In queste ore si celebra il ricordo del massacro degli Armeni, perpetrato cento anni fa dalle truppe dell’impero ottomano. Nel commemorarlo, il Papa ha definito questa pagina nera della Storia il “primo genocidio del XX secolo”, suscitando l’ira di Ankara. Purtroppo, i Turchi hanno come rimosso l’eccidio di massa di cui furono protagonisti e s’innervosiscono ogni volta che se ne parla. Aldilà del loro tentativo di negare o ridimensionare ciò che avvenne un secolo fa, la Storia non li perdona né mente. Il genocidio – che gli Armeni chiamano Medz Yeghern, cioè il “grande crimine” – fu un fatto innegabile e ingiustificabile. Cosa accadde, esattamente? In breve, il 24 aprile 2015 ebbe inizio nell’Impero Ottomano una persecuzione contro oltre 2 milioni di Armeni che in esso vivevano pacificamente. Tale persecuzione fu atroce, disumana e provocò un altissimo numero di morti a causa delle esecuzioni di massa e delle deportazioni. Gli Armeni furono decimati e i loro storici affermano che il massacro provocò la morte del 70% della comunità. I turchi minimizzano e parlano di 200.000 vittime ma secondo il grande storico inglese Toynbee, le vittime delle atrocità turche furono 1,2 milioni. Di fatto, ha ragione il Papa; ciò che accadde in Anatolia nel biennio 1915-16 può essere definito il primo genocidio del XX secolo. A chi volesse saperne di più consiglio di leggere La masseria delle allodole, il commovente romanzo di Antonia Arslan. Al genocidio degli Armeni seguirono massacri ancora più dolorosi. La Shoah, più noto come Olocausto, causò la morte nei ghetti e nei campi di concentramento di 5/6 milioni di Ebrei. La follia di Hitler non si limitò allo sterminio dei figli di David; gli vanno ascritti almeno altri 8 milioni di morti, fra cui i cosiddetti “indesiderabili” (omosessuali, zingari, testimoni di Geova, emigranti, prigionieri di guerra, ecc). Il genocidio sistematico fu anche una delle specialità di Stalin, le cui “grandi purghe” e l’istituzione dei gulag in Siberia furono poca cosa in confronto all’Holodomor, il genocidio ucraino. Dal 1929 al 1933, infatti, una carestia di origine dolosa causò lo sterminio di 7 milioni di ucraini. Oggi, quel crimine contro l’umanità è stato riconosciuto e costituisce una vergogna duratura per la defunta Unione Sovietica. Ancora più abnorme è il genocidio firmato da Mao Tese-Tung. In Cina, fra il 1949 e il 1976, furono sterminati diverse decine di milioni di dissidenti e contadini. Nel XX secolo ci sono stati altri genocidi, come quello in Cambogia (1975-79/ 1,8 milioni di morti), in Ruanda (1994/ 1 milione di morti) e in Bosnia (1992-95/120.000 morti), giusto per citare i maggiori. Se gettiamo lo sguardo sul passato, non possiamo che inorridire. Il genocidio (parola derivante dal greco antico ghenos, cioè razza, e dal latino caedo, cioè uccidere) è il lato più oscuro e malefico del genere umano. È l’ombra dentro di noi che periodicamente emerge e ha il sopravvento sulla ragione, sulla compassione, sulla vita. Difficile dire quanto fu compiuto il primo genocidio storico, ma quando rileggo la Bibbia non posso fare a meno di pensare che per impadronirsi della Terra promessa, gli Ebrei massacrano le popolazioni che ci vivevano. Le sterminarono in nome del Dio degli eserciti che, secondo loro, aveva assegnato al popolo eletto la “terra dove scorre il latte e il miele”. Ecco la prima, orribile giustificazione che l’uomo ha trovato per accreditare il genocidio; è Dio che lo vuole. E non fu forse questo il grido di battaglia dei crociati? Il Deus vult dei soldati di Cristo giustificò i massacri compiuti in Oriente. Ma anche quelli che la Chiesa cattolica perpetrò contro i catari e i templari, gli eretici e gli indigeni che si opponevano alla conversione. Il genocidio è stato il fetido fiore all’occhiello del colonialismo. Impossibile dire quanti eccidi e genocidi di massa abbia provocato la colonizzazione ma è certo che ovunque sbarcassero gli uomini evoluti e bene armati, i nativi venivano massacrati fino a provocarne, in molti casi, l’estinzione. Pensiamo di quanta crudeltà siano stati vittime gli Indiani d’America, i Maori, gli abitanti di Giava, del Mozambico, dell’Africa Orientale, del Congo belga e della Patagonia. A questo punto, poiché risulta evidente che il genere umano non può fare a meno di compiere genocidi di massa, mi chiedo ingenuamente “Perché?”. La risposta più ovvia non mi convince; si ritiene, infatti, che sia l’odio razziale ad alimentare il bisogno di annientare coloro che riteniamo diversi per motivi etnici. Hitler odiava gli Ebrei e perciò voleva cancellarli dalla faccia della terra. Ne siamo certi? Per quanto sia innegabile che a causare i genocidi sia sempre l’odio cieco dell’uomo verso un altro uomo, vanno giustamente considerate le motivazioni più profonde, le leve che si attivano in silenzio, senza clamore, e determinano sistematiche campagne di annientamento. Diamo pure il giusto risalto alle cause politiche e culturali, che i fautori del genocidio amano sventolare nel tentativo patetico di legittimare le proprie nefandezze, ma non sottovalutiamo quella che a mio modesto parere è forse la causa più profonda, inconfessata. Quale? L’avidità. Se consideriamo attentamente tutti i grandi genocidi avvenuti nel corso della Storia, riscontriamo un comune denominatore. Gli “aggressori” provocano il massacro degli “aggrediti” per motivi di natura socio-economica. È la sete di conquista, il desiderio della ricchezza e della maggiore prosperità che induce i “forti” a trucidare i “deboli”. Hitler non ha votato la “soluzione finale” perché i Giudei erano un pericolo ma perché erano ricchi. Nello stesso modo, gli spagnoli hanno massacrato i popoli precolombiani per impadronirsi del loro oro, i coloni americani hanno decimato i pellerossa per rubargli le grandi praterie, la Chiesa sterminò i Templari perché avevano tesori immensi e i Turchi hanno ucciso e deportato gli armeni non perché sono cristiani ma perché erano benestanti. È chiaro che l’odio religioso e culturale (pensiamo all’attuale, sistematico massacro dei cristiani in certi paesi musulmani) è la molla più efficace per crearsi un alibi, ma penso che la vera ragione dei genocidi sia sempre economica. Si odia chi sta meglio di noi, e se costui la pensa diversamente da noi o professa un credo che non condividiamo, tanto meglio. Cancellarlo dalla faccia della terra (e impadronirmi dei suoi beni) diventa un dovere. Di più, un diritto. La pensavano così i “Giovani turchi” fautori delle “marce della morte”. Ed è scandaloso che Erdogan e il suo governo, ansiosi di entrare in Europa, non facciano il mea culpa e chiedano perdono. Ma forse, è normale che non accada. Nel mondo, ci sono troppe teste di cazzo che negano la Shoah o la giustificano, che rimpiangono l’era di Stalin e il comunismo, che esaltano il criminale Mao Tze-Tung e ritengono che l’Islam debba essere imposto con la forza al mondo intero. Il che fa pensare che anche nel XXI secolo assisteremo a stermini di massa attuati, magari, per santificare il dio denaro.Ammettiamolo. Compiere genocidi in nome della fede, della razza e della Ragion di Stato è un’ipocrisia che mascheraun insopprimibile bisogno umano, dettato dall’avidità, dall’invidia e dalla paura.
In queste ore si celebra il ricordo del massacro degli Armeni, perpetrato cento anni fa dalle truppe dell’impero ottomano. Nel commemorarlo, il Papa ha definito questa pagina nera della Storia il “primo genocidio del XX secolo”, suscitando l’ira di Ankara. Purtroppo, i Turchi hanno come rimosso l’eccidio di massa di cui furono protagonisti e s’innervosiscono ogni volta che se ne parla. Aldilà del loro tentativo di negare o ridimensionare ciò che avvenne un secolo fa, la Storia non li perdona né mente. Il genocidio – che gli Armeni chiamano Medz Yeghern, cioè il “grande crimine” – fu un fatto innegabile e ingiustificabile. Cosa accadde, esattamente? In breve, il 24 aprile 2015 ebbe inizio nell’Impero Ottomano una persecuzione contro oltre 2 milioni di Armeni che in esso vivevano pacificamente. Tale persecuzione fu atroce, disumana e provocò un altissimo numero di morti a causa delle esecuzioni di massa e delle deportazioni. Gli Armeni furono decimati e i loro storici affermano che il massacro provocò la morte del 70% della comunità. I turchi minimizzano e parlano di 200.000 vittime ma secondo il grande storico inglese Toynbee, le vittime delle atrocità turche furono 1,2 milioni. Di fatto, ha ragione il Papa; ciò che accadde in Anatolia nel biennio 1915-16 può essere definito il primo genocidio del XX secolo. A chi volesse saperne di più consiglio di leggere La masseria delle allodole, il commovente romanzo di Antonia Arslan. Al genocidio degli Armeni seguirono massacri ancora più dolorosi. La Shoah, più noto come Olocausto, causò la morte nei ghetti e nei campi di concentramento di 5/6 milioni di Ebrei. La follia di Hitler non si limitò allo sterminio dei figli di David; gli vanno ascritti almeno altri 8 milioni di morti, fra cui i cosiddetti “indesiderabili” (omosessuali, zingari, testimoni di Geova, emigranti, prigionieri di guerra, ecc). Il genocidio sistematico fu anche una delle specialità di Stalin, le cui “grandi purghe” e l’istituzione dei gulag in Siberia furono poca cosa in confronto all’Holodomor, il genocidio ucraino. Dal 1929 al 1933, infatti, una carestia di origine dolosa causò lo sterminio di 7 milioni di ucraini. Oggi, quel crimine contro l’umanità è stato riconosciuto e costituisce una vergogna duratura per la defunta Unione Sovietica. Ancora più abnorme è il genocidio firmato da Mao Tese-Tung. In Cina, fra il 1949 e il 1976, furono sterminati diverse decine di milioni di dissidenti e contadini. Nel XX secolo ci sono stati altri genocidi, come quello in Cambogia (1975-79/ 1,8 milioni di morti), in Ruanda (1994/ 1 milione di morti) e in Bosnia (1992-95/120.000 morti), giusto per citare i maggiori. Se gettiamo lo sguardo sul passato, non possiamo che inorridire. Il genocidio (parola derivante dal greco antico ghenos, cioè razza, e dal latino caedo, cioè uccidere) è il lato più oscuro e malefico del genere umano. È l’ombra dentro di noi che periodicamente emerge e ha il sopravvento sulla ragione, sulla compassione, sulla vita. Difficile dire quanto fu compiuto il primo genocidio storico, ma quando rileggo la Bibbia non posso fare a meno di pensare che per impadronirsi della Terra promessa, gli Ebrei massacrano le popolazioni che ci vivevano. Le sterminarono in nome del Dio degli eserciti che, secondo loro, aveva assegnato al popolo eletto la “terra dove scorre il latte e il miele”. Ecco la prima, orribile giustificazione che l’uomo ha trovato per accreditare il genocidio; è Dio che lo vuole. E non fu forse questo il grido di battaglia dei crociati? Il Deus vult dei soldati di Cristo giustificò i massacri compiuti in Oriente. Ma anche quelli che la Chiesa cattolica perpetrò contro i catari e i templari, gli eretici e gli indigeni che si opponevano alla conversione. Il genocidio è stato il fetido fiore all’occhiello del colonialismo. Impossibile dire quanti eccidi e genocidi di massa abbia provocato la colonizzazione ma è certo che ovunque sbarcassero gli uomini evoluti e bene armati, i nativi venivano massacrati fino a provocarne, in molti casi, l’estinzione. Pensiamo di quanta crudeltà siano stati vittime gli Indiani d’America, i Maori, gli abitanti di Giava, del Mozambico, dell’Africa Orientale, del Congo belga e della Patagonia. A questo punto, poiché risulta evidente che il genere umano non può fare a meno di compiere genocidi di massa, mi chiedo ingenuamente “Perché?”. La risposta più ovvia non mi convince; si ritiene, infatti, che sia l’odio razziale ad alimentare il bisogno di annientare coloro che riteniamo diversi per motivi etnici. Hitler odiava gli Ebrei e perciò voleva cancellarli dalla faccia della terra. Ne siamo certi? Per quanto sia innegabile che a causare i genocidi sia sempre l’odio cieco dell’uomo verso un altro uomo, vanno giustamente considerate le motivazioni più profonde, le leve che si attivano in silenzio, senza clamore, e determinano sistematiche campagne di annientamento. Diamo pure il giusto risalto alle cause politiche e culturali, che i fautori del genocidio amano sventolare nel tentativo patetico di legittimare le proprie nefandezze, ma non sottovalutiamo quella che a mio modesto parere è forse la causa più profonda, inconfessata. Quale? L’avidità. Se consideriamo attentamente tutti i grandi genocidi avvenuti nel corso della Storia, riscontriamo un comune denominatore. Gli “aggressori” provocano il massacro degli “aggrediti” per motivi di natura socio-economica. È la sete di conquista, il desiderio della ricchezza e della maggiore prosperità che induce i “forti” a trucidare i “deboli”. Hitler non ha votato la “soluzione finale” perché i Giudei erano un pericolo ma perché erano ricchi. Nello stesso modo, gli spagnoli hanno massacrato i popoli precolombiani per impadronirsi del loro oro, i coloni americani hanno decimato i pellerossa per rubargli le grandi praterie, la Chiesa sterminò i Templari perché avevano tesori immensi e i Turchi hanno ucciso e deportato gli armeni non perché sono cristiani ma perché erano benestanti. È chiaro che l’odio religioso e culturale (pensiamo all’attuale, sistematico massacro dei cristiani in certi paesi musulmani) è la molla più efficace per crearsi un alibi, ma penso che la vera ragione dei genocidi sia sempre economica. Si odia chi sta meglio di noi, e se costui la pensa diversamente da noi o professa un credo che non condividiamo, tanto meglio. Cancellarlo dalla faccia della terra (e impadronirmi dei suoi beni) diventa un dovere. Di più, un diritto. La pensavano così i “Giovani turchi” fautori delle “marce della morte”. Ed è scandaloso che Erdogan e il suo governo, ansiosi di entrare in Europa, non facciano il mea culpa e chiedano perdono. Ma forse, è normale che non accada. Nel mondo, ci sono troppe teste di cazzo che negano la Shoah o la giustificano, che rimpiangono l’era di Stalin e il comunismo, che esaltano il criminale Mao Tze-Tung e ritengono che l’Islam debba essere imposto con la forza al mondo intero. Il che fa pensare che anche nel XXI secolo assisteremo a stermini di massa attuati, magari, per santificare il dio denaro.Ammettiamolo. Compiere genocidi in nome della fede, della razza e della Ragion di Stato è un’ipocrisia che mascheraun insopprimibile bisogno umano, dettato dall’avidità, dall’invidia e dalla paura.
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