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L’insegnante di musica di Zadie Smith

Creato il 31 marzo 2014 da Nictrecinque42 @LositoNicola

Il racconto che propongo oggi è tratto dal romanzo di Zadie Smith Denti Bianchi. Poche parole, giusto per inquadrare i personaggi e permettervi di gustarlo al meglio. Samad Icbal, un pakistano emigrato a Londra, è sposato con la connazionale Alsana e ha due figli piccoli di nome Magid, la femmina e Millat, il maschio balbuziente. La signorina Poppy Burt-Jones è una donna di razza bianca, giovane e bella, che insegna musica alla Manor School, frequentata dai due figli di Samad. Samad si invaghisce di Poppy Burt-Jones nell’attimo stesso in cui la incontra a scuola durante il primo colloquio informativo tra docenti e genitori.

zadie-smith

Zadie Smith è una scrittrice di colore quarantenne che ho conosciuto di recente e che sto apprezzando sia per l’effervescente umorismo di cui è dotata sia per la sua notevole capacità di trattare ambienti e personaggi di tutte le categorie sociali presenti nell’Inghilterra dei nostri giorni. Oltre a Denti bianchi (2000) che è la sua opera d’esordio, ha scritto L’uomo autografo (2002) e Della Bellezza (2005) tutti editi da Mondadori.

Il racconto si svolge a Londra, una città dove l’integrazione razziale apparentemente si è realizzata. In realtà,  esistono sacche della società londinese dove lo straniero è ancora considerato un alieno disturbante oppure dove è proprio lo straniero a non volersi integrare nel mondo occidentale perché sogna, prima o poi, di tornare in patria.

Buona lettura e buon divertimento.

Nicola

dentibianchi

L’insegnante di musica

Samad non sapeva niente di direzione d’orchestra, ma sapeva quello che gli piaceva. In realtà, il modo in cui lei lo faceva probabilmente non era molto complicato, un semplice tre/quattro, solo un metronomo monodimensionale tracciato nell’aria con il dito indice … ma aaah, che gioia guardarla mentre procedeva! La schiena rivolta verso di lui, i piedi nudi che uscivano – ogni tre battute – dalle scarpe a ballerina; il suo didietro che sporgeva leggermente, premendo contro i jeans, ogni volta che lei si chinava di scatto in avanti per uno dei rumorosi crescendo dell’orchestra … che gioia! Che visione! Era tutto quello che poteva fare per impedirsi di correre da lei e trascinarla via; lo spaventava, la totale impossibilità di staccarle gli occhi di dosso. Ma doveva razionalizzare: l’orchestra aveva bisogno di lei … lo sapeva Dio che senza l’insegnante non sarebbe mai riuscita ad arrivare in fondo a quell’adattamento del Lago dei cigni (che in realtà evocava più delle anatre sguazzanti in una pozza d’olio). E tuttavia, era uno spreco incredibile … come guardare un poppante su un autobus che afferra ignaro il seno di una sconosciuta seduta vicino a lui… uno spreco incredibile, che una bellezza come quella fosse a disposizione di ragazzini troppo giovani per sapere che farsene. Nell’attimo in cui assaporò questo pensiero, Samad passò immediata­mente a: Samad Miah … un uomo raggiunge il livello più basso quando è geloso di un poppante al seno di una donna, quando è geloso dei giovani, del futuro … E poi, non per la prima volta in quel pomeriggio, mentre Poppy Burt-Jones faceva uscire per l’ultima volta i piedi dalle scarpe, e finalmente le anatre perirono nel disastro ambientale, Samad si chiese: Perché sono qui, in nome di Allah? E la risposta si ripresentò di nuovo, con l’insistenza del vomito: semplicemente perché non potrei essere da nessun’altra parte.

Tic, tic, tic. Samad fu grato al suono della bacchetta che batteva sul leggio, perché lo strappò da questi pensieri, pensieri molto prossimi al delirio.

«Ragazzi, ragazzi. Basta. Ssst, calmatevi. Via gli strumenti dalla bocca, mettete giù gli archetti. Giù, Anita. Così, brava, sul pavimento. Grazie. Ora, probabilmente avrete notato che oggi abbiamo un visitatore.» Si voltò verso Samad, che cercò con tutte le forze una parte di lei sulla quale mettere a fuoco lo sguardo, un pezzetto che non gli facesse ribollire il sangue. «Quello è il signor Iqbal, padre di Magid e di Millat.»

Samad si alzò come se gli fosse stato ordinato l’attenti, strinse con cura il cappotto dai baveri larghi davanti all’inguine capriccioso, fece un debole cenno di saluto, si rimise a sedere.

«Dite "Buongiorno, signor Iqbal".»

«BUONGIORNO, SIGNOR IQ-BALLE» esplose il coro, tutti, esclusi due dei musicisti.

«Ora, che ne dite di suonare anche una tripletta, visto che abbiamo un pubblico?»

«Sì, SIGNORINA BURT-JONES.»

«Il signor Iqbal non è solo il nostro pubblico, oggi, ma un pubblico molto speciale. È grazie al signor Iqbal che la prossima settimana non suoneremo più Il lago dei cigni.» Quest’annuncio fu accolto da una grande ovazione, accompagnata da un coro sgangherato di squilli di tromba, rulli di tamburi, tintinnii di cembalo.

«D’accordo, d’accordo, ora basta. Non mi aspettavo un’adesione tanto entusiasta!»

Samad sorrise. La ragazza aveva anche il senso dell’umorismo, quindi. Possedeva arguzia, acutezza … ma perché pensare che più c’erano ragioni per le quali peccare, meno grave era il peccato? Ragionava di nuovo come un cristiano, spiegava al Creatore "non posso dirlo in modo più corretto di così".

«Giù gli strumenti. Sì, tu, Marvin. Grazie mille.» «Signorina, e allora che cosa faremo?»

«Be’ … » cominciò Poppy Burt-Jones, con lo stesso sorriso per metà timido e per metà audace che Samad aveva già notato. «Faremo qualcosa di molto eccitante. La prossima settimana voglio tentare di sperimentare la musica indiana.»

Il suonatore di cembalo, non capendo bene quale posto gli sarebbe toccato in quel cambiamento radicale, si assunse il compito di essere il primo a ridicolizzare il progetto. «Come, significa quella musica Iiiii IIIEEeeee EEEeeee IIIiiii EEUuuuu?» chiese, facendo un’imitazione credibile delle battute che ci si aspetta di trovare all’inizio di una melodia hindi, o nella saletta sul retro di un ristorante indiano, e accompagnando l’esibizione con veloci cenni d’assenso, come un cameriere. La classe esplose in una risata sonora quanto l’insieme degli ottoni, e riecheggiò lo scherzo in massa: Iiiii Ieeeuu UUUEeeeh Iiii UUUiiiii … Questo, insieme allo stridere parodistico dei violini, penetrò nel profondo, erotico intontimento di Samad e spedì la sua fantasia in un giardino, un giardino circondato da statue di marmo, dove si trovò vestito di bianco e nascosto dietro un grosso albero a spiare una Poppy Burt-Jones in sari e bindi, che entrava e usciva, flirtando con lui, da alcune fontane, a volte visibile, altre no.

«Non mi pare … » cominciò Poppy Burt-Jones, cercando di far sentire la voce sopra quel pandemonio e poi alzandola di molti decibel. «NON MI PARE MOLTO GENTILE … » e qui la voce tornò normale, mentre la classe registrava la nota arrabbiata e si calmava. «Non mi pare molto gentile farsi gioco della cultura altrui.»

I membri dell’orchestra, inconsapevoli di aver fatto quello che diceva l’insegnante, ma sapendo che era il peggior reato previsto dal codice della Manor School, abbassarono lo sguardo sui piedi.

«E voi? E voi che ne pensate? Sophie, ti piacerebbe che qualcuno prendesse in giro i Queen?»

Sophie, una dodicenne lievemente ritardata, coperta da capo a piedi con l’equipaggiamento caratteristico dei complessi rock, guardò fisso l’insegnante da sopra gli occhialetti rotondi. «Non mi piacerebbe, signorina.»

«No, non ti piacerebbe, eh?»

«No, signorina.»

«Perché Freddie Mercury appartiene alla tua, di cultura.» Samad aveva sentito le chiacchiere diffuse dai camerieri di ogni grado del Palace, secondo le quali questo Mercury era in realtà un persiano dalla pelle chiara chiamato Faruk, che il capocuoco ricordava dalla scuola di Panchgani, vicino a Bombay. Ma chi aveva voglia di spaccare il capello in quattro? Per non interrompere la bella Burt-Jones mentre faceva la sua predica, Samad tenne l’informazione per sé.

«A volte troviamo strana la musica degli altri perché la loro cultura è diversa dalla nostra» dichiarò solennemente la signorina Burt-Jones. «Ma questo non significa che non sia altrettanto bella. Giusto?»

«GIUSTO, SIGNORINA.»

«E possiamo imparare a conoscerci attraverso le varie culture, non è vero?»

«Sì, SIGNORINA.»

«Ad esempio, che musica ti piace, Millat?»

Millat ci pensò un momento, si appoggiò il sassofono a un fianco e cominciò a muovere le dita come se fosse stato una chitarra. «Born to ruuun! Da da da da daaa! Bruce Springsteen, si­gnorina! Da da da da daaa! Baby, we were bo-rn … »

«Mmm, niente … nient’altro? Qualcosa che magari ascolti a casa tua?»

Millat assunse un’espressione scoraggiata, timoroso che la sua risposta potesse risultare sbagliata. Guardò suo padre, che gesticolava freneticamente dietro l’insegnante, sforzandosi di comunicargli gli scatti della testa e i movimenti delle mani del bharata natyam, il tipo di danza che piaceva tanto ad Alsana prima che la tristezza le appesantisse il cuore e i figli le legassero mani e piedi.

«Thriiii-ller!» cantò Millat a squarciagola, pensando di aver colto il messaggio del padre. «Thriii-ller night! Michael Jackson, signorina! Michael Jackson!»

Samad si nascose la faccia fra le mani. La signorina Burt-Jones guardò con aria strana il bambino in piedi su una sedia, che si contorceva e si afferrava l’inguine davanti a lei. «Okay, grazie, Millat. Grazie per averci spiegato … »

Millat sorrise. «Non c’è di che, signorina.»

Fine

P.S.

Per chi fosse curioso: dopo la gustosa discussione fra alunni e insegnante, il racconto prosegue con un breve tête-à-tête fra Samad e Poppy Burt-Jones nell’ufficio di quest’ultima: “un locale minuscolo, privo di finestre, senza alcuna via di fuga e pieno di strumenti, armadietti-archivio stracolmi di spartiti e un odore che Samad aveva preso per quello di lei ma ora riconobbe come l’aroma di cuoio vecchio delle custodie di violini mescolato a un odore dolciastro di pipì di gatto”. Samad, in modo alquanto maldestro ma efficace, si dichiarerà a Poppy, si baceranno, faranno l’amore, e da quel momento i due diventeranno amanti.

Crediti: Foto e immagini sono state scaricate da Internet e il copyright appartiene ai singoli autori.


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