Sarti Antonio è sfigato. Si ritrova come amica una certa Rasputin, ladra di auto e fidanzata del dottor Messini, elegantone in stretti rapporti con l’ispettore capo Raimondi Cesare. In poche parole il questurino le prende da tutte le parti. Si ritroverà invischiato in un’indagine che lo condurrà a L’Aquila, tra terroristi islamici, quadri raffiguranti scimmie sorridenti che risultano scomparsi e intrighi troppo grandi per lui, dove il denaro e il potere si mescolano e diventano cattivi.
Ritrovarsi tra le mani un nuovo romanzo con protagonista Sarti Antonio è sempre un piacere: per me è come sentir di nuovo parlare di un amico. Il tono tenuto da Macchiavelli è però molto critico, sia nei confronti della sua Bologna che dell’Italia in generale. Non si sprecano le staffilate, le freddure e le critiche aperte. In questo il romanzo si rivela un noir davvero intenso, perché tratta un tema che (dopo il solito tran tran dei primi mesi) appare come dimenticato: la ricostruzione de L’Aquila post-terremoto. Macchiavelli la descrive come una città scheletro, piena d’impalcature e ponteggi, senza più anima né vita, destinata a morire d’inedia e a divenire un rudere dimenticato.
Il nuovo romanzo di Sarti Antonio non risente né dell’età né del tempo che passa, anche se il questurino non sa adeguarsi all’epoca dei cellulari e dei computer portatili. Le tematiche sono forti anche se, come sempre nei romanzi di Macchiavelli, vengono raccontate con una forte componente di humour che rilassa il lettore e molte volte lo fa sorridere. Unica pecca la lunghezza ma quella, si sa, è una mia fissa personale.
Bentornato, questurino.
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Perché leggerlo: Per l’umana singolarità di Antonio Sarti, sergente
Perché non leggerlo: Per la lunghezza, forse
Cos’ho pensato quando l’ho finito: E’ sempre un piacere ritrovarci, caro Sarti Antonio
Omar Gatti
(recensione già pubblicata sul blog di Noir Italiano)