Eccola,
Cristina Fernandez de Kirchner, la Presidenta eretica, mentre sta per pronunciare le parole che, alle orecchie dei devoti della deità monetaria globalizzata, sono parse sonore bestemmie: nazionalizzazione, interesse nazionale e sovranità nazionale.
Attraverso la “legge sul recupero della sovranità nazionale sugli idrocarburi” proposta dal governo all’approvazione del Parlamento, lo stato argentino riacquisirà il 51% della Società YPF (attualmente di proprietà della spagnola Repsol). Di questo 51%, il 51% sarà controllato dallo stato centrale e il 49% dai governi delle provincie petrolifere argentine. Il 49% del patrimonio azionario di YPF rimarrà ai privati, nazionali o stranieri.
I motivi della
nazionalizzazione del 51% di YPF decisa ora dal governo argentino – anche se Fernandez ha tenuto a ribadire che non si tratta di una decisione governativa ma statale, cercate di capire la sottile differenza, – sono molto semplici.
Da quando ha acquisito il controllo su YPF, Repsol ha fatto molto per aumentare i propri profitti, dirottarli altrove e diminuire gli investimenti nel paese ospite. Tanto che l’Argentina, paese produttore, l’anno scorso ha dovuto importare petrolio per il consumo interno come mai prima nella sua storia.
La YPF s.a., la compagnia petrolifera nazionale, l’ENI argentina, per intenderci,
fu privatizzata e (s)venduta alla Repsol spagnola dal presidente Menem negli anni novanta. Quelli del
saccheggio, della riedizione moderna e potenziata dei pirati autolegalizzatisi e delle
multinazionali psicopatiche che andavano in Sudamerica a far bottino senza ottenere particolare resistenza da parte della classe politica locale. Anzi, il profumo dei soldi, elargiti a man bassa da chi poteva ad una Casta bulimica, rendeva tutti molto accomodanti e ben poco patriottici.
Furono gli anni della privatizzazione della telefonia argentina “per aprire alla concorrenza” (vero
Telecom?) e che finì in un odioso cartello tra compagnie telefoniche straniere che praticavano le tariffe più alte del mondo e costringevano gli argentini a dover fare a meno del telefono.
Gli anni in cui l’Argentina era tanto simpatica perché i suoi bond ci avrebbero fatto guadagnare tanto in poco tempo, dicevano i cialtroni in giacca e cravatta, i volonterosi carnefici dell’ultraviolenza finanziaria, proponendoli ai pensionati con qualche milioncino di risparmi,
senza informarli dell’altissima rischiosità di un investimento su un paese sull’orlo del default. Rischiosità della quale erano invece perfettamente informati i vampiri dell’alta finanza che scommettevano, allora come oggi, sul prossimo paese che sarebbe andato in default. L’Argentina il default lo visse nel 2001.
Cristina ci ha solo ricordato che le multinazionali e la finanza mondiale si comportano come i virus, che una volta infettato l’ospite lo spolpano fino ad ucciderlo e che la privatizzazione
di tutto non è proprio questa gran figata. Visto che esiste una cosa polverosa ed antica chiamata “sovranità nazionale” (lo so, per noi italiani è un concetto quasi incomprensibile, visto che conosciamo solo la versione limitata della sovranità), la Presidenta ha reclamato il diritto del proprio paese di poter disporre dei propri giacimenti e della ricchezza che da loro può provenire. A maggior ragione in tempi di pick oil e di guerre create ad arte per andarsi a prendere in giro per il mondo gli ultimi giacimenti disponibili.
Solo che, fin che lo fanno gli USA e i suoi maggiordomi tipo l’Italia che spende milioni di dollari nel militare per fare la comparsa raccoglibriciole in Afghanistan, va bene; quando tenta di farlo un paese sovrano che pensa al proprio interesse nazionale ed al proprio popolo (una parola che quasi nessun governante pronuncia più) e non giustifica le vessazioni sul proprio popolo, appunto, con il “ce lo chiede
l’Europa“, per esempio, si grida all’insubordinazione.
La sovranità nazionale, l’essere padroni delle proprie ricchezze. Concetti demodé e pericolosi perchè mettono a nudo le magagne del sistema globalizzato, quindi eretici. Gli eretici che pronunciano l’eresia vanno bruciati sul rogo.
Si è fatto molto colore ironico, sui giornali, sul fantasma di
Evita che pareva ispirare Cristina da tutti i poster alle pareti ma io penso che il principio enunciato da Fernandez non sarebbe dispiaciuto affatto ad un altro illustre fantasma: quello del visionario
Enrico Mattei.
A proposito di italiani. C’è già chi ora trema per i dividendi del CEO di
ENEL e
Mr. Jeeves Monti, il maggiordomo inglese a capo dell’Italia, ha perfino scritto a Cristina, tutto preoccupato per le conseguenze della nazionalizzazione petrolifera ai danni di ENI, con la Merkel dietro che suggeriva, pungolandolo: “Dì che glielo chiede l’Europa”.
Prima di ingenerare confusioni, visto che l’impresentabile politica italiana già grida contro l’intollerabile arbitrio della Presidenta per farsi bella con i banchieri, ricordiamo che l’Argentina, per esempio, dal 2010 ha
una legge che equipara le unioni omosessuali a quelle eterosessuali e dal 2009 una legge che limita fortemente la concentrazione privata sui mezzi di comunicazione. Praticamente una legge contro il conflitto di interessi. Sicuramente il peronismo ha ottenuto di più e può considerarsi più efficace politicamente e perfino più di sinistra del
Partito Democratico.
L’arma convenzionale del sistema per combattere l’eresia dei paesi emergenti come i BRICS, l’Argentina e quelli che si ribellano alla dittatura del FMI, è la denigrazione dei loro successi.
Mi piacciono soprattutto coloro che dicono che i dati della resurrezione argentina sono fasulli. Dovrebbero, per correttezza, chiedere anche a
Obama, al FMI e a tutti i geni della lampada mondiali; dai capi di stato ai
ministri dell’economia fino all’ultimo banchiere, compresi quelli che sono stati nominati salvatori della patria dall’oggi al domani perché rischiavano di far fallire le proprie banche, gli imprenditori della provvidenza scesi in politica per non fallire, e gli altri incapaci messi a giocare con le vite degli altri mentre ne arraffavano i patrimoni, se anche i loro conti possono essere definiti in ordine.
La
dichiarazione infedele e il falso in bilancio sono il vero motore del nostro tempo e l’unico modo per mascherare il fallimento completo strutturale e profondo del sistema stesso, ostaggio del gioco truccato della Finanza. Chi è senza peccato, direbbe il Nazareno ritornato sulla Terra, scagli il primo libro contabile.
Del resto, dopo l’11 settembre, possono davvero farci credere qualunque cosa. Che siamo in crisi, che oggi
la crisi è finita, che no, occorre ancora un poco di sangue vostro e dei vostri figli, che stiamo uscendo dalla crisi; no aspetta, ancora qualche tassa qua e là e abbiamo finito o finiremo come la Grecia, no noi non siamo la Grecia, dobbiamo tassarvi se no finiamo come la Grecia, la crisi è finita, no è ricominciata, anzi la crisi è finita, andate in pace.
Que se vayan todos, ma veramente.