A Tokyojima i cinesi - ribattezzati hongkong - sono organizzati ed efficienti, imparano presto ad essiccare il cibo e sfruttare al meglio le risorse offerte dall'isola; i giapponesi, al contrario, si lasciano prendere dalla nostalgia di casa e dalla noia, cercando di combatterla con attività frivole e vezzi bizzarri.
Col passare del tempo, man mano che il ricordo della società civile si affievolisce, vengono a galla atteggiamenti in precedenza impensabili, l'istinto e l'individualismo hanno il sopravvento e meccanismi psicologici complessi si innescano e modificano la personalità dei naufraghi in modo sostanziale.
La Kirino sovverte le convenzioni sociali giapponesi, mostra come in una situazione estrema l'uomo tenda a pensare a sé ignorando i bisogni della collettività nonostante l'educazione ricevuta e gli anni trascorsi all'interno di un sistema che privilegia l'insieme rispetto all'unità. Proprio gli elementi marginali o addirittura disprezzati, quelli meno conformi a vivere con gli altri o gli stranieri, con un diverso background di tradizioni e cultura, sono quelli che meglio si adattano alle difficili condizioni dell'isola, riuscendo a collaborare più efficacemente e a trarre dalla natura tutto ciò di cui hanno bisogno.
L'autrice si concentra sulla psicologia di pochi personaggi mentre gli altri rimangono sullo sfondo, riuscendo così a dipingere convincentemente sia le reazioni mentali di diversi soggetti, sia quelle di gruppo e le dinamiche che si creano tra i naufraghi in una continua escalation di tensione e disperazione.
Partendo da un presupposto non esattamente originale - il naufragio a più riprese in stile Lost - si giunge a una critica non proprio velata di alcuni aspetti della società nipponica. Nonostante alcuni aspetti decisamente interessanti, però, il libro fatica a decollare e i personaggi, abbrutiti dall'esperienza (o forse già meschini anche prima del naufragio), difficilmente otterranno la simpatia del lettore. Alcune parti, nelle quali si ripetono le stesse scene già lette e rilette in precedenza, trasmettono sì la sensazione provata dai protagonisti di una vita sempre uguale, come le onde che blandiscono la sabbia, ma finisce a lungo andare per annoiare.
Per questo consiglierei L'isola dei naufraghi a chi fosse particolarmente interessato al tema e ai suoi sviluppi o agli ammiratori della prosa di Natsuo Kirino; per gli altri davvero non si tratta di un romanzo imperdibile.
Voto: ★★★/5