Bei tempi quelli in cui ci si poteva gloriare d’esser bollati come nichilisti! Era un po’ il patentino da rivoluzionario intransigente, di chi non sarebbe mai sceso a patti con l’ancien regime. Bastava non riconoscere quei valori tradizionali che per consuetudine venivano posti aldilà di ogni possibile dubbio, per appuntarsi al petto la croce al merito del nichilismo. Razionalisti e fideisti, scientisti e creazionisti abbandonavano le loro eterne polemiche e si coalizzavano contro il nemico comune, il Moloch nichilista che minacciava di divorare le loro precarie certezze, spacciate come verità assolute. Poi arrivò Nietzsche e rovesciò il tavolo con tutte le carte da baro sopra. Se la sfiducia nei valori era nichilista, cosa dire di chi speculava su quei valori ormai incapaci di guadagnarsi la fiducia? Per Nietzsche, il seme del nichilismo stava già in ogni metafisica che negava o trascendeva la natura, quando questa mostrava il suo volto non rassicurante, le sue ombre, le sue ambiguità; stava in ogni opposizione all’istinto, alla gioiosa pulsione dionisiaca della vita. Di più: se il nichilismo di ogni fede era in un vicolo cieco, quello della sfiducia poteva alzare lo sguardo ed ergersi sulle rovine delle illusioni per percorrere le strade del futuro, finalmente bonificate dalle paludi della mistificazione.
La profezia di Nietzsche di un avvenire a lui prossimo, in cui il nichilismo avrebbe permeato ogni cosa, si è perfettamente avverata. Lasciando da parte il nichilismo della religione, Cristianesimo innanzitutto, dato che il perduramente coinvolgimento sentimentale di una larga parte della popolazione non permetterebbe una dialettica serena, il novecento ha fatto affiorare gli aspetti nichilisti di ogni fede che si voleva positiva e luminosa. Il valore della patria ha prodotto genocidi, guerre apocalittiche, oppressioni materiali e culturali. Il valore della famiglia ha prodotto ineguaglianza e inefficienza, sacrificando il talento individuale al totem dell’appartenenza. La fede nel progresso ha scavato un solco ogni giorno più profondo tra un’elite sempre più esclusiva e una massa sempre più in sofferenza; il suo primo pilastro, la scienza, annuncia quotidianamente scoperte mirabolanti, ma non è in grado di migliorare le condizioni di vita di una larga parte dell’umanità; l’altro pilastro, l’economia, nega ogni valore a tutto ciò che non produce profitto e trasforma gli uomini in bestie da consumo.
Ciò che al momento non si è ancora avverato della profezia di Nietzsche è l’avvento dell’oltreuomo. Chiariamoci: gli oltreuomini sono già tra noi, solitari, emarginati, incapaci di fronteggiare la banalità del mondo, il suo eterno presente, la sua felicità posticcia fatta di rappresentazione ripetitiva, di vacua ritualità quotidiana. In queste condizioni, gli spiriti liberi non sono in grado di convincere la massa a seguirli nei sentieri che portano al nuovo mondo. Cantano e danzano come possono il loro affrancamento da ogni mistificazione, ma la loro arte raffinata non incontra il gusto dei palati addestrati all’ovvio. La massa, piuttosto che alzare fieramente lo sguardo davanti all’essenza irrazionale delle cose, piuttosto che squarciare rabbiosamente il velo della mefitica mistificazione, piuttosto che denudare gli scheletri dei simboli, preferisce abbandonarsi al consolante e irreversibile nichilismo delle convenzioni, dei conformismi che quest’epoca di decadenza eterna produce in catena di montaggio.