di Rina Brundu. L’Irlanda dirà SI alle nozze gay con percentuali che andranno dal 60 all’80% dei votanti. Lo dicono gli exit-poll, lo dice l’alta affluenza alle urne, ma soprattutto lo faceva suporre il mood che si respirava nei giorni scorsi: non c’era davvero spazio per le ragioni del NO. Secondo alcuni osservatori lo straordinario cambio di prospettiva della cattolicissima Isola Smeralda è stato determinato dalla diversa spinta procurata dalle nuove generazioni social e digitali, mentre il risultato as-a-whole sarà un segnale importante per la comunità internazionale in materia di diritti civili degli omosessuali.
Sono d’accordo con l’idea chi i giovani siano stati il perno che ha operato il cambio, che è la stessa idea che mi fa dire che presto, molto presto, già forse alle prossime elezioni, il M5S sarà il primo partito italiano: si tratta di una mera questione anagrafica e di tempi che cambiano. Ciò che stupisce nel caso del Referendum irlandese è che non c’é stata una reale battaglia, come se il “grip” (la presa) delle forze storicamente resistenti a questo tipo di mutamenti radicali, prima fra tutte la potentissima Chiesa Cattolica, si sia sostanzialmente allentato. Come si fosse addirittura dissolto sotto la marcia inarrestabile della rivoluzione digitale con tutti gli sconvolgimenti epocali che essa porta con sé.
Siamo in presenza insomma di un segnale importante che lascia ben sperare per il futuro e che speriamo possa portare presto alle donne irlandesi, e alle molte rifugiate extracomunitarie che vivono in questa piccola ma meravigliosa nazione, il diritto ad abortire senza essere costrette a dispendiosi viaggi nell’Inghilterra protestante. Paradossalmente è di tutt’altra natura la faccenda che ha maggiormente colpito la “sensibilità” e l’orgoglio nazionale in questi giorni: di fatto, proprio ieri la Repubblica non è riuscita a qualificarsi alla serata finale dell’Eurofestival 2015 che si terrà domani in Austria, e da questa parti una tal debacle è considerata questione molto seria. Di sicuro più seria della barzelletta sulle quote dei migranti raccontata in quel di Bruxelles dal ministro Alfano.
Ma l’Eurovision Song Contest – attualmente in full-swing – è appuntamento atteso in tutta Europa (Italia esclusa), in America (l’anno scorso la finalissima quasi mandò Twitter in tilt) e finanche in Australia. Quest’anno l’Australia sarà addirittura presente con un suo rappresentante ad ulteriore testimonianza di quanto questo festival canterino sia cresciuto in termini di visibilità e di importanza. L’Italia, qualificata in automatico alla finale, sarà rappresentata dal trio di giovani tenori IL VOLO, già vincitori di Sanremo. Onestamente non amo il loro stile pizza-pasta-mandolino ma dopo averli sentiti rispondere alle diverse interviste in un inglese decente e divertito (e certamente migliore del mitico inglese renziano), mi sono sostanzialmente ricreduta. I tre tenorini sono arrivati fino al punto di aizzare la folla: “Do you love, Italy?” hanno gridato. Purtroppo il boato di risposta non è stato dei più convinti ma l’importante è provarci, o no?