Dott. Alberto G. Areddu da anni si interessa alla disciplina denominata “linguistica sarda” per la quale ha pubblicato Studi Etimologici Logudoresi. Postille e aggiunte al DES (1996), Launeddas e altri studi greco-italici (2004). Ha pubblicato sulla Romance Philology di Berkeley, ed è stato recensito da H.J. Wolf sulla Zeitschrift für Romanische Philologie (2002). Nel suo ultimo saggio "Le Origini Albanesi della Civiltà in Sardegna" l’autore prosegue una sua ricerca fino alle fonti originarie del sardo, giungendo così ad indicare la prospettiva paleoillirica come la più convincente, basandosi sui numerosi elementi della toponomastica e sui diversi lessemi, finora rimasti inspiegati.
Brunilda Ternova: Prima di tutto Dott. Areddu la ringrazio per averci dato l’opportunità di intervistarLa, creando così la possibilità al lettore albanese (in Albania e in diaspora) di conoscere Lei e la sua opera scientifica.
Prof. Alberto G. Areddu: Sono io che ringrazio Voi per l’opportunità che mi date di parlare del mio lavoro.
Brunilda Ternova: L’opera difficilmente si distingue dal suo creatore, perciò mi permetta di chiederLe qualcosa su di Lei. Chi è Dott. Alberto Areddu, dove è nato e dove è cresciuto?
Prof. Alberto G. Areddu: Sono nato a Genova da genitori sardi, mi son laureato nella città ligure, dopodiché mi son trasferito per l’insegnamento in Sardegna, attualmente sono di ruolo nella scuola pubblica e insegno in un liceo.
Brunilda Ternova: Il suo libro “L’origine albanese della civiltà in Sardegna” è un libro pubblicato nel 2007 e tratta argomenti interessantissimi nel ambito linguistico, etnografico e storico. Ci può spiegare cosa significa questo libro per Lei, cosa l’ha spinto a intraprendere un studio di questo genere e come questi studi sono nati e si sono sviluppati durante il tempo?
Prof. Alberto G. Areddu: Mah, l’interesse che mi ha preso da sempre era quello di trovare delle spiegazioni riguardo quali fossero le origini dei sardi, i quali essendo isolani da una o più parti devono essere necessariamente provenuti, e finora si erano formulate diverse ipotesi che finivano per autoeliminarsi l’una con l’altra. Da tempo io attraverso la ricerca etimologica sul campo, mi interessavo a ciò: la difficoltà era nel potersi procurare il materiale sufficiente per corroborare in maniera decente dal punto di vista scientifico quelle che però erano in origine semplici intuizioni.
Brunilda Ternova: Quali sono i punti forti che secondo Lei argomentano la Sua teoria sulle origini illiriche della civiltà in Sardegna? E come mai altri studiosi hanno timore, per non dire paura, di trattare questi punti d’incontro storici nell’antichità tra il popolo sardo e quello illirico?
Prof. Alberto G. Areddu: Questa è una domanda rilevante. Bisogna sapere che l’argomento antiquaristico e in particolare quello toponomastico-ricostruttivo in Sardegna è appaltato, possiamo usare questa parola senza alcun timore, a pochi studiosi, i quali non hanno alcun interesse che un non accademico possa dire delle cose che risultino contrarie alle loro precedenti ipotesi o elaborazioni. Così è successo che l’unica recensione (in gran parte positiva), finora uscita, è di un non-sardo, il noto balcanologo Emanuele Banfi, dell’università di Milano. Cè poi una ragione di popolo che fa sì che il mio saggio interessi pochi: da diversi anni c’è una corrente editoriale sarda, che ha interesse a mostrare (più che dimostrare) che i Paleosardi erano degli antichissimi Semiti creatori in qualche caso di una straordinaria civiltà, nata quasi abiogeneticamente…Le aggiungo poi che anche illustri baroni universitari sono trascinati da queste ipotesi e scrivono libri easy reading per questo pubblico indotto; è così che molti in Sardegna pensano che i sardi discendano dai fantomatici lidi (di cui sappiamo praticamente zero), e i Sardi quindi non siano null’altro che l’anello di congiunzione cogli Etruschi. Come è facile immaginare non c’è più un babilonese o un lidio vivo per replicare alle eventuali inesattezze di questi studiosi, ma tant’è. E’ palese anche qui che l’idea è vendere delle fialette di speranza a gente che si pensa ne abbia bisogno, a tutto discapito della ricerca scientifica. I Sardi quindi, senza accusarli troppo di leggerezza, amano cavalcare (ed essere cavalcati) da ipotesi Forti, che riescano a sublimare un certo loro antico senso di inferiorità (dovuto al fatto di non essere né sentirsi italiani), e l’ipotesi illirico-albanese non attrae per essere figlia di un popolo minoritario. Leggendo tuttavia ultimamente qualche articolo di qualche rivista sarda si viene ad accennare-senza ovviamente citarmi- a qualche relazione del mondo paleosardo col mondo trace, visto però questo come in relazione con la fantomatica area lidia. Gli elementi forti che corroborano invece la mia tesi sono: la localizzazione di alcuni lessemi nelle aree più conservative della Sardegna, che non sono spiegabili con la latinità e invece possono essere spiegati con l’albanese, il rumeno, certi elementi arcaici del balto-slavo, o con quel poco (ma non proprio nulla) che conosciamo di trace e illirico, spesso preservatoci in glosse e parole greche. Ci sono dati offerti dalle fonti storiografiche greche che tendono a qualificare l’arrivo di elementi illirici in Sardegna, non di una invasione di popoli, uniti a genti beotiche (che parlavano l’eolico) a segnare un momento importante nella civilizzazione, esercitata quindi da gente culturalmente superiore rispetto a quella degli isolani, specie nell’ambito agricolo e nelle tipologie di coltivazione.
Brunilda Ternova: Questo libro è la sua terza pubblicazione auto-finanziata. Le sembra naturale e “giusto” che questo genere di lavoro scientifico incontri così tante difficoltà ad essere pubblicato e perciò divulgato dagli enti preposti a questo, ovvero gli editori?
Prof. Alberto G. Areddu: Vi dirò che questa purtroppo è una prassi più diffusa di quel che si creda. Oggi o hai dietro un grosso editore che però pensa a opere che superino almeno le tremila copie di base, o altrimenti devi ricorrere all’editoria on demand più o meno travestita da editoria ufficiale, per cui uno lavora a un’ipotesi che potrebbe esser anche del tutto sbagliata, investendoci tempo e capitali, a suo rischio e pericolo. Quel che non si può accettare è che ti impediscano la pubblicazione proprio coloro che hanno i tuoi stessi interessi, ciò è odioso e disumanizzante; ma non ha neanche senso lamentarsi troppo a posteriori perché persista questo atteggiamento di silenzio, perché gli accademici autoreferenziali e corporativi sono, se poi ti sei permesso pure di criticarli all’interno del saggio per te è proprio finita.
Brunilda Ternova: Le sue teorie sono molto rivoluzionarie, ha avuto un po’ di timore che le sue idee venissero criticate dai circoli accademici e scientifici?
Prof. Alberto G. Areddu: Meno rivoluzionarie di quel che si creda. L’idea di un elemento paleobalcanico all’interno del sardo infatti non è nuovissima: il massimo studioso del sardo, il tedesco Max Leopold Wagner l’aveva affacciata in un saggio del 1933 sulla rivista Revue de Linguistique Romane (che il curioso può scaricare dal sito di Gallica), poi ricadde purtroppo nella idea della scuola italiana cosidetta “mediterraneista” che vedeva un’enorme presenza di elementi pre-indoeuropei nell’areale mediterraneo, e pochissimi elementi indoeuropei. Comunque vi ripeto, magari le mie osservazioni venissero criticate: perché significherebbe che “esistono”, come Vi dicevo in due anni, nell’isola di Sardegna, non è uscita alcuna recensione su giornali locali, televisioni, riviste accademiche o paraccademiche, per farmi vedere mi son fatto un sito web e scrivo su qualche blog. I giornalisti (si tenga presente che il 90 % di essi non conosce né il greco né il latino, figuriamoci l’albanese) ascoltano col paraorecchi quel che gli dicono i loro referenti universitari, che spesso hanno più di un piede nelle case editrici, nelle case di distribuzione e nei due, non eccelsi, quotidiani che si pubblicano. Cì sarebbe altro da aggiungere?
Brunilda Ternova : Che cosa rappresenta per Lei la Sardegna e che cosa significa essere sardo oggi sotto la luce di questo legame Sardo-Illirico (Albanese)?
Prof. Alberto G. Areddu: Significa cercare di tracciare una lontana rotta che ha portato elementi di civilizzazione nell’età del bronzo a popolazioni che erano rimaste a fasi arretrate del Neolitico. E probabile che in area nuorese, ma le indagini genetiche sono ancora all’inizio, si possano trovare, un giorno dei nuclei di parentela genetica con le odierne popolazioni balcaniche: è per questo che ho intitolato un mio capitolo, parafrasando Virgilio: Della ricerca dell’antico padre.
Brunilda Ternova: La presenza della diaspora Albanese in Italia è tra le più numerose e tra le più constanti che si conosca nella storia, cominciando dalla antichità fin ad oggi. Pensa che questo legame così antico e la presenza odierna degli albanesi sul territorio, possano aiutarci a creare un clima di reciproca fratellanza tra i nostri popoli e di futuri scambi tra i nostri studiosi e scienziati?
Prof. Alberto G. Areddu: Sarebbe auspicabile tutto ciò. Purtroppo cadiamo in un momento in cui sia in Italia che in Sardegna si è avuta una certa reazione verso l’immigrato tout court, a prescindere dalla qualità degli individui, e tutto ciò per ragioni di ordine pubblico e della attuale crisi economica. Ragionando in termini antichi, una diaspora illirica potrebbe essere intravista in quei “Popoli del mare” tra cui si annoverano i Shardana, che secondo l’interpretazione di studiosi come lo Schachermeyr e il Bonfante, si pensa fossero proprio genti di matrice illirica, che spinte dalla necessità si erano rovesciate verso il delta del Nilo, per poi dirigersi verso la Palestina: molti dati parrebbero assicurare questa provenienza: la città di Sarda (l’odierna Shudah), e la tribù dei Sardeates o degli Ardiei, la città di Pelastae, da cui l’etnonimo di Pelaestini o Pelasgi e altre cose ancora.
Brunilda Ternova: Pensa che ci possano essere altre iniziative - non solo dei saggi scritti, ma anche iniziative accademiche - per mettere più luce su questi argomenti e svelare il mistero del passato dei nostri popoli?
Prof. Alberto G. Areddu: Indubbiamente. Bisognerebbe che studiosi albanesi si occupassero della “Cosa sarda” per vedere se individuano loro, nuclei di comune civilizzazione e altrettanto sarebbe sperabile che se non degli accademici, dei curiosi, degli sperimentatori ragionevoli, delle persone prive di pregiudizi e dotate di lume di cervello viceversa si occupassero della “Cosa albanese” tra di noi, magari studiando approfonditamente i loro dialetti, tradizioni e toponomastica. Purtroppo scontiamo un peso negativo: che siamo popoli numericamente piccoli e non so quanti in Albania e Sardegna sarebbero disposti ad approfondire queste sottili relazioni
Brunilda Ternova: Quale sarebbe il suo messaggio per il lettore albanese, e quale sarà l’argomento della sua prossima opera ?
Prof. Alberto G. Areddu: Un mio desiderio culturale sarebbe che si sviluppasse un filone anche aldifuori dell’Albania di rivalutazione delle antichità illiriche, come è successo per altre antiche popolazioni indoeuropee quasi dimenticate (pensiamo alla fortuna delle saghe celtiche). Il mio desiderio scientifico è sperare di lavorare a un prossimo saggio in cui possano approfondire alcuni aspetti di ricostruzione storica e culturale lasciati in sordina nelle “Origini albanesi della civiltà in Sardegna”, cioè non solo parole, ma oggetti, tradizioni, correlazioni, simboli. E ora, se permettete, vorrei congedarmi da voi usando il tipico vostro verbo dei saluti: falem, che secondo il grande Eqrem Çabej deriva dal latino CHALARE, preservato anche in sardo e in corso, solo che nelle due isole si usa col solo valore originario di “scendere”: falare. Pertanto a voi tutti: faleminderit.
Brunilda Ternova: Grazie a Lei Dott. Areddu per averci lasciato questa piacevole intervista!
Per ulteriori informazioni si può consultare il blog personale del autore: http://web.tiscali.it/sardoillirica/sardoillirica/
http://web.tiscali.it/sardoillirica/sardoillirica/ARCHIVIO ILLIRICO.htm
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