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L’Intruso

Creato il 13 giugno 2013 da Elgraeco @HellGraeco
Mentre dormiamo le stanze si riempiono di creature...

Mentre dormiamo le stanze si riempiono di creature…

Comune a tutte le culture del pianeta, ciascuna attribuendole caratteristiche proprie derivanti dal folklore locale, è la figura dell’intruso.
Intruso è il termine generico col quale, coloro che sono affetti da questo disturbo del sonno, definiscono quella presenza percepita accanto al letto, al loro risveglio, mentre sono incapaci di muoversi.

Statistiche alla mano, sembra che questo fenomeno particolare, alla scienza noto col nome di paralisi del sonno, affligga circa il 6,2% della popolazione mondiale. Può occorrere una sola volta nella vita, durare un paio di minuti e mai più tornare, oppure essere ricorrente, e persistere anche per svariate ore. Nel secondo caso assume forma patologica e sono necessarie terapie e trattamenti particolari per ovviare al disagio che provoca.

La scienza medica ha formulato varie ipotesi circa le cause della paralisi del sonno: la più accreditata riferisce di un disturbo della fase di sonno REM, che comporterebbe un risveglio difettoso.
In parole povere, perché sono più interessato alla parte misterica legata alle tradizioni popolari che a quella scientifica, non essendo questa la sede appropriata per discutere di patologie, il cervello si sveglierebbe prima del corpo. Quest’ultimo persisterebbe in una fase di atonia muscolare quasi totale, durante la quale, pur essendo coscienti, è impossibile effettuare qualunque movimento, il che comprende persino urlare, e nei casi più gravi, anche respirare.
Alla paralisi, spesso, ma non sempre, si associano le allucinazioni, e quindi la percezione dell’intruso, che induce anche uno stato ansioso, che sfocia in panico, poiché collegato alla impossibilità fisica, dovuta alla paralisi, di accennare qualunque reazione.

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C’è un quadro famoso che rappresenta la paralisi del sonno, dagli antichi associata all’Incubo, uno spirito malvagio che tormenta i mortali durante il sonno, sedendo sul petto, generando quindi senso di oppressione e difficoltà a respirare. Eccolo.

Una delle versioni de l'Incubo di Johann Heinrich Füssli

Una delle versioni de l’Incubo di Johann Heinrich Füssli

Com’è ovvio, è proprio questa la parte che ci interessa, la più affascinante, per una serie di fattori.
Non ultimo il risultato di un esperimento moderno, al quale già accennai in un precedente articolo, consistente nella stimolazione elettrica di determinate aree del cervello di pazienti in stato di veglia. All’articolo vi rimando QUI.

La conseguenza, nei pazienti, era la percezione di una presenza improvvisa accanto a loro, nella stanza, il dannato intruso.

La particolarità è che, a parità di sintomi e di cause scatenanti, siano esse naturali, ovvero il disturbo della fase REM accidentale o cronico che sia, o artificiali, la stimolazione volontaria del cervello, il risultato è simile nella sostanza:

tutti coloro che sperimentano la paralisi del sonno avvertono l’intruso come presenza reale, fisica, che alcune volte interagisce coi malcapitati, opprimendoli col proprio peso.
E, essendo creatura estranea, associano alla stessa una natura maligna. O in ogni caso ostile. Dalla cui percezione si scatena il panico.

Ma differente nella forma: che varia a seconda, si può dire, della latitudine, o più comprensibilmente, della cultura del soggetto.
Sicché l’intruso viene contaminato dal folklore locale, assumendo inconsciamente le caratteristiche orrorifiche proprie della tradizione popolare.

Si parte da leggende antichissime, fino a giungere a un cultura storicamente più moderna, come quella americana.

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In Scandinavia viene chiamata mare, è una donna, malvagia o maledetta, o entrambe le cose, il cui corpo in stato di incoscienza visita le case altrui e siede sopra il petto dei dormienti, impedendo loro di respirare.

Georgia e South Carolina hanno la propria versione, mutuata da vecchie leggende inglesi: l’intruso è definito hag, ha l’aspetto di una donna anziana, evidentemente malvagia o aggressiva. To be hag-ridden è l’espressione gergale che indica l’aver avuto un incontro notturno con questa creatura.
Anche la hag opprime il petto dei dormienti.

Nelle Isole Fiji il fenomeno è definito kana tevoro, letteralmente “essere mangiati da un demone”. Demone che spesso acquisisce le fattezze di un proprio congiunto passato a miglior vita tornato dai parenti per sistemare qualche torto lasciato in sospeso.

In Turchia la paralisi è definita karabasan e assume precise connotazioni demoniache. Si crede infatti che la paralisi e il conseguente pavor nocturnus siano strettamente legate all’operato di un djinn, un demone, che si reca nelle stanze delle vittime per torturarle, impedendo loro ogni movimento e addirittura strozzandole.

Nel folklore delle regioni orientali della Cina si crede che il respiro umano rafforzi i topi. Per cui si attribuisce il fenomeno a un topo che, nottetempo, tenta di rubare il respiro dell’uomo, assicurandosi longevità e addirittura l’abilità di mutare forma, imitando quella umana (ovvi i richiami ai doppelganger).

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In Giappone, l’intruso ha l’aspetto di una donna, giovane o vecchia, avvolta in un sudario bianco, che porta una lanterna. I capelli sono neri e lunghissimi, e tendono a nascondere il viso, che spesso è mostruoso.

In Europa ci si riferisce spesso a una versione domestica del vecchio concetto di incubo, che per parte sua possedeva già una natura demoniaca. A seconda della regione in cui ci si trova, l’intruso assume la forma di una creatura dalle fattezze bestiali, di piccole dimensioni, la cui natura dispettosa lo porta a disturbare, gravando col proprio peso, il sonno dei malcapitati. Spesso addirittura possiede una natura stanziale, per cui tende a risiedere in determinate abitazioni.
Dalle mie parti si pensa siano addirittura spiriti inferiori, nel senso di evoluti a uno stadio di intelligenza animale, capaci quindi di compiere soltanto azioni istintive, come per l’appunto i dispetti, che in questo caso non hanno come causa scatenante la persona che li subisce, ma solo l’incoercibile natura della creatura che li compie.

E infine, negli States, nelle regioni centrali e desertiche, la questione assume forma e connotati dell’abduction, rapimento da parte di entità extraterrestri. Nella fattispecie, sono comunissimi (ricordate che parliamo sempre del 6.2% dell’intera popolazione mondiale) gli avvistamenti dei cosiddetti “grigi”. Gli alieni glabri, di bassa statura, con gli occhi e la testa enormi.

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L’aspetto che mi affascina maggiormente, di questo e dei fenomeni ad esso tangenti, come il già citato articolo su doppelganger e quello sulla vasca di deprivazione sensoriale, è che, in tutti questi casi si tratta di una percezione (non si ancora se errata, o semplicemente non comune) diversa, o alterata, della realtà che ci circonda. Ed è inevitabile riflettere sulla limitatezza dei nostri organi di senso, e su ciò che, essendo liberi da queste limitazioni, saremmo in grado di percepire.
Fascino ancora più particolare se si collega questo fenomeno alla nostra capacità, evidente dal momento che esso varia come varia la cultura, di attribuire al fenomeno la forma che desideriamo, anche se in quest’ultimo caso trattasi di ciò che temiamo. Cosa che rimanda a teorie psicanalitiche, gli archetipi, l’inconscio collettivo, addirittura all’istinto primordiale, quello che, per dirne una, ci porta a temere il fuoco istintivamente (e porta gli animali a fare altrettanto), o il buio, a causa dell’angoscia dell’ignoto, per gli esseri che in esso si celano.
Continuiamo a portarci dietro il retaggio della nostra natura selvaggia; c’è chi pensa addirittura che i ricordi, le esperienze della stirpe umana vengano trasmesse alle generazioni future attraverso i geni, così come i tratti somatici, o le malattie. Nell’antica Grecia i meriti e le colpe si trasmettevano col sangue…
Ciò che siamo, lo siamo fin nel profondo: la risultante di miliardi di vite passate.

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