Magazine Cinema
Editore: Feltrinelli
La trama (con parole mie): Jim Hawkins, giovane figlio del gestore di una locanda nei pressi di Bristol, si ritrova affascinato ed intimorito dall'ultimo ospite dell'Ammiraglio Benbow - questo il nome del locale di proprietà della sua famiglia -, il navigatore e pirata Billy Bones.
L'uomo, scontroso e solitario, è in realtà in fuga dai vecchi compagni perchè in possesso della mappa che condurrebbe al tesoro del leggendario Capitano Flint, uno dei predoni dei mari più terrificanti di sempre: quando, dopo alcune settimane, Bones viene raggiunto e minacciato dai suoi, per Jim inizierà un'avventura che lo porterà lontano dalle coste inglesi dopo aver seppellito il padre e lasciata la madre alla ricerca del famigerato tesoro dall'altra parte del mondo, facendo esperienza come mozzo e crescendo come uomo nel momento in cui l'ambiguo Long John Silver, cuoco di bordo della spedizione, si rivelerà essere l'unico che, ai tempi d'oro, teneva testa a Flint, nonchè il più determinato ad impadronirsi del tesoro stesso.
Di recente, grazie al vero e proprio colpo di fulmine che è stato imbattermi nel personaggio di Long John Silver, il mio amore - mai sopito - per le avventure marinaresche ed i charachters legati profondamente alla vita è rifiorito neanche fosse la primavera del secolo, spingendomi a recuperare il Classico responsabile ed ispiratore del già indirettamente citato La vera storia del pirata Long John Silver: L'isola del tesoro.
Evitato a causa delle imposizioni ai tempi delle superiori e mai più recuperato - al contrario di altre pietre miliari del genere come La linea d'ombra o Tifone -, il lavoro di Stevenson è uno dei più grandi romanzi - e non solo d'avventura o di genere - che mi sia capitato di leggere dai tempi del Capolavoro La figlia del capitano, un classico che si presta a letture ed interpretazioni da angolazioni anche diametralmente opposte tra loro, un magistrale esempio di tensione narrativa costante ed uno spirito che è stato modello per innumerevoli romanzi e film di formazione dall'epoca in cui fu pubblicato agli anni ottanta dei Goonies.
Tutto questo, senza neppure considerare Long John Silver.
Il pirata portato sulla pagina da Stevenson, privo di una gamba eppure agile come la più veloce delle scimmie, amichevole e pieno di attenzioni eppure crudele e selvaggio, gioviale e cortese ed in grado, con la sola voce, di mettere a tecere anche gli uomini più temibili che il mare possa offrire, è uno degli esempi più clamorosi di antagonista - o protagonista? - perfetto, delineato alla perfezione e mostrato con uguale passione dai suoi momenti di trionfo a quelli di sconfitta.
In fondo, è così che va, quando di affrontano il mare, e la vita: "a volte sei tu che mangi l'orso, e a volte è l'orso che mangia te", si sarebbe recitato in un film fondamentale per il sottoscritto più di un secolo dopo la stesura dell'incredibile avventura del giovane Jim Hawkins.
Ed è proprio questo che accade, nel corso dell'epopea volta al ritrovamento del tesoro del leggendario Capitano Flint, terrore dei mari in grado di essere messo all'angolo dal solo Silver, suo quartiermastro ed in qualche modo confidente: si assiste ad un continuo ribaltamento di fronti, ad eventi tanto clamorosi ed eccezionali quanto umani e semplici nello svolgimento, alla rappresentazione unica in parole di sapori, odori, sensazioni, ed alla capacità di uno scrittore di trasportare letteralmente i suoi lettori ove desidera, o dove è necessario che siano.
Dalle brume della provincia di Bristol ai paesaggi tropicali dell'Isola del tesoro, passando per le rappresentazioni dell'Hispaniola e del fortino sulla spiaggia dell'isola stessa, il dono più grande della prosa di questo Capolavoro è il potere di trasmettere il brivido dell'avventura, il sapore di una terra che si scopre per la prima volta, dell'ignoto, della sfida: L'isola del tesoro è paragonabile alla prima sbucciatura, o al morso ed alla scoperta del sapore del cocco, o del mango, o del rhum la notte della vostra prima sbronza.
Fortunatamente per Jim Hawkins, a dispetto delle apparenze, al suo fianco e come sua nemesi il ragazzo avrà il privilegio di confrontarsi con Long John Silver, che con le sue luci ed ombre, probabilmente, rappresenta l'esempio migliore di quello che potrebbe essere un Uomo per un giovane pronto ad affacciarsi sull'oceano della vita: perchè nel corso della nostra esistenza, nessuno di noi è esente da colpe o errori, risulta impermeabile ai sentimenti, alle sensazioni e all'istinto, alla voglia di confrontarsi con l'ignoto e, perchè no, anche con il proprio lato oscuro.
Ma a prescindere da quanto di me stesso possa mettere in questa interpretazione di Long John Silver e de L'isola del tesoro, questo romanzo andrebbe recuperato semplicemente per il suo spirito romantico e votato all'esplorazione, alla vita, al desiderio di muovere sempre un passo oltre, anche quando quello stesso passo apparirà avventato e lontano da ogni logica.
Un barbarico YAWP della Letteratura ingenuo e volenteroso come Jim, passionale ed oscuro come John Silver.
Quasi come se il Bambino e l'Uomo si incontrassero davvero, uno di fronte all'altro, per una volta nella vita.
Come un viaggio nel tempo.
Come il viaggio.
Quello che ognuno di noi compie.
A prescindere dal tesoro destinato ad essere ritrovato.
MrFord
"Mondo di uomini,
fatto di uomini
pronti a rincorrere il vento.
Partono deboli,
tornano uomini;
erano mille e son cento.
Mondo di uomini,
fatto di uomini soli.
Dimmi la bianca balena stasera dov'è;
nella tempesta infinita non c'è.
Mondo di uomini
fatto di uomini soli."Enrico Ruggeri - "Bianca balena" -
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