreto pubblicato da Leone X il 4 maggio 1515 ed emanato sotto forma di Bolla, Inter Sollicitudines, che riguardava la censura preventiva dei libri, la cui stampa doveva essere autorizzata dalla Chiesa, a pena di scomunica (è la nascita dell’imprimatur). Ricordo qui di passaggio una cosa che riprenderò nel successivo articolo, a solo sei mesi di distanza da questo Concilio vi sarà la pubblicazione delle 95 tesi di Lutero che portarono alla Riforma. I tanto eminenti papi e cardinali non avevano capito nulla e fatto nulla contro un’operazione che tutti sapevano nell’aria.
Il rogo di 600 libri ordinato da Torquenmada nel 1490
Già nel 1502 i Re Cattolici (altrimenti perché cattolici ?) avevano già messo in atto quanto la Chiesa deciderà 13 anni dopo: nessun libro poteva essere stampato, importato o venduto in Spagna e nei territori spagnoli
senza una preventiva autorizzazione e licenza scritta. Restava fuori l’Inquisizione ed il tutto doveva andare a carico dei tribunali laici. Ma Torquemada era stato più lesto dei Re (perché più cattolico ?) in quanto già nel 1490, in un processo dell’Inquisizione aveva organizzato un rogo di 600 volumi contenenti, a giudizio del Tribunale, eresie ebraiche e d’altro tipo. Ufficialmente l’Inquisizione spagnola, con l’inquisitore Adriano di Utrecht, si prese in carico il controllo dei libri nel 1522, a seguito della bolla di Leone X alla quale ho accennato. I libri proibiti dovevano essere consegnati all’inquisizione per essere pubblicamente bruciati. E gli Editti di Fede, per i quali gli eretici dovevano essere denunciati all’Inquisizione dovevano essere estesi ai libri di modo che i buoni cattolici che avessero letto un qualunque libro con dentro qualcosa che potesse essere ritenuta eretica, dovevano immediatamente denunciarlo. Il libro passava a degli esaminatori (calificadores) che dovevano dare il loro responso al Tribunale Supremo con il giudizio di proibizione, di espurgazione o di assoluzione. Perché tutto ciò fosse efficace e non si dovesse procedere più volte sul medesimo libro in diversi tribunali, fu necessario compilare un elenco di libri proibiti. Fu Carlo V che richiese una prima lista all’Università di Lovanio nel 1546 e qui una gran parte era dedicata ai testi luterani tra cui molte Bibbie prive di commento e quindi eretiche. Cinque anni dopo l’Inquisizione spagnola arricchì tale lista prima di pubblicarla in Spagna (Censura Bibliorum). Visto poi che vi era un gran contrabbando di testi luterani verso la Spagna, non tutti figuranti nella lista, l’Inquisizione spagnola decise che occorreva ripartire da zero con un proprio elenco di libri proibiti (Index Librorum Prohibitorum) ad imitazione di quanto era stato fatto a Roma dalla Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione, sotto Papa Paolo IV, nel 1558 (e di questo parlerò nel prossimo articolo). Naturalmente nell’Index dovevano comparire le Bibbie prive di commento e quelle scritte nelle lingue nazionali (in volgare), in grado cioè di essere lette dalle persone senza l’intemediazione del commento di preti e frati. Nel 1559, con la fervente collaborazione del medico e filosofo, ebreo converso, Francisco Sánchez, vide la luce l’Index spagnolo che dovette subito essere aggiornato in un’opera, Indici Quiroga (dal nome del Grande Inquisitore dell’epoca), in due volumi (il primo dei libri condannati ed il secondo di quelli da espurgare) del 1583 e 1584 realizzata dall’Università di Salamanca. E poiché per loro caratteristica e per fortuna tali indici invecchiano rapidamente, ne furono pubblicati altri nel 1612, 1632, 1640, 1707, 1747, 1790 (Indice Ultimo). Fatti gli indici occorreva vigilare e ciò si realizzò con improvvise perquisizioni in case private e con le perquisizioni estremamente accurate di ogni mezzo (nave o carro) che trasportasse merce in Spagna dall’estero. Per la parte navale la cosa era così lunga che spesso si ebbero addirittura proteste diplomatiche per i costosi ritardi che comportava la perquisizione minuziosa. Ma non vi fu nulla da fare.
E’ vero che molte opere proibite ad esempio in Italia (come Galileo, ad esempio) non lo furono in Spagna ma è altrettanto vero che il clima era plumbeo. E Turberville afferma che “la produzione letteraria e la ricerca scientifica furono entrambe talmente scoraggiate che la Spagna in misura non piccola venne tenuta isolata dalle correnti intellettuali del mondo esterno.
E NELLE AMERICHE …
Le Americhe, per parte loro, furono solo considerate, dai Re Cattolici e successori, territorio di conquista, di rapina, di massacri. Ho già detto che poiché i nativi erano considerati senza anima, come animali, non incorrevano in nessuna repressione da parte dell’Inquisizione. Questa operava sugli spagnoli che andavano lì ad operare. Solo più tardi, purtroppo per le vittime, la teologia decise che anche gli indios avevano anima e qui iniziarono i massacri per convertire chi era distante anni luce dal capire cosa potesse essere Gesù, la Trinità. l’Eucarestia e la transustanziazione. Non intendo qui entrare nei dettagli che hanno dato alimento alla già citata Leggenda Nera ma dare solo dei dati riconosciuti anche dai testi spagnoli; in pochi anni, a partire dallo sbarco di Colombo, più del 90% degli indios trovò la morte. Generalmente, in casi del genere si parla di genocidio ma storici spagnoli fanno dei sottili distinguo con l’altra parola, che accettano, etnocidio. Sarebbero state le malattie importate dalla vecchia Europa ad uccidere (lo straordinario è che nessun fenomeno inverso, di proporzioni simili, sia avvenuto). Certo è che i Cortés ed i Pizarro, alla ricerca di sempre maggiori tesori (Eldorado), distrussero le civiltà Inca, Maya, Azteca. E a nulla valsero le proteste di frate Bartolomé de las Casas che scrisse (1522) una Brevissima relazione della distruzione delle Indie che l’Inquisizione aveva titolato Storia e brevissima relazione della distribuzione dell’India orientale: i suoi scritti non furono fatti circolare e furono ripubblicati solo nel 1879.
Alcune delle violenze sugli indios denunciate da frate Bartolomé de las Casas
Nel 1522, solo un anno dopo la conquista della capitale azteca, l’attuale Città del Messico, venne inaugurato in quella città il Tribunale dell’Inquisizione con l’evidente ed unico fine di colpire gli ebrei convertiti, i conversos, che per caso fossero riusciti ad arrivare fin lì nei successivi viaggi dalla Spagna anche per sfuggire dalle persecuzioni (altri tribunali sorsero nella stessa epoca a Lima nel 1570 e a Cartagena de Indias nel 1610. Quindi si moltiplicarono: Antille, Panamà, Santa Marta, Bogotà e Popayàn). Ma la Chiesa era stata molto pronta ad intervenire ben prima del Tribunale di Città del Messico: già dal settembre 1493 il papa aveva inviato alle Americhe una delegazione di 12 tra preti e frati guidati dal benedettino Bernardo Boyl con pieni poteri per fare da testa di ponte della Chiesa in terre remote ed in questioni di fede. Fino al 1580 le cose furono tranquille con solo qualche rogo a Città del Messico (è noto quello dell’8 dicembre 1596 con una sessantina di condannati di cui 9 al rogo) anche perché dalla Spagna vi era stato l’impegno di far imbarcare solo cristiani vecchi, cioè veri e perché fu la stessa Isabella nel 1501 a proibire l’ingresso nelle Americhe a ebrei, musulmani, convertiti delle due fedi, eretici, pentiti. A partire da quel 1580 che vide l’unione di Spagna e Portogallo sotto il regno di Felipe II, iniziarono ad arrivare ebrei che fuggivano dal Portogallo e che erano arrivati nelle Americhe su navi portoghesi. L’Inquisizione portoghese, alla fine del secolo XV, aveva operato con gli ebrei con molto maggiore durezza obbligandoli a convertirsi e basta per cui i marrani portoghesi erano in numero molto maggiore e tra gli ebrei portoghesi la voglia di andarsene era, se possibile, maggiore. I marrani portoghesi lavorarono molto intensamente per corrompere il Re Felipe III: per l’enorme cifra di due milioni di ducati Felipe III intercesse con il Papa e fu concesso loro nel 1604 il perdono generale per i delitti presenti e passati e la restituzione dei beni confiscati. I tribunali ordinari rispettarono gli accordi ma l’Inquisizione andò avanti contro i marrani portoghesi realizzando vari processi e roghi. Intorno al 1625 le minacce esterne dei pirati sparsero molti timori di tradimenti interni e l’attenzione sui portoghesi crebbe a dismisura anche perché erano diventati una potente, ricca e prospera comunità. A Lima nel 1634 fu scoperto un cassiere portoghese che aveva rapporti con i pirati. Fu l’occasione per aprire le carceri a tutti i portoghesi ricchi (sic!). Se ne dovettero costruire di nuove, tanti furono gli arrestati e, nel frattempo di quel primo cassiere si persero le tracce … Sul fronte dei giudaizzanti quindi i tribunali ebbero un fermo fino a circa il 1625 ma essi ebbero anche da lavorare con gli indigeni convertiti con la spada anni addietro e che ora tornavano all’idolatria, il problema era simile a quello di ebrei e musulmani con una differenza importante: con gli indigeni non era il caso di essere troppo severi perché non avevano ricchezze da farsi espropriare. Altro fronte che presto si aprì al di là dell’Atlantico fu quello dei riformatori luterani che arrivavano per vie completamente diverse, cioè dai Paesi Bassi e dall’Inghilterra.
La repressione degli ebrei e musulmani, convertiti o no, tese a venir molto meno man mano che passava il XVIII secolo. I Tribunali iniziarono ad occuparsi di ciò che al momento li preoccupava di più: le nuove idee dell’Illuminismo, i filosofi che divennero molto più pericolosi degli altri, ai loro libri. Ed il fatto nuovo e dirompente era che questi illuministi e razionalisti non si occupavano solo di problemi teologici ma di questioni economiche, sociali, iniziando a chiedere libertà civili e politiche. Così che l’Inquisizione spostò il suo interesse più nella difesa degli interessi dello Stato assolutista che in quella della Chiesa dalle eresie. Ci vollero i primi anni dell’Ottocento perché, anche con rivolte popolari, l’Inquisizione fosse definitivamente abolita.
EFFETTI SULLA CULTURA
A lato di quanto ho sommariamente raccontato vi è la creazione di una cappa di piombo sull’intera Spagna, cappa che deve bloccare ogni intervento anche solo culturale, uno studioso, un libro, …, dall’estero. Di questo ho trattato in altro articolo, Perché non si è sviluppata la scienza in Spagna. Il ruolo della Chiesa, e ad esso rimando. Qui riprendo solo qualche linea generale.
Mentre l’Inquisizione, come visto, funzionava a pieno ritmo, le Università erano in mano alla Chiesa (domenicani e gesuiti). Chi insegnava in questi luoghi, non vedeva in nessun momento accertate le sue capacità, allo stesso modo di quelli che uscivano da queste Università. Il processo di cattiva trasmissione del sapere moltiplicava gli effetti della decadenza. E, come affermano i fratelli Peset, le scuole teologiche domenicane e gesuitiche discutono con sterili elucubrazioni scolastiche, quando altri orizzonti e realtà si stanno imponendo nella scienza europea del momento. Ecco, qui l’Inquisizione ebbe un ruolo importante: niente poteva entrare in Spagna senza sei revisioni censorie e, di fatto, entrava quasi nulla. Anche ogni altra forma di educazione era in mano alla Chiesa e le pochissime scuole non gestite direttamente da ordini religiosi erano regolarmente ispezionate da vescovi che esaminavano i maestri e censuravano i testi. E l’educazione scolastica riguardava essenzialmente quel circa 10% di popolazione benestante e soprattutto quella piccola percentuale di nobili (nel 1768 i nobili in Spagna erano 722.000. Trent’ anni dopo, in un clima di austerità di nuovi titoli, i nobili si ridurranno a 402.000). Fino al 1767 il Seminario dei Nobili di Barcellona, gestito da Gesuiti, oltre alle normali discipline che si studiavano in una scuola superiore – classici greci, latini, spagnoli, arte di comportarsi – aveva un programma che oggi chiameremmo sperimentale con lezioni di danza, musica e scherma. Norma da rispettare scrupolosamente era: non bisogna essere amici o avere confidenza con ragazzi umili di nascita, il vero spirito della Chiesa. Le scuole, a tutti i livelli, lavorano con dispute e sillogismi su date affermazioni. Anche la teologia era arretrata, e la giustizia, che lavora con tempi lunghi tali da essere fatali ai miserabili. L’isolamento della Spagna era totale. La medicina era Galeno; la matematica era Euclide; l’astronomia era Tolomeo. Queste cose pur previste in vari programmi di Università e destinate alla crema della crema della nobiltà e dell’alta borghesia terriera erano completamente disattese, le aule erano deserte e si riempivano solo quando veniva presentato qualche fatto spettacolare che raccoglieva anche l’applauso. In generale noia e sbadigli. Anche la musica è solo musica sacra: il riferimento è Pierluigi da Palestrina (seconda metà del XVI secolo). Lo stesso accade per il teatro; solo verso la metà del ’600 viene aperto a Madrid il teatro italiano del Buen Retiro dove vennero introdotti sipario, scenari mobili, macchine, effetti speciali. Sono Cervantes e Quevedo le testimonianze ironiche e più dure su quella Spagna.
L’impero spagnolo cominciò a smembrarsi a partire dal 1648. Tutto il ’700 fu un rosario di guerre per tentare di mantenere uniti i vari pezzi. Gli inquisitori ebbero da fare gli straordinari essendo per questo molto ben ricompensati. Fino all’avvento dei Borbone (Filippo V nel 1700) gli inquisitori avevano il privilegio di non pagare le tasse nazionali e da qualche amministrazione locale avevano ottenuto l’esenzione da alcune tasse. Inoltre: quando viaggiavano avevano diritto ad alloggio gratuito ed a pagare il cibo scontato; erano esentati dall’obbligo di tutti i cittadini di alloggiare gratuitamente i soldati; erano autorizzati a portare armi; erano sottratti alla giurisdizione di altri tribunali inquisitori (il migliore privilegio). Le spese generali dello Stato crebbero e le finanze precipitavano. La decadenza. Le Università peggioravano il loro livello. Quelle specializzate in medicina, le uniche scientifiche esistenti, lavoravano ancora con Galeno. Alcuni illuminati aiutarono sulla strada del disastro sostenendo che ormai era stato inventato tutto ed era quindi del tutto inutile perdere tempo (Juan Andrés, 1788). Racconta uno storico spagnolo di un italiano che nel 1755 viaggiava per la Spagna e che restava di sasso assistendo ad una lezione di medicina nella quale si discuteva su che utilità era per l’uomo l’avere un dito più o uno meno. E l’impertinente turista commentava: visto che occorre tagliarsi le unghie per ragioni igieniche, occorre sapere se occorre cominciare con la mano destra o la sinistra e poi, se con il pollice o il mignolo. A quello stesso turista, in una ricchissima biblioteca dove non figurava nessuno dei ‘grandi’, chiesero se esistessero in Italia tali biblioteche. Egli rispose che per fortuna no; però se un giorno se ne mettesse su una non si tarderebbe a mandare tutti i volumi in cucina per accendere il fuoco. E tali disquisizioni erano di interesse anche in Teologia se ci si chiedeva: Il cioccolato è un cibo o una bevanda? Gli gnomi hanno il senso del tatto?.
E con queste basi culturali, durante il Settecento, l’Inquisizione fu occupata a fondo contro gli illuministi (oltreché contro giansenisti e massoni): niente doveva entrare dalla Francia. Anche qui si perse il treno confondendo effetto con causa e dando di nuovo le spalle (per altri 50 anni) alla scienza e cultura europea. Voltaire, Rousseau, D’Alembert, Diderot, non entrarono in Spagna. La stessa Encyclopédie fu vietata. Si può indicare il 1720 come la data in cui l’Inquisizione riprese pieno vigore per scatenare una nuova ondata repressiva.
Il nuovo sovrano, il despota illuminato Carlo III, proveniente da Napoli, si portò al seguito ingegneri, architetti ed artisti vari. Ed a lui si deve nel 1767 il decreto di espulsione dei gesuiti (circa 3.000) dalla Spagna (e la cosa fu ben accolta dal resto della Chiesa anche perché lo stesso Papa aveva spinto in questo senso). La vicenda non era un qualcosa di interno alla Spagna peninsulare (dove i gesuiti erano ottimi maestri per i nobili) ma riguardava quelle Missioni che i gesuiti stessi avevano fondato in America del Sud, lungo una linea che interessava il percorso dei fiumi Paranà e Iguazù. Questi territori, dove fin dal 1607 si erano messe su delle organizzazioni civili che rasentavano l’utopia, erano materialmente di intralcio al traffico degli schiavi (fiorentissimo) tra Brasile, Argentina, Paraguay, … Fu discretamente suggerito a Carlo III dagli ambasciatori dello Stato della Chiesa di terminare con quella esperienza … (Papa Clemente XIII). Dopo qualche anno quando i Gesuiti abbandonarono quei luoghi perché espulsi, tutte le Missioni furono distrutte ed i superstiti schiavizzati.
Il posto dei gesuiti nell’insegnamento fu preso da ordini religiosi generalmente a livelli culturali molto più bassi. Ma in ogni caso ciò non toglieva nulla a quel quadro desolante. L ‘Inquisizione continuava a funzionare in piena sintonia con la corona: é un sistema che vigila su ogni aspetto della vita civile, quello economico e sociale, quello ideologico e morale, quello intellettuale e culturale. Il Re si rende però conto dell’arretratezza della Spagna e fa scrivere all’abate de la Gandara degli Appunti sul bene di Spagna (1762-1763). Ma si resta sul piano delle sterili enunciazioni. Al contrario, l’ideologia onnicomprensiva Stato-Chiesa renderà impossibile per sempre la terribilmente assente rivoluzione borghese. Continua anche il disprezzo per ogni attività pratico-manuale tanto che lo stesso Re dovette emanare (1783) un decreto in cui si leggeva: Dichiaro che non solo il mestiere di conciatore, ma anche quello di fabbro, di sarto, calzolaio, falegname ed altri simili sono onesti e onorati; che l’esercizio di essi non rende vile né la famiglia né la persona che ne fa professione … .
Non poteva mancare una reazione allo scoppio della Rivoluzione Francese. Nel 1789 il Re Carlo IV di Spagna, spaventato per quanto accadeva in Francia, fece proclamare eretiche le basi su cui poggiava la Rivoluzione e l’Inquisizione lavorò di conseguenza ordinando i sequestri di ognis critto proveniente dalla Francia.
Insomma, se si studia a fondo la Storia di questo affascinante Paese, che è la Spagna, si scopre quale nefasto seguito abbiano avute le scelte della Chiesa in simbiosi con la Corona. Un Paese, con tutte le Americhe annesse, nel quale ad esempio non si è fatta scienza, in cui non esiste un teorema Martinez o Gonzales, che a fronte di un’arte e letteratura eccellenti, furono completamente tarpate le ali ai migliori spiriti del Paese. Un Paese che oggi ce la sta mettendo tutta per emanciparsi, avendo ormai lasciato solo l’Italia indietro. Perché noi, in questo sfortunato Paese, abbiamo le radici cristiane ….
CONCLUSIONE
Le poche parole di conclusione le riprendo dal libro di Tuberville perché esprimono bene la tragicità dell’Inquisizione Spagnola.
L’importanza del Santo Uffizio nella storia interna della Spagna consiste principalmente nella persecuzione dei Mori e degli Ebrei. Esso fu uno strumento per distruggere coloro che, obbligati ad accettare una religione straniera, in cui spesso non erano adeguatamente istruiti, in siffatte condizioni avevano scarse ragioni di amarla. Lo spirito ostile adottato verso queste due etnie sotto Ferdinando e Isabella: condusse alla esclusione di coloro che rimasero fedeli alla loro vecchia fede, e rese intollerabile la vita ai convertiti. Esso pose fine ai rapporti amichevoli fra le diverse etnie che, nonostante le guerre moresche, in complesso avevano prevalso durante il Medio Evo, e rese impossibile qualsiasi unità degli animi. La politica di proscrizione, se contribuì temporaneamente al tesoro regio, impoverì il paese, cacciandone fuori alcuni degli elementi più industriosi e frugali della popolazione, e privando gli uffici pubblici e le professioni di molti fra i più abili e adattabili dei suoi abitanti. A un Re come Filippo II l’uniformità religiosa del paese sembrava cosa di maggior importanza che il suo benessere economico. E l’uniformità religiosa fu infatti preservata, ma al duro prezzo della rovina delle industrie.
Il declino della Spagna, spesso attribuito all’esistenza dell’Inquisizione, quasi come se ciò fosse del tutto ovvio e non richiedesse discussioni né dimostrazioni, fu in realtà dovuto alla debolezza del sistema industriale e alla politica: economica del tutto sbagliata, a “un’incapacità per gli affari economici che sembrava quasi ispirata”. Vaste zone del paese, specie in Castiglia, erano sterili; l’agricoltura, anche quando le condizioni erano favorevoli, era spesso trascurata; e l’accumulazione dei metalli preziosi estratti dalle miniere peruviane fece salire il prezzo delle derrate presso un popolo che era composto in prevalenza di contadini coltivatori. Questi mali vennero aumentati dall’espulsione degli abitanti non cristiani, che non fu dovuta all’Inquisizione, ma fu certamente un’altra manifestazione di quello stesso spirito di intolleranza che produsse l’Inquisizione. Al contempo, è perfettamente vero che il Santo Uffizio produsse un grave danno economico col suo sistema delle confische. Il sequestro automatico della proprietà degli eretici interessava la Corona, perché arricchiva le entrate regie, provvedendo altresì al mantenimento dell’Inquisizione stessa; ma soltanto un ben miope sguardo poteva vedere in questa costante calamità privata un profitto per lo Stato. Vi era infatti una rovinosa carenza di capitali, che privò sempre il Paese delle risorse necessarie al suo sviluppo; e d’altra parte l’inevitabile incertezza: sull’identità di coloro sui quali questa specie di tempesta poteva prossimamente cadere, pregiudicava irrimediabilmente il credito e la fiducia, che sono la vera linfa vitale del commercio.
Un altro dei mali della vita spagnola cui l’Inquisizione contribuì indubbiamente, è costituito dalle deplorevoli concezioni della limpieza e della mala sangre. Il culto della limpieza stabilì il più dannoso sistema castale che sia immaginabile. Il sangue puro contava più che l’abilità; ciò impediva al paese di fare il miglior uso delle sue risorse di capacità umane. La filantropia moderna considera con inquietudine la macchia permanente che è gettata su di un malfattore, e, dopo che egli abbia espiato la sua colpa, cerca di aiutarlo a ricominciare la sua vita come membro degno della società. L’Inquisizione non solo rovinava completamente la carriera del colpevole, ma puniva anche intere generazioni di innocenti discendenti. Così veniva inferto un grave danno tanto alla comunità quanto a molte infelici famiglie.
È inoltre vano e sciocco voler sostenere che nessun danno sia stato procurato dall’Inquisizione e dal suo sistema di censura allo sviluppo intellettuale della Spagna. Essa, è vero, lasciò aperti parecchi campi alla ricerca e alla speculazione; ma ne chiuse definitivamente molti altri. L’attività intellettuale era condizionata e diretta da una forza interessata non già al progresso, ma alle restrizioni e ai divieti. Lo spirito ardito e avventuroso era soggetto all’influsso repressivo di coloro che, se non avversavano di fatto l’avventura, ad ogni modo non avevano alcun desiderio di incoraggiarla. Non era salutare spiegar le ali, prender parte a ricerche e controversie intorno ai massimi problemi dell’esistenza. Studiosi che aborrivano la sola idea dell’ eresia, si trovavano in qualche caso gettati in prigione per mesi e anche per anni, mentre i loro scritti erano sottoposti al giudizio di censori che erano loro intellettualmente assai inferiori. Quando scrittori come Luis de Leon, Juan de la Cruz, El Brocense vengono citati per provare che l’Inquisizione non danneggiò la vita intellettuale del paese, bisogna rispondere che tutti e tre, e innumerevoli altri, furono convocati davanti all’Inquisizione; che alcuni di essi si videro interrompere il lavoro prediletto da un amaro periodo di prigionia, e distruggere la pace spirituale dal tormento di un processo inquisitoriale. Un sistema che sottopose a un tal trattamento alcuni dei più grandi scrittori e pensatori di cui la Spagna è oggi giustamente orgogliosa, era ovviamente pregiudizievole alle scienze e alle lettere. Se uomini di grande riputazione e di vita intemerata potevano esser portati davanti all’Inquisizione, forse per niente di più grave che alcune incaute espressioni, molti debbono averne tratto la conseguenza che era meglio star zitti e non esprimere affatto dei pensieri originali. Mariana, che critica il modo in cui l’Inquisizione provocò sofferenze agli innocenti, lamenta anche la soffocazione della libertà di parola cui essa dava luogo. Juan de Luna, scrivendo nel 1620 sull’ignoranza dei suoi connazionali, la ritiene scusabile, perché ne attribuisce la colpa agli Inquisitori. Come il vento squassa le foglie, egli dice, così il nome dell’Inquisizione fa tremare ogni cuore.
Con ciò giungiamo all’aspetto forse più odioso del sistema inquisitoriale: all’atmosfera di paura e di sospetto che esso deliberatamente creò e diffuse. Mediante i suoi Editti di Fede, l’Inquisizione dichiarò sistematicamente che la delazione era cosa degna di lode; con la soppressione del nome dei testimoni, la rese facile e sicura. Mise l’animo nobile alla mercé del volgare, il coraggioso alla mercé del vile, il generoso alla mercé del malvagio. Le virtù della fiducia reciproca, della comprensione della simpatia furono scoraggiate. Per di più, era un aspetto essenziale del sistema che l’incorrere in sospetto diveniva virtualmente un crimine. Era quasi impossibile lasciare il tribunale davanti al quale si fosse stati calunniati, senza un marchio sul proprio onore. Gli Inquisitori non discutevano neppure se l’accusato fosse colpevole o innocente, ma cercavano di stabilire in quale misura fosse colpevole.
Le strutture caratteristiche della procedura dell’Inquisizione Spagnola urtano con le concezioni moderne dell’imparzialità e della ragionevolezza. L’intero onere della prova era gettato sul convenuto, che al contempo era privato quasi del tutto dei mezzi per poterla effettivamente tentare. La diffusa atmosfera di segretezza, il rifiuto di permettere qualunque scambio fra il prigioniero e i suoi amici e parenti, la soppressione dei nomi dei testimoni, l’assenza di una difesa realmente efficiente, la mancanza di ogni possibilità di contro-interrogatori, l’utilizzazione della tortura, la faticosa e anzi snervante lentezza del processo: tutti questi ostacoli combinati insieme rendevano eccessivamente difficile a qualunque accusato stabilire la propria innocenza. Vi era solamente una via di scampo che non presentasse ostacoli quasi insormontabili: fare ciò che l’Inquisizione voleva, confessare che le accuse a proprio carico erano vere, dichiararsi pentito ed essere così riconciliato.
Per i più, la maggiore infamia collegata all’Inquisizione è l’uso del rogo. È vero che il Santo Uffizio ripudiava ogni responsabilità per la morte dell’eretico che consegnava al braccio secolare; ma si trattava di un ripudio meramente formale; gli autori di manuali e trattati inquisitoriali non esitano infatti a dichiarare che la morte sul rogo è l’unica pena giusta e adeguata per l’eretico ostinato o recidivo. L’Inquisizione Spagnola mostrava molto meno riluttanza a portare l’accusato al rogo, che non l’Inquisizione medioevale o la restaurata Inquisizione romana, e sebbene, come si è visto, gli archivi non permettano alcuna stima esatta del numero totale di coloro che furono bruciati, possiamo dire con certezza che nelle prime decadi dell’Istituzione essi debbono essere computati a migliaia. Si riconosce che le vittime erano molto più numerose sotto Torquemada e i suoi immediati successori, che in qualsiasi altro periodo posteriore, e che le consegne al braccio secolare furono invece poche e assai distanziate l’una dall’altra nell’èra della decadenza dell’Inquisizione: ma anche nel migliore dei casi il Santo Uffizio ha certo un terribile primato di distruzione. Balmez, mentre approva l’esistenza e il lavoro dell’Inquisizione Spagnola, ritiene che essa avrebbe potuto effettivamente preservare il paese dai pericoli dell’Islam, dell’Ebraismo e del Protestantesimo, anche senza far uso del rogo, e rimpiange che con ciò abbia offerto ai nemici del Cattolicesimo l’occasione di accusare la Chiesa di aver versato del sangue umano.
Bisogna infine obiettare all’Inquisizione Spagnola che essa fu responsabile di un gravissimo danno morale. In primo luogo perché in qualche caso il suo operato contribuiva a distorcere i valori morali. I preti trovati colpevoli di quel crimine singolarmente ripugnante che consisteva nell’usare il confessionale per propositi immorali, erano puniti ben leggermente. È vero che l’Inquisizione era un tribunale per la punizione dell’eresia, e non dell’immoralità; ma d’altra parte essa cercava di ottenere la giurisdizione esclusiva su questi casi, e il risultato era che questo reato veniva colpito con pene del tutto inadeguate. In secondo luogo, gli spettacoli che l’Inquisizione deliberatamente allestiva per l’ammonizione o l’edificazione del pubblico (la fustigazione per le strade, gli orrori del brasero, ecc.) non erano meno degradanti per gli spettatori, di quel che non fossero crudeli per le vittime. Rincresce non tanto il fatto che il Santo Uffizio non fosse peggiore dei tribunali secolari, ma: che non gli sia stato possibile essere migliore. È penosamente assurdo che un tale sistema debba essere stato amministrato dai ministri di Cristo e nel Suo nome.
Ma se dobbiamo necessariamente ripartire il biasimo per tali orrori, bisogna esser giusti. Non· era soltanto l’Inquisizione che portava a questi spaventevoli estremi le conseguenze della fanatica convinzione della suprema importanza dell’ortodossia. Quando Zwingli parlò una volta, in un ardente discorso, dell’assemblea raccolta in Paradiso di tutti i santi, gli eroi, i fedeli, di Abe1e ed Enoc, Noè, Abramo ed Isacco, insieme con Socrate, Aristide, Antigone, Numa, Scipione e Catone, Lutero disperò che Zwingli stesso potesse salvarsi. Nessuna età nessuna religione, nessun paese ha avuto il triste monopolio delle crudeltà commesse per i più alti motivi. La storia dell’Inquisizione Spagnola è una storia spaventosa:, ma è anche qualcosa di più: essa è una storia tragica. Alcuni dei suoi funzionari possono essere stati sfrenatamente crudeli e indegni di ciò che i suoi membri migliori consideravano come un’alta vocazione; ma vi erano d’altra parte Inquisitori, dotati del carattere più elevato, ed ispirati dai motivi più puri, i quali molto seriamente pensavano di essere impegnati nella lotta per difendere la Chiesa di Dio e il suo Cristo dagli assalti del Demonio. Così, non vi può esser dubbio che anche fra i prigionieri molti furono giustamente puniti per le loro perversità e le loro opinioni nocive; mentre altri, pur di nobile carattere, sinceri o no del credo che professavano, quando giunse la prova mostrarono ben scarso coraggio; ma ve ne furono altri ancora che persistettero fino alla fine e morirono martiri della loro devozione a una interiore convinzione di verità. È nell’urto fra uomini di animo nobile da entrambe le parti, fra differenti concezioni della verità, fra gli ideali in conflitto dell’unità della fede religiosa e dell’integrità intellettuale; è nella pietosità dei fraintendimenti, delle crudeltà, delle sofferenze e degli eroismi, che derivano da questi antagonismi spirituali, che risiede l’interesse imperituro della storia dell’Inquisizione Spagnola.
NOTE
(0) Nel 1377 Gregorio XI riportò la sede papale a Roma. Nel 1309, infatti, la sede del Papa era stata trasferita ad Avignone da Papa Clemente V, un Pupazzo nelle mani del Re di Francia Filippo IV il Bello. La sede papale rimase quindi ad Avignone per circa 70 anni con i seguenti papi: Clemente V, Giovanni XXII, Benedetto XII, Clemente VI, Innocenzo VI, Urbano V, Gregorio XI. Il Papa Gregorio XI morì nel 1378. A questo punto da Roma vi furono delle sollevazioni contro la possibilità che di nuovo vi fosse un Papa francese. I cardinali si spaventarono ed in Conclave (1378) elessero Papa un napoletano vescovo di Bari con il nome di Urbano VI. Solo 5 mesi dopo vi fu un generale ripensamento da parte dei cardinali che lo avevano eletto perché questo Papa non si mostrò all’altezza. Gran parte di essi si riunì in un secondo Conclave a Fondi (vicino Roma) ed elesse il francese Clemente VII come nuovo Papa senza esautorare il precedente Urbano VI. La sede papale per Clemente VII tornò ad essere Avignone. A partire quindi dal 1378 al Papa di Roma si associò un antipapa di Avignone, il primo dei quali, fino al 1394, fu il citato Clemente VII ed a questi seguì lo spagnolo Benedetto XIII fino al 1398 quando i cardinali francesi lo ripudiarono ed imprigionarono proprio ad Avignone non riconoscendolo più come Papa (Benedetto XIII sarà dichiarato decaduto dal Concilio di Costanza nel 1417 dalla Chiesa riunificata, mentre fino alla sua morte nel 1423 sarà ancora considerato Papa per i regni di Navarra, Aragona e Castiglia e per la Scozia). Il fatto straordinario è che i due papi avevano identica legittimità perché eletti dal medesimo collegio di cardinali. L’evento iniziato nel 1378 fu chiamato Scisma d’Occidente. La divisione del papato in due comportò una divisione politica dei vari Paesi europei con Francia, Aragona, Castiglia, Borgogna, Napoli, Scozia, Cipro, Savoia dalla parte del Papa di Avignone e con Inghilterra, Portogallo, Danimarca, Norvegia, Svezia, Polonia, Ungheria, Irlanda, Stati italiani dalla parte del Papa di Roma.
Dopo un tentativo di sistemare la brutta vertenza che rischiava di delegittimare definitivamente la Chiesa fatto in un Concilio a Pisa nel 1409 (quando, in luogo dell’arrestato Benedetto XIII, venne eletto un altro antipapa, Alessandro V che fu avvelenato nel 1410 dal suo successore Giovanni XXIII) venne convocato un Concilio a Costanza (quello in cui arrostirono Jan Hus del quale ho parlato nel precedente articolo) per il 1414 (che poi si chiuse nel 1417). A Costanza si trovò l’accordo: furono deposti Giovanni XXIII e Benedetto XIII, mentre Gregorio XII preferì dimettersi spontaneamente; fu eletto come nuovo pontefice il cardinale Oddone Colonna, che assunse il nome di Martino V; la sede papale ritornò a Roma; nella linea di successione concordata sono da considerarsi papi Urbano VI, Bonifacio IX, Innocenzo VII, Gregorio XII e Martino V; sono considerati antipapi Clemente VII, Benedetto XIII, Alessandro V e Giovanni XXIII.
Nella prima parte di questo lavoro avevo detto che “nel 1378 (Scisma d’Occidente) la Chiesa si scindeva con papi (Gregorio XI) ed antipapi (Clemente VII) ma ambedue confidavano sull’abilità del medesimo inquisitore capo, il francescano François Borrel, tanto da mantenerlo alla testa della repressione iniziata da Gregorio XI nel 1370 e confermata da Clemente VII nel 1381 che ebbe sulla caccia agli eretici ogni collaborazione di Gregorio XI”. Questo concetto è utile ribadirlo: si scannavano tra loro ma vi era un perfetto accordo nel reprimere l’eresia tanto da confidare nel medesimo Inquisitore.
(1) La Spagna araba era restata un luogo dove non vi era alcun problema razziale. Questo sano costume si mantenne anche in regni già amministrati da cattolici (ad esempio, le continue richiesta papali ai vari regni cattolici di distinguere con un qualche simbolo nel vestiario gli ebrei al fine di evitare matrimoni misti, erano restate inascoltate. In Castiglia, fino all’avvento della Casa di Trastamara al potere nel 1369, gli ebrei godevano di particolare protezione). Alcuni concili della Chiesa iniziarono le intolleranze, in particolare il Concilio di Zamora del 1313 e quello di Valladolid del 1322 che posero ferree limitazioni al commercio e alle relazioni sociali dei cristiani con ebrei (judios) e mori (moros). Si cominciò a pensare a ghetti per ebrei (Juderías) e per moti (Morerías), ghetti che dovevano essere circondati da mura ed avere una sola porta per entrare ed uscire. Molti predicatori iniziarono ad incitare la popolazione contro le due etnie, anche con riferimento al loro essere sempre scelti come medici e come persone con incarichi pubblici (in realtà erano i più preparati in confronto al popolaccio cristiano). Ed iniziarono i massacri in Castiglia, Aragona e Navarra, massacri che tutti dovrebbero sempre mettere in conto quando iniziano sciagurate campagne. Il più grave fu quello del 1391 a Siviglia, dopo la predicazione dell’arcidiacono Martinez, quando furono massacrate intorno alle 4000 persone. E, conseguenza del massacro, che poi si estese ad altre città e regioni (Cordova, Toledo, Burgos, … Aragona e Majorca), fu l’inizio di conversioni forzate di ebrei con battesimi di massa. Paradossalmente le conversioni forzate avevano reso gli ebrei più influenti avendo avuto la possibilità di accedere a posti prima a loro preclusi come la carriera ecclesiastica (Torquemada proviene da una famiglia di conversi) ed il matrimonio con persone di corte.
(2) Il nome della bolla, dalle sue prime parole, è Exigit Sincerae Devotionis Affectus. Negli Archivi vaticani (accessibili) non esiste traccia di questo documento che in copia dovrebbe trovarsi da qualche parte. Si è certi della sua esistenza perché di esso si parla in corrispondenza dell’epoca tra le parti ed anche in lettere dello stesso Sisto IV. In compenso si trovano negli Archivi due bolle precedenti di Papa Nicolo V, la Dum Diversas del 1452 in cui si concedeva al re del Portogallo Alfonso la facoltà «di ridurre in perpetua schiavitù saraceni, pagani, infedeli e nemici di Cristo» e la Romanus Pontifex del 1454 in cui si benediceva la colonizzazione delle terre scoperte e incoraggiava la schiavitù degli abitanti
(3) Per mostrare il livello superiore di civiltà cristiana, quando le armate dei Re cattolici entrarono in Granada riuscirono a distruggere e disperdere i 600.000 volumi della biblioteca (furono salvati solo alcuni testi di medicina). Ripetevano l’impresa del 1236 quando, a Cordova bruciarono i 400.000 volumi di quella biblioteca.
(4) Pico della Mirandola si rallegrò per questa espulsione: i valenti astrologi ebrei non erano stati in grado di prevedere questo fatto enorme!
(5) Lo storico della scienza Lopez Piñero, dopo aver sostenuto che fu una gran perdita quella degli ebrei, afferma che lo stesso non può dirsi per i musulmani Infatti questi, al momento dell’espulsione, ‘sviluppavano un’attività scientifica marginale, sostanzialmente una continuazione dei resti impoveriti della tradizione islamica medioevale .La loro cultura scientifica fu un corpo estraneo che resistette sia alla aperta persecuzione che ai tentativi di assimilazione‘.
(6) La Spagna con tutte le ricchezze accumulate dalla spoliazione delle Americhe non fu in grado di sviluppare delle attività economiche ed artigianali in proprio preferendo acquistare tutto all’estero. Si può dire che la disgrazia si abbatté sulla Spagna proprio con la scoperta dell’America. Quelle montagne d’oro e d’argento armarono sì gli eserciti ed elevarono il livello di vita (di relativamente pochi) ma tutto veniva comprato fuori di Spagna (si deve eccettuare un artigianato elementare e povero che serviva le necessità ecclesiastiche come cera, legno intagliato, ceramiche o simili). Così, paradossalmente, il più grande merito scientifico della Spagna è l’aver finanziato la Rivoluzione scientifica del resto d’Europa (le città verso cui affluirono la gran parte dei preziosi spagnoli furono: Anversa, Amsterdam, Londra, Amburgo, Genova, Firenze, Piacenza, Biarritz). La Spagna comprava tessuti pregiati in Toscana e nel Comasco; comprava chiodi in Olanda; orologi in Francia; nessuna attività di artigianato preindustriale fu sviluppata in questo Paese. I Paesi maggiormente beneficiati furono le Fiandre e l’Italia. Fu proprio la Spagna quindi che finanziò lo splendore del nostro Rinascimento e del Barocco di Roma.
(7) Nel 1599 la Spagna fu costretta a battere moneta con rame comprato in Europa. Inoltre, nel 1525 la Corona, non potendo far fronte ai debiti contratti con i banchieri tedeschi Fugger, concesse loro lo sfruttamento delle ricchissime miniere di Almadén, passate poi ai Rothschild.
(8) Poiché gran parte dei Paesi cosiddetti evoluti, alcuni anche per interessi incoffessabili, si scagliò contro gli orrori e dell’Inquisizione spagnola e dei conquistadores spagnoli nelle americhe, accompagnati da preti e frati con croci utilizzate come spade, tutto questo ha richiamato alle armi la destra clericale spagnola. Si trattava e si tratta di una montatura, è una macabra leggenda costruita per denigrare la Spagna intera e la sua santa chiesa. Su questo tema l’autore spagnolo Julián Juderías, nel 1914, scrisse un libro che divenne famoso dal titolo La Leyenda Negra (il libro è stato ripubblicato nel 1986 da Editorial Swan, Navacerrada, Madrid). Con questo lavoro egli tentava di demolire tutte le accuse rivolte alla santa alleanza Chiesa-Spagna in orrori perpetrati nel mondo intero. Lo stesso Juderías definiva così la leggenda nera: Per leggenda negra intendiamo l’ambiente creato dai fantastici racconti che sulla nostra patria vengono fatti in pubblico in tutti i paesi, le descrizioni grottesche che si sono sempre fatte del carattere degli spagnoli come individui e come collettività, la negazione o almeno l’ignoranza sistematica di quanto è favorevole e bello nelle diverse manifestazioni della cultura e dell’arte, le accuse che in ogni tempo si sono lanciate contro la Spagna, fondandosi per tutto ciò in fatti esagerati, mal interpretati o falsi totalmente. Più in generale l’atteggiamento contro la Spagna denunciato da Juderías va sotto il nome di ispanofobia ed è stato studiato con attenzione dallo storico spagnolo Ricardo García Cárcel in vari lavori ed anche nel suo Orígenes de la hispanofobia nel numero di Historia 16 (16, 193, 1992) dedicato in massima parte proprio alla Leggenda nera ed all’ispanofobia. Il libro convinse e convince chi era già convinto perché non ha mai aperto gli occhi, neppure sulle relazioni inviate da frati dalle Indie Occidentali, che raccontavano di genocidi. In compenso il nome Leggenda Nera è rimasto nella letteratura della destra clericale anche italiana ed in qualche modo si riferisce a pretese denigrazioni della Chiesa. In questo senso gli scritti miei su argomenti come quelli trattati in questi articoli sono prodotti di Satana. Si dia un’occhiata al sito Contro la leggenda nera e si scoprirà molto meglio di quanto io possa dire di cosa e chi si tratta.
(9) Deschner (2000) ci fornisce questo ritratto di Sisto IV:
Francesco della Rovere, nato nel 1414 in ambiente relativamente modesto a Celle (in Liguria, provincia di Savona), fu allevato assai precocemente in un convento francescano, ascese nel 1464 a generale del suo Ordine, promosso cardinale nel 1467 ed eletto papa i1 9 agosto 1471 quando, ancora durante i festeggiamenti per l’incoronazione, scoppiò una sommossa popolare con lanci di pietra contro la portantina di Sisto. (E dopo la morte i fedeli diocesani saccheggiarono le stanze papali in modo tale che si dovette coprire la salma con un talare preso in prestito).
Dell’incoronazione del Della Rovere, ora Sisto IV, si occupò Rodrigo Borgia. Al pari di questi, anche Sisto, ex monaco, non visse certo in modo celibatario. Promuoveva infatti feste animate da cortigiane ufficiali, si dava da fare anche con una sorella e coi suoi bambini, compensava i suoi amanti ragazzini con ricche diocesi e arcidiocesi, fondava in Roma delle case di piacere (a quanto pare perfino un lupanare aristocratico “per entrambi i sessi”) che affittava a cardinali, mentre egli incassava annualmente 20.000 ducati (secondo Theiner 80.000) dalle sue meretrici – tenendo conto che una romana su sette era una prostituta.
Eppure Sisto IV, col quale si fa di massima incominciare l’Alto Rinascimento, pare che fosse personalmente un uomo bonario e devoto, sincero estimatore della santa Vergine – “un tratto particolarmente bello” (von Pastor) -, della quale egli promosse il culto, per la quale fece costruire due chiese mariane a Roma e in onore della quale introdusse nel 1476 addirittura la festa dell’Immacolata Concezione; alla vergine fu anche consacrata in Vaticano la cappella chiamata Sistina dal suo nome. Nella “Storia della teologia” questo papa sarà “chiamato sempre così” (gesuita Hertling). E così pure nella storia dei puttanieri pontifici.
Comunque Sisto IV concesse a molti altri ciò di cui godeva egli stesso. Tant’è vero che un cronista contemporaneo ce ne certifica in questi termini: “Quando la famiglia del cardinale di Santa Lucia gli sottopose la richiesta di ottenere licenza di sodomia per i tre mesi caldi dell’anno – giugno luglio agosto – il papa annotò sotto la loro supplica: ‘che avvenga conformemente alla richiesta”’.
Nondimeno Sisto aveva pure il senso del denaro e degli affari, come del resto dimostra già il suo bordello romano, anche se indubbiamente altri vescovi, abati e madri superiore di allora (ma non solo di quell’epoca) istruivano o barattavano postriboli. A quanto pare, per la verità, il della Rovere – giudica Franz Xaver Seppelt – “in quanto uomo di ordine francescano, come spesso si osserva, non aveva concreta idea del valore del denaro”. Eppure non è un caso che fu il primo papa a far coniare il proprio profilo sulle monete. Speculò con i titoli finanziari, fece salire il fiscalismo aumentando le cariche vendibili a quota 625, a più del doppio. Mise in vendita notariati, protonotariati, posti di procuratore nella tesoreria, smerciò interi collegi nuovi, tra cui spuntarono titoli inauditi, per esempio un collegio di cento giannizzeri da nominare in cambio di 100.800 ducati. Aumentò le tasse per i sacerdoti che si mantenevano delle amanti, accrebbe la tassazione sulle prebende, le donazioni allo stato della chiesa (69 percento delle entrate globali). Le sue imposte di decima – le pontificie “decime dei turchi” – suscitarono proteste dall’Italia alla Polonia, alla Svezia, alla Norvegia, inasprendo lo stato d’animo antipapale, soprattutto in Germania. Non solo, Sisto inventò anche nuove fonti d’introiti, consentendo per esempio agli uomini facoltosi di “consolare certe matrone in assenza dei loro mariti”. Fece affari con le indulgenze, permise perfino la loro erogazione a favore dei defunti, ai quali sarebbero spettate “a mo’ d’intercessione”, e indisse un anno giubilare per il 1475.
Come tanti suoi predecessori, anche Sisto si era procacciato la massima carica della cristianità con ogni sorta di pratiche simoniache. Aveva corrotto con generose regalie il suo protettore, il duca di Milano, come il suo nipote e accompagnatore Pietro Riario aveva fatto con la maggioranza dei cardinali mediante mirabolanti promesse.
Per prima cosa il nuovo papa affrontò pieno di entusiasmo la questione politica più impellente – il vecchio programma delle guerre crociate – ma a dire il vero con scarso successo.
(10) Tomás era nipote di Juan de Torquemada, cardinale rinomato per la sua difesa dell’ortodossia al Concilio di Costanza iniziato nel 1414. Torquemada prendeva il nome da un comune spagnolo situato in Castiglia e Leon. Ciò indica la sua origine ebraica ed infatti si è ormai d’accordo a ritenere la famiglia Torquemada discendente da conversos dopo i massacri di Siviglia del 1391 (vedi nota 1). Da sempre gli ex sono sempre i più crudeli persecutori dei correligionari di un tempo.
(11) Paradossalmente le regole fissate da Torquemada salvaguardarono persone e etnie precedentemente attaccate e represse. Venivano condannate implicitamente le esecuzioni ed espulsioni di massa, e si indirizzava il lavoro inquisitorio contro i marrani, distinguendo i convertiti veri dall’eretico, stabilendo il principio della segretezza dei procedimenti,, vietando di accogliere denunce anonime e scoraggiando la partecipazione della gente ai processi.
(12) L’editto era il seguente (in spagnolo che credo e spero comprensibile): Los Reyes Fernando e Isabel, por la gracia de Dios, Reyes de Castilla, León, Aragón y otros dominios de la Corona- al príncipe Juan, los Duques, Marqueses, Condes, órdenes religiosas y sus Maestres, señores de los Castillos, Caballeros y a todos los judíos hombres y mujeres de cualquier edad y a quienquiera esta carta le concierna, salud y gracia para él.
Bien es sabido que en nuestros dominios, existen algunos malos cristianos que han judaizado y han cometido apostasía contra la santa fe Católica, siendo causa la mayoría por las relaciones entre judíos y cristianos. Por lo tanto, en el año de 1480, ordenamos que los judíos fueran separados de las ciudades y provincias de nuestros dominios y que les fueran adjudicados sectores separados, esperando que con esta separación la situación existente sería remediada, y nosotros ordenamos que se estableciera la Inquisición en estos dominios; y en el término de 12 años ha funcionado y la Inquisición ha encontrado muchas personas culpables además, estamos informados por la Inquisición y otros el gran daño que persiste a los cristianos al relacionarse con los judíos, y a su vez estos judíos tratan de todas maneras a subvertir la Santa Fe Católica y están tratando de obstaculizar cristianos creyentes de acercarse a sus creencias.
Estos Judíos han instruido a esos cristianos en las ceremonias y creencias de sus leyes, circuncidando a sus hijos y dándoles libros para sus rezos, y declarando a ellos los días de ayuno, y reuniéndoles para enseñarles las historias de sus leyes, informándoles cuándo son las festividades de Pascua y cómo seguirla, dándoles el pan sin levadura y las carnes preparadas ceremonialmente, y dando instrucción de las cosas que deben abstenerse con relación a alimentos y otras cosas requiriendo el seguimiento de las leyes de Moisés, haciéndoles saber a pleno conocimiento que no existe otra ley o verdad fuera de esta. Y así lo hace claro basados en sus confesiones de estos judíos lo mismo a los cuales han pervertido que ha sido resultado en un gran daño y detrimento a la santa fe Católica, y como nosotros conocíamos el verdadero remedio de estos daños y las dificultades yacían en el interferir de toda comunicación entre los mencionados Judíos y los Cristianos y enviándolos fuera de todos nuestros dominios, nosotros nos contentamos en ordenar si ya dichos Judíos de todas las ciudades y villas y lugares de Andalucía donde aparentemente ellos habían efectuado el mayor daño, y creyendo que esto sería suficiente de modo que en esos y otras ciudades y villas y lugares en nuestros reinos y nuestras posesiones sería efectivo y cesarían a cometer lo mencionado. Y porque hemos sido informados que nada de esto, ni es el caso ni las justicias hechas para algunos de los mencionados judíos encontrándolos muy culpables por los susodichos crímenes y transgresiones contra la santa fe Católica han sido un remedio completo obviar y corregir estos delitos y ofensas. Y a la fe Cristiana y religión cada día parece que los Judíos incrementan en continuar su maldad y daño objetivo a donde residan y conversen; y porque no existe lugar donde ofender de más a nuestra santa creencia, como a los cuales Dios ha protegido hasta el día de hoy y a aquellos que han sido influenciados, deber de la Santa Madre Iglesia reparar y reducir esta situación al estado anterior, debido a lo frágil del ser humano, pudiese ocurrir que podemos sucumbir a la diabólica tentación que continuamente combate contra nosotros, de modo que, si siendo la causa principal los llamados judíos si no son convertidos deberán ser expulsados del Reino.
Debido a que cuando un crimen detestable y poderoso es cometido por algunos miembros de algún grupo es razonable que el grupo debe ser absuelto o aniquilado y los menores por los mayores serán castigados uno por el otro y aquellos que permiten a los buenos y honestos en las ciudades y en las villas y por su contacto puedan perjudicar a otros deberán ser expulsados del grupo de gentes y a pesar de menores razones serán perjudiciales a la República y los más por la mayoría de sus crímenes sería peligroso y contagioso de modo que el Consejo de hombres eminentes y caballeros de nuestro reinado y de otras personas de conciencia y conocimiento de nuestro supremo concejo y después de muchísima deliberación se acordó en dictar que todos los Judíos y Judías deben abandonar nuestros reinados y que no sea permitido nunca regresar.
Nosotros ordenamos además en este edicto que los Judíos y Judías cualquiera edad que residan en nuestros dominios o territorios que partan con sus hijos e hijas, sirvientes y familiares pequeños o grandes de todas las edades al fin de Julio de este año y que no se atrevan a regresar a nuestras tierras y que no tomen un paso adelante a traspasar de la manera que si algún Judío que no acepte este edicto si acaso es encontrado en estos dominios o regresa será culpado a muerte y confiscación de sus bienes.
Y hemos ordenado que ninguna persona en nuestro reinado sin importar su estado social incluyendo nobles que escondan o guarden o defiendan a un Judío o Judía ya sea públicamente o secretamente desde fines de Julio y meses subsiguientes en sus hogares o en otro sitio en nuestra región con riesgos de perder como castigo todos sus feudos y fortificaciones, privilegios y bienes hereditarios.
Hágase que los Judíos puedan deshacerse de sus hogares y todas sus pertenencias en el plazo estipulado por lo tanto nosotros proveemos nuestro compromiso de la protección y la seguridad de modo que al final del mes de Julio ellos puedan vender e intercambiar sus propiedades y muebles y cualquier otro artículo y disponer de ellos libremente a su criterio que durante este plazo nadie debe hacerles ningún daño, herirlos o injusticias a estas personas o a sus bienes lo cual sería injustificado y el que transgrediese esto incurrirá en el castigo los que violen nuestra seguridad Real.
Damos y otorgamos permiso a los anteriormente referidos Judíos y Judías a llevar consigo fuera de nuestras regiones sus bienes y pertenencias por mar o por tierra exceptuando oro y plata, o moneda acuñada u otro artículo prohibido por las leyes del reinado.
De modo que ordenamos a todos los concejales, magistrados, caballeros, guardias, oficiales, buenos hombres de la ciudad de Burgos y otras ciudades y villas de nuestro reino y dominios, y a todos nuestros vasallos y personas, que respeten y obedezcan con esta carta y con todo lo que contiene en ella, y que den la clase de asistencia y ayuda necesaria para su ejecución, sujeta a castigo por nuestra gracia soberana y por la confiscación de todos los bienes y propiedades para nuestra casa real y que esta sea notificada a todos y que ninguno pretenda ignorarla, ordenamos que este edicto sea proclamado en todas las plazas y los sitios de reunión de todas las ciudades y en las ciudades principales y villas de las diócesis, y sea hecho por el heraldo en presencia del escribano público, y que ninguno o nadie haga lo contrario de lo que ha sido definido, sujeto al castigo de nuestra gracia soberana y la anulación de sus cargos y confiscación de sus bienes al que haga lo contrario.
Y ordenamos que se evidencie y pruebe a la corte con un testimonio firmado especificando la manera en que el edicto fue llevado a cabo.
Dado en esta ciudad de Granada el Treinta y uno día de marzo del año de nuestro señor Jesucristo de 1492.
Firmado Yo, el Rey, Yo la Reina, y Juan de Coloma, secretario del Rey y la Reina quien lo ha escrito por orden de sus Majestades.
(13) Non me ne occupo ma vi fu l’intervento dell’Inquisizione proprio nell’accezione appena discussa su un paio di questioni che ebbero un certo rilievo: la sodomia e gli abusi dei confessori sulle donne. Sul primo reato, occorre dire che l’Inquisizione attenuò le pene che i tribunali civili ordinari davano per lo stesso peccato. Mentre la prima decise di non intervenire in proposito se non vi fosse altro che facesse pensare all’eresia, i secondi davano la pena di morte. Molte diffuse erano invece le molestie di preti e frati con le donne in confessionale per l’intimità delle cose raccontate e per l’estrema vicinanza. Per attenuare il diffusissimo fenomeno si ordinò di sistemare i confessionali in luoghi ben visibili ed illuminati delle chiese. Anche qui l’Inquisizione intervenne per capire se il prete sapeva di peccare o riteneva la cosa lecita. Ed il Papa Gregorio XV scrisse una bolla speciale in proposito, Universi Dominici Gregis, nella quale definì i contorni di questa persecuzione contro le donne. Ma il castigare il colpevole divenne molto complesso perché non era molto facile capire se ci si trovava di fronte ad un prete porco o se la donna accusava per un qualche interesse o se vi fosse dell’altro dietro. In vari casi in cui il Tribunale era riuscito a capire qualcosa la pena fu la fustigazione.
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